Giorno per giorno – 12 Settembre 2008

Carissimi,
l’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu, premio Nobel per la Pace, l’anno scorso, nel trentennale della morte, aveva detto di lui: “È morto per darci la libertà. L’altro giovane uomo ad aver sacrificato la proprio vita per noi è stato Gesù Cristo”. Aveva così fatto di Steve Biko un, forse inconsapevole, imitatore di Gesù. Del resto, per essere davvero emuli e discepoli del Maestro di Nazaret, non basta forse assumere e vivere la beatitudine di chi “ha fame e sete di giustizia”? Della religione cristiana importata dai bianchi, Biko era stato un critico severo e pungente. Aveva scritto: “Noi non crediamo che si possa immaginare la religione come qualcosa di distinto dalla nostra esistenza sulla terra. Questo era evidente nella nostra vita quotidiana… Avremmo infatti trovato artificioso creare occasioni separate per il culto, e non ci sarebbe sembrato affatto logico destinare un edificio particolare alle celebrazioni. Credevamo invece che Dio fosse sempre in comunicazione con noi e che perciò meritava attenzione ovunque e comunque. Sono stati i missionari a confondere la nostra gente con la loro nuova religione. Con una logica piuttosto strana, essi spiegavano che la loro era una religione scientifica, mentre le nostre erano semplici superstizioni…. La teologia che predicavano era quella dell’esistenza dell’inferno e atterrivano i nostri padri e le nostre madri con le immagini delle fiamme inestinguibili, del digrignar di denti e del frantumar di ossa. Questa religione fredda e crudele ci era estranea, ma i nostri antenati erano sufficientemene ossequiosi nei confronti di quella sconosciuta ira incombente, da credere che valesse la pena fare un tentativo. Da qui la crisi dei nostri valori culturali. Anche se è difficile uccidere l’eredità africana”. Anche dalla sfida implicita in questa critica, i cristiani neri del Sudafrica, si sarebbero mossi per riscoprire e valorizzare il contenuto più vero del messaggio biblico e della fede cristiana: la liberazione e il riscatto da ogni sorta di oppressione e il recupero di una dimensione comunitaria della vita. Per dirla con le parole di un teologo sudafricano, che di Biko era coetaneo, Allan Boesak: “Mothoke motho ka batho babang. Questo antichissimo detto africano è di casa, pur in diverse formulazioni, nella maggior parte delle lingue africane e fino ai giorni nostri non ha perso nulla del suo valore: l’uomo diventa uomo soltanto attraverso gli altri, insieme agli altri, per gli altri. Questa è teologia nera. Questo è vero e reca frutti. Questo è, nel vero senso della parola, la verità del Vangelo”. Diceva il Vangelo di oggi: “Il discepolo non è da più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro” (Lc 6, 40). “Attraverso gli altri, insieme agli altri, per gli altri”. Noi e la nostra famiglia, la nostra chiesa, la società che stiamo costruendo, a che punto siamo?

Di Steven Biko, martire della libertà e della dignità del suo popolo, noi facciamo memoria oggi.

838047422.JPGBantu Steve Biko era nato, terzo di quattro figli, a King William’s Town (Sudafrica) il 18 dicembre 1946, da Mathew Mzingaye Biko e Alice Nokuzola Biko. Entrato nelll’Università di Natal nel 1966, per studiarvi medicina, ne fu espulso nel 1972, a causa delle sue attività politiche, che denunciavano i soprusi del governo bianco e la politica razzista dell’apartheid. L’intento di Biko era di contribuire a liberare le coscienze degli africani. Fu uno dei fondatori del Movimento di Coscienza Nera. Il governo sudafricano che inizialmente aveva tollerato questa e altre organizzazioni simili, cominciò a reprimerle duramente a partire dai primi anni 70. Biko fu ripetutamente arrestato e impedito di svolgere molte attività. Sposato a Ntsikie Biko, ebbe da lei due figli. Nell’agosto 1977 fu nuovamente incarcerato. Crudelmente percosso dalla polizia, entrò in coma e morì, un mese dopo il suo arresto, il 12 settembre.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1ª Lettera ai Corinzi, cap.9, 16-9. 22-27; Salmo 84; Vangelo di Luca, cap.6, 39-42.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

Denunciando i pericoli di una teologia razionalista, che sembra andare per la maggiore e che insiste più sulla legge di natura che sulla Parola di Dio, diceva che essa finisce per escludere “il ruolo della trascendenza nell’agire umano; e questa, per una comunità di fedeli, mi sembra una rinuncia radicale, impossibile”. E aggiungeva: “Per noi mistici è importante la sicurezza, anche se misteriosa, che ci offre la nostra Guida nella notte oscura”. A sostenerlo era Achille Ardigò, un uomo “piccolo” (solo per via della statura), abituato a vivere e pensare in grande. È scomparso ieri a Bologna. Noi lo ricorderemo e, nel congedarci, lasciamo la parola a lui, proponendovi il brano di una sua relazione tenuta a Ravenna il 13 giugno 1998. È per oggi il nostro.

PENSIERO DEL GIORNO
Certe accese controversie attuali in campo ecclesiale e politico tra cattolici, circa il tipo di responsabilità da dare ai valori nella politica, fanno emergere da un lato la rilevanza dell’etica della responsabilità per i politici, contro ritorni integristici e dall’altro lato richiamano il bisogno di dare oggi più forza di impegno ai valori umani ultimi della vita. Troppo gravi sono gli attentati, anche di manipolazione genetica, alla famiglia naturale e al ruolo dei coniugi nella riproduzione naturale e culturale delle nuove generazioni, perché ci si possa accontentare della sola etica della responsabilità individuale e della buona coscienza dell’autonomia del laico credente che giustamente rifugge da ogni integralismo. Il politico – come ci ha ricordato il card. Martini è responsabile dello sforzo di individuare “una soluzione politica realistica che… cerchi il maggior bene comune possibile e ottenibile nelle circostanze concrete”. Peraltro, sull’ associare l’etica della responsabilità ad un’autentica svolta sui valori umani universali connessi alla vita personale, credo dovremo rimeditare la grande lezione morale di Dossetti. L’autonomia di laici credenti, e insieme la più intensa difesa di alcuni valori fondamentali della persona e della società oggi, implicano un crescita della ricerca di senso personale e interpersonale, che va bene al di là, non solo dell’appello ritualistico ai sacri testi, o della sola etica della convinzione, per chiamare in causa una interpersonale strategia … di conversione. Nella commemorazione a Milano di Giuseppe Lazzati nel primo anniversario della morte, il 18 maggio 1994, Dossetti ha detto: “I battezzati consapevoli devono percorrere un cammino inverso a quello degli ultimi vent’anni, cioè mirare non a una presenza dei cristiani nelle realtà temporali e allo loro consistenza numerica e al loro peso politico, ma a una ricostruzione delle coscienze e del loro peso interiore, che potrà poi, per intima coerenza e adeguato sviluppo creativo, esprimersi con un peso culturale e finalmente sociale e politico. Ma la partenza assolutamente indispensabile oggi [è] … in tanto baccanale dell’esteriore, l’assoluto primato dell’interiorità, dell’uomo interiore”. (Achille Ardigò, I valori della società del futuro).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 12 Settembre 2008ultima modifica: 2008-09-12T23:16:00+02:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo