Giorno per giorno – 06 Maggio 2008

Carissimi,
“Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te” (Gv 17, 11a). È per questo che c’è bisogno di tutta la forza della preghiera di Gesù, perché dentro il sistema di dominio in cui si organizza il mondo, noi si riesca a testimoniare la vita secondo l’amore, che è quanto ci fa sua Chiesa: “Le parole che hai dato a me io le ho date a loro; essi le hanno accolte” (v.8). Ed è a noi, allora, che dobbiamo chiedere se davvero le abbiamo accolte e fatte nostre, le sue parole, il suo vangelo. Se, cioè, sono esse che ci guidano nelle nostre scelte, nei nostri giudizi sulla realtà che ci circonda, nella maniera in cui stiamo insieme e ci relazioniamo agli altri. Dentro casa, in comunità, a scuola, sul posto di lavoro, e nei diversi ambiti in cui si svolge la nostra vita. Certo, il rifiuto di uniformarsi alla logica del mondo, la rinuncia ad organizzarci in termini di competizione, di violenza e di potere, possono comunicare anche solo l’impressione che ci si rassegni ad una presenza ininfluente e insignificante sul piano della storia, riconducibile alla figura degli sconfitti e dei perdenti. Ma, il salto della fede, lo si compie proprio qui. Sempre che sia fede nella croce di Cristo e non idolatria di quel feticcio inventato da Costantino, per affermare le ragioni di un impero pericolosamente in declino. La sfida delle comunità ecclesiali di base si gioca tutta su questo terreno. Quello della fedeltà al significato della Croce, come unica possibile espressione della nostra vocazione. Che Paolo, nella lettera in cui abbiamo cominciato a introdurci stasera nella chacarinha di dona Alice, su nel bairro dell’Aeroporto, disegna così: “Non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio” (1Cor 1, 26-29). Prelati, monsignori, teologi, professori, leader e dottori, sono tutti benvenuti: nella casa e nella chiesa dei poveri c’è sempre posto per tutti. Ma abbiano la compiacenza di porsi in ascolto del loro magistero. Che parla forte, anche quando stanno zitti.

Oggi il calendario ecumenico ci ricorda i Venticinque Martiri ebrei di Palma di Maiorca, colpevoli solo di professare la loro fede. Che era la fede di Gesù.

Il 6 Maggio 1691 fu scoperta a Palma di Maiorca, nelle Isole Baleari, una sinagoga segreta. Nell’autodafé che ne seguì furono messe a morte 25 persone. Di esse, ventidue furono garrotate prima di essere bruciate, mentre Rafael Vails, la guida spirituale del gruppo, il suo discepolo Rafael Benito Terongi e la sorella di quest’ultimo, Catalina Terongi, furono bruciati vivi.

I testi che la liturgia odierna propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap. 20,17-27; Salmo 68; Vangelo di Giovanni, cap. 17, 1-11a.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni dell’Africa Nera.

È facile cadere nel fanatismo – ed anche i ragazzotti che si dilettano a bruciare le altrui bandiere (ma bruciano in realtà ciò che resta delle proprie o dei propri cervelli) ci cadono. Così come è facile cadere nel fanatismo dell’antifanatismo – e ci viene in mente quel povero giornalista che si fa cristiano in odio all’Islam (che è come dire sbattezzarsi nel momento stesso in cui ci si battezza), ma anche l’ineffabile neo-eletto presidente della vostra Camera che, dopo un discorso d’insediamento tutto sommato, ci dicono, dignitoso, si è lasciato andare a quella infelice, infelicissima esternazione su che cosa sia più grave di che cosa. È possibile infine che un po’ fanatichino dell’antifanatismo dell’antifanatismo sia anche il nostro postino che, ogni tanto, riesce a intrufolarsi nelle comunicazioni del bairro e per il quale vi chiediamo previamente o posticipatamente scusa. Se di fanatismo parliamo è, oltre che per le vittime di esso ricordate nella nostra memoria di oggi, e per i fatti di questi giorni, anche perché vi stiamo per proporre la lezione di un lucido testimone in materia, lo scrittore israeliano Amos Oz. È un brano che prendiamo dal suo libro “Contro il fanatismo” (Feltrinelli) ed è il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Bisogna stare molto in guardia: il fanatismo attecchisce con molta facilità, è più contagioso di qualsiasi virus. Lo si può contrarre persino mentre si cerca di debellarlo o lo si sta combattendo. Vi basterà leggere il giornale, o guardare il notiziario in televisione, per rendervi conto della facilità con cui la gente diventa fanaticamente antifanatica, antifondamentalista, con cui intraprende una crociata antijihad. In definitiva se non possiamo sconfiggere il fanatismo, possiamo quanto meno pensare di contenerlo. […] Una terapia per quanto imperfetta è la capacità di ridere di noi stessi, e anche quella di vederci come ci vedono gli altri è un’altra medicina. La capacità di esistere nel contesto di situazioni aperte, financo di imparare ad approfittare di queste situazioni, di apprezzare la diversità: anche questo può servire. Non sto invocando un relativismo morale assoluto, certo che no: sto invece propugnando la necessità di immaginarsi a vicenda. A ogni livello, anche il più banale e quotidiano: immaginarsi. Immaginarci quando bisticciamo, quando ci lamentiamo, immaginarci nel preciso momento in cui sentiamo di avere ragione al cento per cento. Anche quando si ha ragione al cento per cento, e l’altro ha torto al cento per cento, anche in quel momento è utile immaginare l’altro. […] Molti anni fa, quand’ero bambino, la mia saggia nonna mi spiegò in parole semplici, la differenza fra un ebreo e un cristiano: “Vedi i cristiani credono che il Messia sia già venuto una volta, e che certamente un giorno o l’altro tornerà. Gli ebrei sostengono che il Messia debba ancora venire. Su questa faccenda,” disse mia nonna, “si è spesa tanta rabbia, e ci sono state tante persecuzioni, massacri, odio… perché?” continuò, “Perché non possiamo semplicemente aspettare di vedere? Se il Messia arriva e dice: ‘Salve, è bello rivedervi’, allora gli ebrei ammetteranno di avere sbagliato. Se, d’altro canto, il Messia arrivando dice: ‘Piacere di conoscervi’, allora tutto il mondo cristiano dovrà chiedere scusa agli ebrei. Per intanto,” concluse la mia saggia nonna, “non resta che vivere e lasciar vivere”. Lei sì, era drasticamente immune dal fanatismo. Conosceva il segreto del vivere in situazioni aperte, entro conflitti non risolti, insieme alla diversità degli altri. (Amos Oz, Contro il fanatismo).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 06 Maggio 2008ultima modifica: 2008-05-06T23:12:00+02:00da fraternidade
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