Giorno per giorno – 04 Maggio 2008

Carissimi,
loro se ne stavano lì, combattuti tra la voce che diceva: svegli, è ora di andare, e la voglia di prolungare indefinitamente quell’attimo in cui lui se ne volava via per sempre (e non era uno qualunque, lui). Come quando, all’epoca dei sentimenti, partiva il treno e quando non c’era già più, si restava ugualmente lì con l’immagine di lui o di lei a sporgersi dal finestrino appiccicata agli occhi. Finché qualcuno ti dava di gomito e ti diceva: che fai? Dormi? Noi si è celebrata l’Ascensione del Signore alla chácara Paraíso, con Wander, Josimo, Lindesildo, Altair, José Carlos, Marcos, José Albino, Lindomar, Francisco, Vivimar e Weber, che però ha scelto di andarsene via proprio oggi. E con qualcuno dei loro parenti, con quanti ci lavoriamo assieme, e con dom Eugenio. A voler forzare un po’ il racconto, per i nostri amici “ascensione” è forse il tempo del distacco. Quando, dopo i nove mesi di trattamento nella chácara, prendono il volo. Morte e risurrezione, l’avevano vissuta prima. Gesù ai discepoli gli fa: adesso non avete più bisogno di me. Io, anzi, vi sarei di impedimento. E sembrava un’enormità. Eppure. Eppure, Lui aveva compiuto la sua missione. Aveva rivelato com’è il Padre, qual è, cioè il senso della vita, gli aveva mostrato concretamente come fare in tutta una serie di situazioni, fino a quella decisiva. Ora toccava a loro. Gli aveva promesso il suo Spirito, anzi glielo aveva già infuso da subito, appena successa la cosa. Solo che, perché si manifestasse adeguatamente, bisognava aspettare un po’. E, di fatti, domenica prossima, vedremo i primi risultati. I nostri amici, fatte le debite proporzioni, lì alla chácara, stanno facendo l’esperienza dei discepoli. Stanno riscoprendo la vita e, un po’ almeno, l’attitudine divina della cura, ciò che noi chiamiamo Gesù. Che se mai l’avevano sperimentata, avevano anche fatto in tempo a dimenticarla, quando si erano ritrovati come morti, in fondo al pozzo. Ma per tutti, uno dopo l’altro, arriva l’ora in cui bisogna andare. E a volare, questa volta, non è Gesù, sono loro. E si lasciano la chácara alle spalle, resi, sperabilmente, adulti, pronti ad affrontare la vita. Con uno Spirito nuovo. Il Suo.

I testi che la liturgia della festività odierna odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.1, 1-11; Salmo 47; Lettera agli Efesini, cap.1, 17-23; Vangelo di Matteo, cap.28, 16-20.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e Chiese cristiane ed è volta ad ottenere il dono dell’unità, nella salvaguardia e nella valorizzazione dei loro rispettivi carismi e differenze.

Oggi è anche memoria di Monica di Tagaste, testimone di amore e dedizione.

1226289487.JPGMonica era nata a Tagaste (l’attuale Souk Ahras, in Algeria), nel 331 in una famiglia profondamente cristiana. Fu data in sposa a Patrizio, un pagano dal carattere collerico e con una piuttosto scarsa comprensione della fedeltà coniugale, che lei riuscì, comunque, nel corso degli anni, con la sua mitezza e pazienza, ad ammansire fino ad ottenerne la conversione. A 23 anni aveva dato alla luce il primogenito, Aurelio Agostino, cui sarebbero seguiti un altro figlio e una figlia. Rimasta vedova nel 371, presto temette di perdere anche il figlio maggiore, per la vita futile e sregolata che conduceva e le mode culturali e religiose cui lo vedeva aderire. Un sogno tuttavia la esortò a non scoraggiarsi e ad accompagnarlo, con discrezione e sia pure da lontano, con l’affetto materno e la preghiera. Tanta costanza sarebbe stata premiata. Di fatto, fu solo nel 385 che Monica raggiunse a Milano il figlio, chiamato, l’anno precedente, a coprire la locale cattedra di retorica. Qui, favorito da Monica, avvenne l’incontro decisivo di Agostino con il vescovo Ambrogio. Nella Veglia Pasquale del 387, Agostino, il figlio Adeodato e l’amico Alipio ricevettero il battesimo. Poche settimane dopo, sulla via del ritorno per l’Africa, in attesa di imbarcarsi ad Ostia, Monica si ammalò improvvisamente, forse di malaria, e morì all’etá di 56 anni. Aveva ottenuto che si realizzasse ciò che più desiderava e poteva, a questo punto, andarsene.

Beh, si diceva dei nostri amici e della loro avventura. Di quelli che ce l’hanno fatta e di quelli che, Dio non voglia, non ce la faranno mai. E dietro, a fianco, vicina o lontana, c’è sempre una qualche figura di Monica. A pregare, sperare, attendere. E, quando è troppo tardi, perché “tutto è compiuto”, ostinarsi a consegnare a Lui, che ha un cuore indefettibilmente di madre, ogni povera vita, apparentemente perduta. Noi ci si congeda qui. Lasciandovi a un brano delle Confessioni di Agostino, che racconta i suoi ultimi giorni con la madre. È il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
All’avvicinarsi del giorno in cui doveva uscire di questa vita, giorno a te noto, ignoto a noi, accadde, per opera tua, io credo, secondo i tuoi misteriosi ordinamenti, che ci trovassimo lei ed io soli, appoggiati a una finestra prospiciente il giardino della casa che ci ospitava, là, presso Ostia Tiberina, lontani dai rumori della folla, intenti a ristorarci dalla fatica di un lungo viaggio in vista della traversata del mare. Conversavamo, dunque, soli con grande dolcezza. Dimentichi delle cose passate e protesi verso quelle che stanno innanzi, cercavamo fra noi alla presenza della verità, che sei tu, quale sarebbe stata la vita eterna dei santi, che occhio non vide, orecchio non udì, né sorse in cuore d’uomo. Aprivamo avidamente la bocca del cuore al getto superno della tua fonte, la fonte della vita, che è presso di te, per esserne irrorati secondo il nostro potere e quindi concepire in qualche modo una realtà così alta. Condotto il discorso a questa conclusione: che di fronte alla giocondità di quella vita il piacere dei sensi fisici, per quanto grande e nella più grande luce corporea, non ne sostiene il paragone, anzi neppure la menzione; elevandoci con più ardente impeto d’amore verso l’Essere stesso, percorremmo su su tutte le cose corporee e il cielo medesimo, onde il sole e la luna e le stelle brillano sulla terra. E ancora ascendendo in noi stessi con la considerazione, l’esaltazione, l’ammirazione delle tue opere, giungemmo alle nostre anime e anch’esse superammo per attingere la plaga dell’abbondanza inesauribile, ove pasci Israele in eterno col pascolo della verità, ove la vita è la Sapienza, per cui si fanno tutte le cose presenti e che furono e che saranno, mentre essa non si fa, ma tale è oggi quale fu e quale sempre sarà; o meglio, l’essere passato e l’essere futuro non sono in lei, ma solo l’essere, in quanto eterna, poiché l’essere passato e l’essere futuro non è l’eterno. E mentre ne parlavamo e anelavamo verso di lei, la cogliemmo un poco con lo slancio totale della mente, e sospirando vi lasciammo avvinte le primizie dello spirito, per ridiscendere al suono vuoto delle nostre bocche, ove la parola ha principio e fine. E cos’è simile alla tua Parola, il nostro Signore, stabile in se stesso senza vecchiaia e rinnovatore di ogni cosa? (Agostino, Confessioni, IX, 23-24).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 04 Maggio 2008ultima modifica: 2008-05-04T23:18:00+02:00da fraternidade
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