Giorno per giorno – 10 Dicembre 2008

Carissimi,
“Il Signore dà forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossato. Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono; ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi”(Is 40, 29-31). Lo prometteva Isaia nella prima lettura di stamattina. E, quasi a riscontro di questa, seguiva la parola di Gesù: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero” (Mt 11,28-30). Noi, ieri sera, eravamo andati a trovare dona Dominga, quella che abita su, all’Aeroporto, la madre di Ditinha. E non è stata un gran bella visita. Almeno da un certo punto di vista. Ditinha è da molti giorni in preda a crisi ricorrenti. È nervosa e aggressiva, grida, insulta, non sta ferma un attimo, entra e esce dalla sua stanzuccia, sbattendo ogni volta con violenza la porta, fuma in continuazione gettando i mozziconi dove le capita. E poi grida e insulta ancora. Dona Dominga se ne stava lì seduta in silenzio, nella saletta che dà sulla strada, con la piccola televisione accesa, su cui scorrevano le immagini dell’ultima novela, e scuoteva la testa ascoltando le imprecazioni della figlia, di cui ci arrivava solo qualcosa, tipo: “Vá para o inferno!’, “Velha mentirosa!”, “Desgraça!”. Che qui, dove non esistono le bestemmie contro Dio e i santi, rappresentano quanto di più blasfemo si possa immaginare. Tanto che la gente, quando le ascolta, da chi può essere solo fuori testa o fuori della grazia di Dio, mentalmente si segna e sussurra a mo’ di esorcismo: “Cruz credo!”. Dona Dominga è più o meno vent’anni che, anche se a fasi alterne e differenziate, fa questa vita. Con la figlia in queste condizioni. Negli ultimi anni, da quando il figlio Jacir si è trasferito a Goiânia, e Wagner, il figlio di Ditinha, si è sposato ed è andato a stare su a Tempo Novo, la sua è stata una battaglia ancora più in solitudine. Sicché ieri sera ci diceva: a volte mi viene da desiderare di addormentarmi e non svegliarmi più. Perché so che non c’è via d’uscita. Ora, stamattina nell’ascoltare le parole di Gesù, ci veniva in mente la desolazione di dona Dominga e ci chiedevamo come esse potessero diventare vere per lei. Per oggi anche solo per lei. E cosa fosse il giogo di cui parla Gesù, dolce, e il carico leggero. E Valdecí ha suggerito: forse è la croce. E Gerson: ma la croce non è dolce, pesa, ed è difficile da portare. Certo, la croce non è uno scherzo. Ed è difficile da portare, ma per Lui. Perché il significato della Croce è il Suo amore senza misura, che si fa carico di ogni altra croce e ce ne alleggerisce così il peso. Ora Lui è alla ricerca di complici, che apprendano da Lui e che con Lui si propongano, tra le altre cose, di dare forza allo stanco e di moltiplicare il vigore allo spossato. Noi, come individui e come chiesa, sapremo essere il prolungamento del giogo lieve di Gesù? Solo per oggi, domani infatti non sappiamo cosa faremo, cosa vorremo. Solo per un’ora, venti minuti, dieci. Per vedere tornare il sorriso sul volto triste di dona Dominga. Che noi non ci si era abituati.

Ed ora respirate a fondo, perché le memorie di oggi sono davvero tante. Ma ne valgono la pena. Se, poi, le ricordate dall’anno scorso, saltatele tranquillamente a piè pari. Noi ci si ritrova più sotto, al Pensiero del giorno. Le memorie di oggi sono quelle di: Karl Barth, teologo e “gioioso partigiano di Dio”; Thomas Merton, monaco e profeta del dialogo interreligioso; Franz Rosenzweig, ebreo fedele e fautore del dialogo ebraico-cristiano; e Caspar Schwenckfeld, mistico e riformatore.

10 Karl Barth.jpg“Gioioso partigiano di Dio” era la definizione che a Karl Barth píaceva dare di sé. Era nato il 10 maggio 1886, a Basilea, in Svizzera, dove il padre Fritz era professore di Nuovo Testamento. Dal 1904 al 1909, il giovane Karl studiò teologia alle Università di Berna, Berlino, Tubinga, e Marburgo. Nel 1913 sposò Nelly Hoffman, da cui ebbe cinque figli. Barth si fece presto conoscere per la critica radicale sia della teologia liberale, allora dominante, quanto dell’ ordine sociale allora vigente. Nel suo commento famoso alla Lettera ai Romani (1919), Barth sottolineò la discontinuità tra messaggio cristiano e mondo. Dal 1921 al 1930, egli fu professore di teologia riformata a Gottinga e poi a Münster, e dal 1930 al 1935 a Bonn. È questo il periodo del suo scontro decisivo con il nazismo. Hitler salì al potere il 30 gennaio 1933. Il 25 aprile dello stesso anno venne firmato l’osceno manifesto dei cristiani tedeschi, che intendevano sopprimere l’ Antico Testamento, degiudaizzare Gesù e trasformare il Crocifisso in un eroe del cristianesimo positivo. Barth rispose con durezza che compito della Chiesa è di annunciare il Vangelo “anche nel Terzo Reich, ma non sotto di esso e nel suo spirito”. E, poco dopo, stilò le sei tesi del Sinodo di Barmen (29-31 maggio 1934), che diedero origine alla Chiesa Confessante tedesca, che sarà di esempio per tutte le Chiese cristiane alle prese con il totalitarismo dell’ ideologia e dello Stato. Il 7 novembre 1934, Karl Barth rifiutò di prestare giuramento al Führer. Il 26 novembre dello stesso anno venne sospeso dall’ insegnamento e in seguito privato della facoltà di parlare. Il 2 luglio 1935 ritornò in Svizzera, a Basilea, dove, insegnerà nella locale Università fino al 1962 e dove abiterà fino alla sua morte, avvenuta il 10 dicembre 1968.

10 THOMAS MERTON.jpgThomas Merton era nato in Francia il 31 gennaio 1915 da padre neozelandese e da madre americana, entrambi pittori. Studiò in Francia, poi in Inghilterra e successivamente negli Stati Uniti, dove si laureò in Lettere alla Columbia University de New York. Dopo molte esperienze culturali e politiche, nel 1939 si convertì al cristianesimo, entrando nella Chiesa cattolica e, nel 1941, divenne monaco trappista nell’Abbazia di Gethsemani, nei pressi di Louisville, nel Kentucky. Verso la fine della vita, maturò un crescente interesse per le vie spirituali alla contemplazione proprie delle religioni orientali, soprattutto del Buddhismo, interessandosi alla loro relazione con l’approccio cristiano. Mentre si trovava a Bangkok, in Thailandia, per partecipare alla prima Conferenza inter-monastica internazionale, morì fulminato da un elettrodomestico, il 10 dicembre 1968. Nel suo ultimo intervento ebbe a dichiarare: “Il monaco appartiene al mondo ma, in quanto egli si è dedicato completamente a liberarsi da esso per liberarlo, il mondo appartiene al monaco. Non possiamo immergerci nel mondo e lasciarci trasportare dalle cose. Questa non è salvezza. Se vogliamo tirare su dall’acqua uno che sta annegando, dobbiamo avere un punto d’appoggio. Se uno sta annegando e noi siamo su uno scoglio, possiamo farlo, oppure possiamo tenerci a galla nuotando. Ma non c’è niente da guadagnare a saltare semplicemente in acqua e affogare con l’altro”.

10 FRANZ_ROSENZWEIG_III.GIFFranz Rosenzweig era nato il 25 dicembre 1886 a Cassel, in Germania, da Georg Rosenzweig e Adele Alsberg, una coppia ebraica non praticante. La sua educazione fu perciò essenzialmente di carattere secolare e agnostico. Nel 1913, deciso a convertirsi al cristianesimo, sull’esempio del cugino, Eugen Rosenstock, volle almeno per una volta (che doveva nelle sue intenzioni essere la prima e l’ultima), vivere l’esperienza dello Yom Kippur (la grande festa ebraica del Perdono). Tale esperienza fu decisiva per il suo “ritorno” alla religione dei Padri. Discepolo di Hermann Cohen e grande amico di Martin Buber, scrisse “La Stella della Redenzione“, in cui illustra la sua visione filosofica circa i modi in cui si esprime la relazione tra Dio, essere umano e mondo: creazione, rivelazione e redenzione. Rosenzweig fondò anche la Lerhaus, un istituto che si proponeva di permettere il recupero dell’eredità ebraica a quegli ebrei che avevano perduto la loro identità religiosa e culturale. L’istituzione produsse numerosi eminenti esponenti dell’intellettualità ebraica. Nel 1922 Rosenzweig venne colpito da una paralisi che, lasciandogli intatta la lucidità della mente, lo immerse nella più dura sofferenza, privandolo progressivamente dell’uso dei muscoli, degli arti, del corpo intero e della parola, ma che non gli impedì di continuare a riflettere e approfondire le tematiche più stimolanti del pensiero ebraico. Benché il medico gli avesse diagnosticato al massimo un anno di agonia, egli sopravvisse sette anni, ridotto a comunicare con la moglie solo attraverso il battito delle ciglia che essa aveva imparato a interpretare e tradurre in parola. La morte lo colse il 10 dicembre 1929.

10 Caspar Schwenkfelders.jpgCaspar Schwenckfeld nacque ad Ossig (Osiek), nella regione tedesca (ora polacca) della Slesia nel 1489, da una famiglia nobile di devoti cattolici. Dopo gli studi all’università di Francoforte, fu avviato alla carriera diplomatica, svolgendo funzioni di consigliere a diversi nobili dell’epoca. Nel 1518 sperimentò quella che egli chiamò una “visita del Divino” e decise di dedicarsi allo studio approfondito delle Sacre Scritture, dei primi scritti della Chiesa e delle lingue ebraica e greca. Nel 1521 aderì alla Riforma, ma già negli anni immediatamente successivi sorsero i primi dissapori con Lutero, soprattutto circa l’interpretazione della Santa Cena, la natura della Chiesa, e le commistioni di questa con lo Stato. Tutto ciò gli costò persecuzioni, una vita raminga e continui spostamenti, spesso in condizioni assai penose. Nel 1541, nella biblioteca del monastero benedettino di Kempten, nella Baviera meridionale, scrisse la sua opera più famosa La grande confessione sulla gloria di Cristo, che costituisce la sintesi del suo pensiero. Egli credeva che il vero cristiano, partecipando alla Cena del Signore, si ciba del corpo spirituale di Cristo, che cresce poi come un seme piantato in lui, trasformandolo a immagine di Dio e della persona di Cristo. Il suo maggior desiderio era di adorare, lodare e glorificare Cristo. Lo scopo della sua azione evangelizzatrice era di insegnare l’unità con il Cristo reale, vivente, spirituale, al fine di vivere una vita radicalmente trasformata. Continuamente minacciato dai suoi nemici, proseguì nella sua instancabile opera d’evangelizzazione attraverso tutta la Germania meridionale. Ospite di una famiglia amica, nella città di Ulm, il 10 Dicembre 1561, morì, ammalato e stremato dalle persecuzioni. Oggi la Chiesa Schwenckfeldiana, autonoma da altre denominazioni e organizzata in cinque comunità, tutte in Pennsylvania, conta circa tremila fedeli.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Isaia, cap.40, 25-31; Salmo 103; Vangelo di Matteo, cap.11, 28-30.

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti, in differenti cammini, spesso lontani da tradizioni e istituzioni religiose, testimoniano i valori della giustizia, della fraternità e della pace.

I 60 anni dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo esigerebbero una riflessione approfondita sulla sua reale portata e applicazione. Qui, noi ne facciamo solo menzione, nella certezza che ognuno(a) di noi abbia avuto (o avrà) modo di fare la sua parte.

E ci congediamo qui. Con una citazione breve di Thomas Merton, tratta dal libriccino di Autori Vari, che ha per titolo “Il silenzio” (La Locusta). Che è per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Se riempiamo la vita di silenzio allora viviamo di speranza e Cristo vive in noi e dà molta consistenza alle nostre virtù. Allora, quando viene il momento, lo confessiamo apertamente davanti agli uomini e la nostra confessione ha un grande significato perché si è radicata in profondo silenzio. Essa risveglia, nelle anime di quelli che ci ascoltano, il silenzio di Cristo così che anche loro diventano silenziosi, e incominciano a stupirsi e ad ascoltare. Perché hanno incominciato a scoprire il loro vero essere. Se la nostra vita si spande al di fuori in parole inutili, non udremo mai nulla nelle profondità del nostro cuore, dove Cristo vive e parla in silenzio. Non saremo mai nulla e alla fine quando verrà per noi il tempo di dichiarare chi e che cosa siamo, saremo trovati senza parole proprio al momento della decisione cruciale: perché avremo detto tutto e ci saremo esauriti in discorsi prima di avere qualche cosa da dire. (Thomas Merton, Silenzio).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 10 Dicembre 2008ultima modifica: 2008-12-10T23:58:00+01:00da fraternidade
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