Giorno per giorno – 17 Gennaio 2009

Carissimi,
i quattro non dovevano essere particolarmente politicizzati, però, quel giorno, a Cafarnao, quando Gesù, visto Levi, seduto al banco dell’imposte, gli aveva detto: “Seguimi”, forse, a uno o all’altro, gli è venuto di pensare: o lui o io. Perché lui, il gabelliere, non prometteva niente di buono. E noi siamo sì, poveri, però siamo galantuomini. In sinagoga non ci si va, siamo ignoranti, analfabeti, ma viviamo del nostro lavoro. Lui, invece, è una sanguisuga. Ci affama, per conto suo e per conto di quelli. E, quelli erano gli odiati romani, che, solo a nominarli, ci si sporcava la lingua. Ora, se a pensarla così, potevano essere Andrea, Simone, Giacomo, Giovanni, immaginarsi gli altri. Quelli religiosamente e politicamente corretti. Ora, Gesù, non si limita a dire al frastornato figlio di Alfeo: Seguimi, né, quello, a seguirlo. Va a casa sua, ci si sdraia a mensa assieme, e, neanche fosse un pranzo di quelli nostri di “folia” arrivano tutti quelli, giorno e notte, non fanno che sognare di trovare qualche generoso in vena di festa, che offra qualcosa da mettere sotto i denti e possibilmente un buon vino per mandarlo giù. Di quelli che i buoni parrocchiani della vicina sinagoga, e il sagrestano e monsignor prevosto, neanche alzano gli occhi su di loro. Li guardano di sottecchi, a debita distanza, e mormorano: ma vedi quello! E quella! E quell’altro! E Gesù in mezzo. Gesù che ha l’udito fine e che, tutto sommato, vuol bene anche ai buoni, così quando li sente, gli manda a dire: Ehi, amici, guardate che non sono i sani ad avere bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori (cf Mc 2, 17). Allora, ma anche oggi. La pedagogia di Dio è questa. Prima di tutto, fargli simpatia ai peccatori. Mica ai tipi da peccati veniali, che tutti sono capaci. No, proprio a quelli da peccati mortali, che più mortali non si può. Di quelli che nessuno può reggere all’idea. E, forse, bisognerebbe chiedersi perché. Ora se tu gli fai simpatia, poi, può capitare che te li faccia amici. E, se te li fai amici, è fatta. Li puoi portare dove vuoi. Persino in chiesa. Anzi, persino in paradiso.

Oggi facciamo memoria di Antonio il Grande, patriarca del monachesimo, e Silvia Maribel Arriola, martire in El Salvador.

17_ANT_O_2.JPGNato nell’anno 250, a Come, in Egitto, a vent’anni Antonio, dopo aver letto nel Vangelo l’esortazione di Gesù: “Se vuoi essere perfetto, va’ vendi tutti i tuoi beni e dalli ai poveri, poi vieni e seguimi, e avrai un tesoro nei cieli”, decise che valeva la pena di fidarsi e lo fece, letteralmente, abbandonando ogni cosa. Presto seguito da decine, poi centinaia di giovani e meno giovani, che intendevano esprimere così la loro radicale contestazione alla logica con cui il mondo era organizzato. Abitò per un tempo tra antiche tombe abbandonate, per poi ritirarsi sulle rive del Mar Rosso, dove visse fino a quando la morte lo colse nel 356, all’etá di 106 anni. La trasparenza della sua personalità, la coerenza della sua testimonianza richiamarono durante tutti gli anni della sua avventura nel deserto schiere di pellegrini di ogni ceto e condizione, desiderosi di essere confermati nella fede, consigliati o confortati.

17 Silvia Maribel Arriola.jpgDi Silvia Maribel Arriola non sappiamo molto. Il martirologio latino-americano dice che era una religiosa salvadoregna. Faceva parte di una comunità, nata dalle comunità di base del Salvador, approvata canonicamente da mons. Romero con il nome di “Religiose per il popolo”. Silvia fu per molti anni segretaria di mons. Romero, davanti al quale fece la sua professione religiosa. Amica di tutti, animatrice di comunità, scelse di accompagnare come infermiera le formazioni di resistenti del Fronte Farabundo Martí di Liberazione Nazionale. Cadde uccisa assieme ad altri compagni durante un incursione dell’esercito, il 17 gennaio 1981. Aveva solo trent’anni. La chiamavano la “donna del sorriso”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera agli Ebrei, cap. 4, 12-16; Salmo 19; Vangelo di Marco, cap.2, 13-17.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche di Eretz Israel e della diaspora.

Lina è già trisnonna da qualche mese, senza essere particolarmente anziana, deve avere infatti solo ottantasette anni. Abita alla Guaraita ed è la vera matriarca della tribù di seu Ciato e di dona Maria (della quale ultima è la mamma). Quando lei chiama, non c’è santo, né festa comandata, che tenga. Anzi, senza che lei chiami. Quando il cuore lo suggerisce (e lo suggerisce abbastanza spesso), a figli e figlie, nipoti, bisnipoti e trisnipoti, tutta la famiglia è là, intorno a lei. E noi non riusciamo neanche a immaginare quando non ci sarà più. Così, quando ci hanno detto che in settimana è stata sottoposta a tre chirurgie, ci siamo preoccupati un bel po’. Ma, per ora, sembra tutto passato. La donna è già di nuovo a casa sua. Un po’ inappetente, come succede in questi casi, ma, per il resto, serena e di buon umore. In ogni caso, noi la mettiamo ugualmente al riparo [anche] delle vostre preghiere. Poi, essendo già ora di congedarci, vi offriamo da leggere, prima di coricarvi, il brano di una lettera di Antonio il Grande, tratto dal libro “Secondo il vangelo” (Qiqajon). Che è per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Nella sua bontà, il Padre “non ha risparmiato il suo Figlio Unigenito, ma lo ha consegnato” per i nostri peccati. E il Figlio Unigenito, allo scopo di liberarci dalle nostre colpe, si è umiliato per noi, guarendoci tutti. Con la potenza della sua parola ci ha radunati da ogni parte della terra, offrendo ai nostri cuori di poter elevarsi da essa e insegnandoci che noi tutti siamo membra gli uni degli altri. Io dunque vi chiedo, nel nome nel Signore, di riflettere sulla Scrittura e di sapere che queste cose sono comandamenti del Signore. E’ importante per noi conoscere l’immagine che nostro Signore Gesù Cristo ha assunto a causa nostra: egli è diventato in tutto simile a noi, escluso il peccato. Pertanto occorre che noi diventiamo liberi, affinché possiamo gioire nel momento della sua venuta. Per la stoltezza della condizione che ha assunto, noi siamo diventati sapienti; per la sua pover¬tà, noi siamo diventati ricchi e per la sua debolezza, noi sia¬mo diventati forti. Ed egli è diventato per noi tutti risurrezio¬ne, vanificando il potere della morte su di noi. D’ora innanzi godiamo del riposo e non abbiamo bisogno di un altro Gesù nella carne, poiché la venuta di nostro Signore Gesù ha reso buona la nostra servitù, distruggendo tutti i mali. Egli disse allora ai suoi discepoli: “D’ora in poi non vi chiamerò più servi, ma fratelli”. Quando furono prossimi a ricevere lo spirito di filiazione, lo Spirito santo insegnò loro ad adorare il Padre co¬me si conviene. (Antonio il Grande, Secondo il vangelo).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 17 Gennaio 2009ultima modifica: 2009-01-17T23:19:00+01:00da fraternidade
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