Giorno per giorno – 30 Novembre 2008

Carissimi,
il significato più vero dell’Avvento che si apre con questa domenica, ce l’ha comunicato l’antifona cantata ieri sera durante la Veglia per la pace, cui abbiamo partecipato nella chácara del Vescovo : “Ecco che da lontano viene il Signore, per giudicare le nazioni del mondo. E i cuori si rallegreranno, come una notte di festa a cantare”. L’Avvento è il canto della speranza dei poveri. Ma quella speranza non si è mai compiuta, non si compie mai. E chi lo dice? Quanti segni nuovi di cambiamento, pur con tutte le possibili contraddizioni, vediamo anche qui in America Latina? E poi, in ogni caso, noi passiamoci la voce: il Regno viene; Gesù, il suo significato, sta per tornare a dirsi nelle relazioni tra la gente, oggi anche solo qui tra noi, domani, in tutta la città, poi nella regione, nel Paese, nel mondo. Sì, passiamoci la voce, forse lo costringeremo ad anticipare i tempi. Qualche mese fa, padre Luiz de Lima, un salesiano professore di catechetica, in visita qui in diocesi, sottolineava come i canti che ogni chiesa esegue durante le sue liturgie contribuiscano a rivelarne il volto. Noi ci si pensava nell’Eucaristia di stamattina, cantando questo canto dell’Avvento: “Vieni, Signore, con il tuo popolo a camminare; / vieni, Signore, a liberarci, non indugiare. // Proclamate la buona notizia con allegria, / Dio viene a noi, egli ci salva e ci ricrea. / Il deserto fiorirà e gioirà, / dalla terra arida fiori e frutti sbocceranno. // Una voce grida nel deserto con vigore, / “Preparate oggi i sentieri del Signore”. / Togliete dal mondo la violenza e l’ambizione / che non ci lascia vedere nell’altro il nostro fratello. // Vieni, o Signore, ascolta il grido della tua gente, / che lotta e soffre, e tuttavia ti crede presente. / Non abbandonare il tuo popolo, o Dio fedele, / perché il tuo nome è Dio-con-noi, Emmanuele”. Sì, la nostra chiesa non ha smesso di essere chiesa di poveri, in operosa attesa dei tempi nuovi. Del Dio Liberatore.

I testi che la liturgia di questa 1ª Domenica d’Avvento sono tratti da:
Profezia di Isaia, 63,16-17.19; 64,1-7; Salmo 80; 1ª Lettera ai Corinzi, cap. 1,3-9; Vangelo di Marco, cap. 13,33-37.

La preghiera della domenica è in comunione con tutte le comunità e Chiese cristiane.

Oggi, il calendario ci ricorda la memoria di Andrea, pescatore ebreo e apostolo, cui noi aggiungiamo quella di Etty Hillesum, mistica ebrea e martire con il suo popolo ad Auschwitz.

30 ANDRÉ.jpgAndrea era pescatore nativo di Betsaida, figlio di Giona e fratello di Simon Pietro. Fu dapprima discepolo di Giovanni Battista. In seguito, dopo aver ascoltato la testimonianza del precursore nei riguardi di Gesù (cf Gv 1, 29.36), immediatamente seguì Gesù, divenendo il suo primo discepolo. Un’antica tradizione vuole che, dopo aver predicato in molti luoghi differenti, nella Bitinia, in Macedonia e altrove, sia morto a Patrasso, nell’Acaia, crocifisso su una croce a forma di X, la prima lettera di “Cristo” nella lingua greca. Questa croce divenne così simbolo di sant’Andrea.

30 ETTY HILLESUM I.jpgEsther (Etty) Hillesum era nata il 15 gennaio 1914 a Middelburg (Olanda), figlia di un metodico e rigoroso professore di lingue classiche, Louis, e di una donna passionale e caotica, Rebecca Bernstein, entrambi ebrei. Etty e i suoi fratelli, Misha e Jaap, erano tutti straordinariamente dotati, lei appassionata di filosofia e letteratura, il secondo promettente pianista e l’ultimo con precoci disposizioni sul piano scientifico. L’intera famiglia sarebbe stata sterminata ad Auschwitz. La giovane donna, dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza, fece, nel gennaio del 1941, l’incontro decisivo della sua vita con Julius Spier, allievo di Gustav Jung, uno psicologo dalla personalità affascinante, di cui Etty fu prima paziente e assistente e poi compagna. L’incontro si rivelò decisivo per l’evoluzione e la maturazione spirituale di Etty. Negli anni della guerra, dopo aver lavorato per un breve periodo in una sezione del Consiglio Ebraico di Amsterdam, Etty chiese il trasferimento a Westerbork, il campo di “smistamento” dove transitavano migliaia di ebrei olandesi destinati alla deportazione. Lavorò nell’ospedale del campo – con alcuni rientri ad Amsterdam – dall’agosto 1942 al 7 settembre 1943, data in cui Etty, suo padre, sua madre e Misha furono caricati sul treno dei deportati diretto in Polonia. Morì ad Auschwitz il 30 Novembre 1943 (il 3 Kislev 5704, secondo il calendario ebraico). Lasciò scritto: “Non penso più che si possa migliorare qualcosa nel mondo, senza aver fatto prima la nostra parte dentro di noi”. E ancora: “La mancanza di odio non implica necessariamente l’assenza di un’elementare indignazione morale. Io so che chi odia ha le sue buone ragioni. ma perché dovremmo scegliere sempre la via più facile? Nel lager ho percepito con tutta me stessa che anche il più piccolo atomo di odio aggiunto a questo mondo, lo torna ancora più inospitale”. Sì, essere capaci si soffrire “insieme”, aggiungere a questo mondo un po’ di amore e bontà.

Gerson, dona Dominga, Vito, Maria José e il postino sono andati, come ogni domenica pomeriggio, a trovare gli amici e le amiche dell’Asilo São Vicente, l’ospizio per anziani e disabili di qui. Quando poi sono venuti via, dona Dominga fa: per loro l’Avvento è questo aspettare tutta la settimana che arrivi la domenica. E l’allegria di un incontro che non può mancare. Già. Così tanto, così poco.

Noi ci si congeda qui. Con una pagina di Etty Hillesum, tratta dal suo “Diario 1941-1943” (Adelphi). “Voglio che tu stia bene con me”, dice rivolgendosi a Dio (qualunque cosa intendesse dicendo “Dio”). Potremmo prenderlo come programma di Avvento: fare il possibile per far star bene Dio anche con noi. Ed eccovi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Per il dolore grande ed eroico ho abbastanza forza, mio Dio, ma sono piuttosto le mille preoccupazioni quotidiane a saltarmi addosso e a mordermi come altrettanti parassiti. Be’, allora mi gratto disperatamente per un po’ e ripeto ogni giorno: per oggi sei a posto, le pareti protettive di una casa ospitale ti scivolano sulle spalle come un abito che hai portato spesso, e che ti è divenuto familiare, anche di cibo ce n’è a sufficienza per oggi, e il tuo letto con le sue bianche lenzuola e con le sue calde coperte è ancora lì, pronto per la notte – e dunque, oggi non hai il diritto di perdere neanche un atomo della tua energia in piccole preoccupazioni materiali. Usa e impiega bene ogni minuto di questa giornata, e rendila fruttuosa; fanne un’altra salda pietra su cui possa ancora reggersi il nostro povero e angoscioso futuro. Il gelsomino dietro casa è completamente sciupato dalla pioggia e dalle tempeste di questi ultimi giorni, i suoi fiori bianchi galleggiano qua e là sulle pozzanghere scure e melmose che si sono formate sul tetto basso del garage. Ma da qualche parte dentro di me esso continua a fiorire indisturbato, esuberante e tenero come sempre, e spande il suo profumo tutt’intorno alla tua casa, mio Dio. Vedi come ti tratto bene. Non ti porto soltanto le mie lacrime e le mie paure, ma ti porto persino, in questa domenica mattina grigia e tempestosa, un gelsomino profumato. Ti porterò tutti i fiori che incontro sul mio cammino, e sono veramente tanti. Voglio che tu stia bene con me. E tanto per fare un esempio: se io mi trovassi rinchiusa in una cella stretta e vedessi passare una nuvola davanti alla piccola inferriata, allora ti porterei quella nuvola, mio Dio, sempre che ne abbia ancora la forza. Non posso garantirti niente a priori, ma le mie intenzioni sono ottime, lo vedi bene. (Etty Hillesum, Diario 1941-1943).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 30 Novembre 2008ultima modifica: 2008-11-30T23:27:00+01:00da fraternidade
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