Giorno per giorno – 13 Agosto 2008

Carissimi,
“Se non ascolterà neanche l’assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano” (Mt 18, 17). Così Gesù conclude la sua istruzione su come comportarci con il fratello che commette una colpa. Prima aveva detto: chiamalo da parte, parlagli a tu per tu; se non ti ascolterà, prendi con te due o tre degli altri, il discernimento ti sarà più facile, quattr’occhi vedono meglio di due; se opporrà ancora resistenza, parlagli davanti alla comunità, forse, allora, si convincerà; se, però, non volesse sentire ragioni, “sia per te come un pagano e un pubblicano”. Cioè, non esigere nulla di ciò che può essere richiesto a un discepolo. Ricorda però come il Maestro trattò pubblicani e peccatori: li frequentava, mangiava e beveva con loro (cf Mt 9, 10-11), godeva insomma della loro compagnia e lasciava che loro godessero della sua. Conducevano una vita sbagliata? E, quand’anche? Chi sono io per giudicarli? Il Figlio dell’uomo non è venuto per giudicare il mondo, ma per salvarlo (cf Gv 3, 16). La mia presenza potrà forse offrire un pezzetto di senso alla loro vita sbagliata. E questo è già l’inizio della salvezza. Paolo, da ex-fariseo che era, più tardi avrebbe frainteso questa istruzione di Gesù e rivolgendosi ai Corinzi, li avrebbe ammoniti: “Vi ho scritto di non mescolarvi con chi si dice fratello, ed è impudico o avaro o idolátra o maldicente o ubriacone o ladro; con questi tali non dovete neanche mangiare insieme” (1Cor 5,11). Povero Paolo, sempre così grande, quella volta prese davvero un granchio, fino a censurare Gesù!

Noi, lo si sarebbe dovuto ricordare ieri, ma abbiamo preferito ricavargli uno spazio nel Giorno per giorno di oggi. Si tratta di Dom Antônio Batista Fragoso, vescovo della Chiesa dei poveri. Ne facciamo memoria assieme a Simon Pecke, missionario africano e Yunus Emré, mistico islamico.

1104319232.jpgAntônio Batista Fragoso era nato a Teixeira, nello Stato di Paraíba (Brasile), il 10 dicembre 1920. Ordinato sacerdote il 2 luglio 1944, dal 1947 al 1957 fu assistente della Gioventù Operaia cattolica del Nordeste. Il 13 marzo 1957, trentaseienne, Pio XII lo nominò vescovo ausiliare di São Luís do Maranhão, dove restò fino al 1964, quando Paolo VI gli affidò la diocesi di Crateús (Ceará), appena creata, dove resterà fino al 1998. Come vescovo prese parte a tutte le sessioni del Concilio Vaticano II. Di quegli anni lui stesso ricorderà in seguito: “Dietro le quinte del Concilio, un gruppo di Vescovi si riuniva nel Collegio Belga discutendo l’identità tra Gesù e i Poveri, cercando di comprendere le conseguenze sociali, politiche, culturali e mistiche di questa identità. Restò in noi la certezza che il Vaticano II non era un punto di arrivo, ma il punto di partenza di un processo esigente di conversione personale ed ecclesiale. L’Antônio Fragoso che uscì dal Concilio non era più quello che vi era entrato nell’ottobre del 1962. Non potrò mai dire a Dio tutta la mia gratitudine per essere stato e continuare ad essere Padre conciliare”. Di ritorno a Crateús, Dom Fragoso lavorò con tutte le sue forze per tradurre quegli ideali nella vita della sua chiesa: “La Diocesi assunse la responsabilità di lottare perché i cristiani avessero due gambe sane e ben articolate: la gamba dell’Esperienza di Dio e la gamba della lotta per la Giustizia. Questa opzione produsse tensioni e allontanamenti dolorosi”. I trentaquattro anni che caratterizzarono quella chiesa durante il suo ministero di pastore “furono comunque solo i primi passi in questo sforzo di tradurre in pratica l’ispirazione del Vaticano II”. Intransigente difensore dei diritti umani e politici negli anni della dittatura, dom Antônio Fragoso, dopo le dimissioni per raggiunti limiti di età, accolte il 18 febbraio 1998, si ritirò a João Pessoa, in una casetta semplicissima accanto ad una favela, in mezzo ai suoi poveri. Lí morì il 12 agosto 2006.

1104319232.jpgSimon Pecke, “Baba Simon”, era prete della diocesi di Douala, che nel 1959 si recò missionario nel nord del Camerun, tra i Kirdi. Padre Jacques Loew disse di lui: È l’uomo più straordinario che abbia incontrato, un vero san Paolo africano, una meravigliosa figura del cristianesimo eterno e africano al tempo stesso”. Morì il 13 agosto 1975.

Per Yunus Emré, causa e finalità di ogni esistenza è l’amore. È attraverso l’amore che possiamo raggiungere il Creatore. Scrisse: “Non sono qui sulla terra per combattere, / Amare è la missione della mia vita. / I cuori sono la casa dell’amato; / ed io sono giunto qui a edificare ogni cuore vero”. Yunus Emré nacque probabilmente nel 1240 e visse nella regione di Karaman (Larende). Appartenne ad una famiglia emigrata da Horasan al villaggio di Seyh Haci Ismail. Fu musico, poeta, derviscio errante, innamorato di Dio. Su lui fiorirono miriadi di leggende che dicono tutto l’affetto e la simpatia con cui la gente più umile del popolo guardò sempre a questa figura. Morì poco più che ottantenne, nel 1320.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Ezechiele, cap.9, 1-7; 10, 18-22; Salmo 113; Vangelo di Matteo, cap.18, 15-20.

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano l’Assoluto della loro vita nella testimonianza per la pace, la fraternità e la giustizia.

La rivista Convergência, del dicembre 2006, ha pubblicato uno scritto di Dom Antônio Fragoso, redatto al tempo del suo ritiro dal coorinamento della Diocesi di Crateús, che è considerato una sorta di testamento spirituale. Nel congedarci, ve ne proponiamo qui di seguito la parte conclusiva. È per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Ecco alcune delle mie speranze:
– Una Chiesa con un volto povero, comunità di servitori di Gesù, senza potere, che vive la mistica del servizio di “lavare i piedi” dell’umanità, soprattutto dei poveri: conosco molte testimonianze di ciò, per questo, so che è possibile.
– Il ministero dei cristiani che, nella Chiesa cattolica, uniscono la comunione ecclesiale evangelica e la profezia esplicita. Chi non ricorda padre Haering, l’arcivescovo John Quinn, padre Tissa, Mons. Oscar Romero, Mons. Ivan Girardi, la moltitudine di catechisti e operatori della Parola nelle Comunità ecclesiali di base, i milioni di martiri “anonimi” nella lotta per la giustizia?
– Le Comunità ecclesiali di base – piccole Chiese Vive nella base contadina e urbana -, che coniugano, nel quotidiano “anonimo”, una più grande fedeltà al Vangelo e l’ostinazione profetica.
– Il pluralismo dei segni di una Chiesa che viene da teologie, liturgie, forme di essere sacerdote che sperimentano, già nella storia presente, l’unità nella diversità.
– L’invenzione di realizzazioni storiche dell’utopia socialista, che i cosiddetti “socialismi reali” hanno sperimentato e tradito e che la “globalizzazione” si vanta di aver sepolto definitivamente.
– La resistenza plurisecolare degli Indigeni, dei Negri, delle Donne, dei Senza-potere, che, per quanto non in auge presso l’opinione pubblica di oggi, riesce tuttavia a far tremare il sistema globale che l’ “ignora” o la “trascura”.
Queste “Speranze Concrete” stanno facendo il loro cammino e nessuno impedirà loro di fiorire e fruttificare, nel tempo programmato dallo Spirito. (Antônio Fragoso, Bispo Emérito de Crateús, João Pessoa, 15 de setembro de 1998).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunitá del bairro.

Giorno per giorno – 13 Agosto 2008ultima modifica: 2008-08-13T23:31:00+02:00da fraternidade
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