Giorno per giorno – 10 Gennaio 2009

Carissimi,
“Giovanni rispose: Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stato dato dal cielo” (Gv 3, 27). Dunque tutto è predeterminato altrove?, ci si chiedeva stamattina. Ma se nasciamo predestinati, nel bene o nel male, dov’è allora la nostra libertà? Questioni grosse, su cui altri sapranno, con maggiore competenza, argomentare e rispondere. Noi lo facciamo solo a partire da Vangelo. Se crediamo in Dio, nel Dio di Gesù Cristo, tutti siamo destinati a una vita di felicità. Il compiersi di questa promessa, tuttavia, nel qui ed ora, sta nelle nostre mani. Cioè, la realizzazione del Regno, nella storia, è affidato [anche] alla nostra responsabilità. Così come il compiersi dell’Incarnazione (archetipo di ogni altra incarnazione della Parola) è affidata a Maria e a chi risponde come lei. E il compiersi della missione di Gesù non ha il carattere dell’ineluttabilità, ma quello della libertà, che il suo sì – fino al momento supremo – esprime. Ogni volta anche a noi è dunque chiesto: “Tu accetti? Tu vuoi?” E il nostro sì segna il compiersi della promessa. Se Gesù “accade” nuovamente, lo deve anche a noi. Beh, per dirla tutta, è vero che c’è il trucco: sotto, sotto, chi ci ridesta, ispira, anima, dà forza, spinge, trascina è una sua vecchia conoscenza. Il suo Spirito. Noi siamo piccoli, piccoli. Però.

Oggi è memoria di Gregorio di Nissa, pastore e padre della Chiesa.

10 GREGORIO DI NISSA.jpgGregorio era nato in Cappadocia nel 335, figlio di Basilio e Emmelia, fratello di Basilio di Cesarea, Pietro di Sebaste e Macrina. Tutti ricordati come santi. Dopo gli studi di retorica e filosofia ad Atene, il giovane visse alcuni anni di vita matrimoniale. Poi, rimasto vedovo (o, secondo altri, ottenuto il consenso della moglie), raggiunse il fratello Basilio e l’amico Gregorio di Nazianzo nel monastero fondato dal primo sulle rive del fiume Iris. Amante dello studio e della solitudine, fu designato, suo malgrado, vescovo di Nissa nel 372, in un’epoca burrascosa nella vita della chiesa, a causa della controversia ariana che avvelenava e armava gli animi, gli uni contro gli altri. E il povero vescovo dovette farne le spese. Accusato di sperperare i beni della Chiesa, fu deposto nel 376 e mandato in esilio. Nel 378, tuttavia, era già di ritorno, dopo che le accuse si erano rivelate infondate, espressione più che altro della malevolenza degli avversari ariani. Morto Basilio, l’anno successivo, toccò a Gregorio portare avanti la riflessione teologica della Chiesa. Nel Concilio di Efeso, convocato nel 381 dall’imperatore Teodosio, i padri conciliari, ammirati per la forza della sua dottrina, lo definirono “colonna dell’ortodossia”. Gregorio morì intorno all’anno 395.

I testi che la liturgia odierna propone oggi alla nostra attenzione sono tratti da:
1ª Lettera di Giovanni, cap.5, 14-21; Salmo 149; Vangelo di Giovanni, cap.3, 22-30.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Quella di essere come Dio è una vecchia tentazione dell’uomo. Come sa bene il vecchio padre Adamo e, un po’ almeno, anche ciascuno di noi. A dire il vero, non ci sarebbe niente di male a cedervi, anche con un po’ di sforzo, se solo si pensasse Dio nella maniera giusta. Come espressione suprema del dono, e non, come invece ci viene spesso di pensare, come figura del dominio e magari dell’arbitrio. Beh, ad esortarci a essere come Dio ci si mette questa volta Gregorio di Nissa, in questo suo testo, che prendiamo da “Letture patristiche” (Edizioni Messaggero di S. Antonio), e che vi proponiamo nel congedarci come nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Per quanto ogni parola della Scrittura ci educhi a divenire simili al nostro Signore e Creatore, nella misura in cui è possibile ad un essere mortale imitare Dio sommamente beato, noi tuttavia facciamo sempre tornare ogni cosa a nostro personale vantaggio e quello che non tratteniamo per le necessità della nostra vita lo riponiamo in serbo per i nostri eredi. Non si fa nessun conto degli sventurati, non ci si dà minimamente pensiero, con un briciolo d’amore, dei poveri. O gente incapace di misericordia! Se qualcuno vede un altro privo di pane, che manca perfino della razione di cibo indispensabile alla vita, non corre subito in suo aiuto con generosità, non gli tende la salvezza, ma lo sta a guardare da lontano, come si guarda un albero dai rami fiorenti, che avvizzisce miseramente per mancanza di acqua. E tutto questo avviene quando egli personalmente possiede dei beni materiali sovrabbondanti e quando sarebbe in grado di far rifluire, a vantaggio di molti, il soccorso delle sue ricchezze. Il flusso di una sorgente irriga molte distese campestri che le si aprono attorno: allo stesso modo, l’agiatezza economica di una casa potrebbe essere sufficiente per salvare folle di poveri: a, patto però che non si sia preoccupati soltanto di sé o si rifiuti di mettere in comune i propri beni, come pietre, che, cadute nello sbocco di una sorgente, ne ostruiscono il fluire delle acque. Non viviamo soltanto secondo la carne: viviamo un po’ anche per Dio… La misericordia e la beneficenza sono opere gradite a Dio. Quando tali virtù abitano in un uomo, lo divinizzano; imprimono in lui la somiglianza perfetta del bene, perché sia immagine dell’Essenza prima, santa e superiore ad ogni intelligenza. (Gregorio di Nissa, Peri philoptokhias kai eupoiias ).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 10 Gennaio 2009ultima modifica: 2009-01-10T23:45:00+01:00da fraternidade
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