Giorno per giorno – 15 Luglio 2010

Carissimi,

“Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero” (Mt 11, 28-30). I versetti di oggi, li abbiamo già citati ieri, perché ci aiutavano a capire chi fossero i “piccoli”, destinatari della rivelazione del Padre. Quelli che di Dio hanno compreso quanto basta. Anche se dei suoi precetti mica troppo. E che tuttavia per quel che è alla loro portata, li osservano, di modo che, tu osservi quelli, io osservo questi, lui osserva quegli altri, tra tutti, se ne osservi un buon numero, e Lui non ci rimanga troppo male. Ed è forse questo il “quanto basta” che i ‘piccoli” hanno capito di Lui. Perché le norme, le regole, le leggi, le pratiche religiose, certo, servono tutte, soprattutto a dar lavoro a chi, pieno di buona volontà, non ha altro da fare, ma, alla fine, sono niente. O, al massimo, se intese bene, sono solo il nostro tentativo, così spesso abortito, di dirgli grazie. Quello che conta, ce lo mette Lui: ed è la sua grazia, la misericordia, l’amore, o quel benedetto Figlio, che è tale e quale suo Padre. Che fa di Dio un peso così insolitamente leggero, che uno si chiede: ma cosa diavolo mi ha insegnato la religione? Tutte, mica solo una. Del resto, che farci? Sono fatte così. Lui, dal canto suo, le guarda, le religioni, ci ride un po’ su, e poi subito aggiunge: Venite da me, vi darò ristoro. E ce n’è per tutti. Le sue chiese dovrebbero, poi, essere solo questo: luoghi di ristoro. Ma lo sono (lo siamo) davvero?

 

Oggi il nostro calendario ecumenico ci ricorda Bonaventura di Bagnoregio, mistico, teologo e pastore della Chiesa;  Rodolfo Lunkenbein e Simão, martiri della Chiesa della camminata, qui in Brasile; e i Martiri ebrei e musulmani della Prima Crociata a Gerusalemme.

 

15_BONAVENTURA.JPGGiovanni Fidanza (che assumerà più tardi il nome di Bonaventura) nacque a Civita di Bagnoregio (Viterbo), nel 1217. Entrato a 22 anni nell’ordine dei frati minori, fu per molto tempo professore all’Università di Parigi. Eletto ministro generale dell’Ordine, riusci a conciliare le esigenze di una vita evangelica con il minimo di strutture necessarie ad una famiglia religiosa in espansione. Eletto cardinale e vescovo di Albano, ricevette, assieme a Tommaso d’Aquino, l’incarico di preparare il Concilio di Lione nel 1274. Egli pose al centro della vita cristiana la stessa vita storica di Gesù, individuandone il centro nella sua passione e a morte per amore.  La frase, forse, più bella che ricordiamo di lui, è quella che rivolse a frate Egidio, il discepolo di Francesco, che gli chiedeva come avrebbe potuto salvarsi lui che non sapeva nulla di teologia: “Se Dio dà all’uomo soltanto la grazia di poterlo amare, questo basta… Una vecchierella può amare Dio anche più di un maestro di teologia”. Noi si sarebbe stati portati a dire: più di qualunque maestro di teologia. Morì il 15 luglio del 1274.

 

15 RODOLFO LUNKENBEIN.jpgRodolfo Lunkenbein era nato il 1o di aprile 1939, a Doringstadt (Germania). Divenuto salesiano andò a vivere tra gli indios bororo, nel Mato Grosso. Fu assassinato il 15 luglio 1976, quando il villaggio fu attaccato  da un gruppo di 60 latifondisti armati, che intendevano vendicarsi con gli indigeni per problemi legati alla terra. Assieme a padre Rodolfo, fu assassinato il cacicco Simão e feriti molti altri. Rodolfo, vivendo in mezzo agli indios, cercò con loro di riscattare la speranza di vita della tribù. Di fatto, prima del suo arrivo nel villaggio, le donne bororo avevano deciso di non procreare più, decretando così l’estinzione della tribù. Erano già sei anni che non nasceva un bambino. Quando, tuttavia, furono celebrate le esequie di Rodolfo e dell’indio Simão, si potevano già contare numerosi bambini.

 

15 Massacri di Gerusalemme.jpgIl 15 luglio 1099, Goffredo di Buglione con l’esercito crociato entrava vittorioso in Gerusalemme. In tre giorni, secondo le cronache del tempo, circa settantamila tra ebrei e musulmani furono massacrati o catturati e venduti come schiavi in Italia. Un testimone oculare, Raimondo di Aguilers, scriverà: “Si vedevano mucchi di teste, di mani, di piedi. Nel Tempio e nel portico di Salomone si cavalcava nel sangue fino alle ginocchia e alle briglie”. Cinque mesi dopo il massacro, in città vi erano ancora cadaveri da bruciare.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Isaia, cap.26, 7-9.12.16-19; Salmo 102; Vangelo di Matteo, cap.11, 28-30.

 

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

 

Il buon Bonaventura da Bagnoregio, nel suo  Itinerario della mente a Dio, (Edizioni Messaggero Padova), ce l’ha messa tutta per tracciare i gradi attraverso cui l’anima illuminata sale fino a Dio e c’è riuscito pure egregiamente. Poi però ci sono quelli che non ne capiscono  nulla o che comunque non ce la farebbero mai. Per loro (per noi, se lo vogliamo) Dio fa il cammino inverso, è Lui che scende, non ha mai smesso di scendere, per restare qui in mezzo a noi, e cercare di aiutarci a scrivere un’altra storia. Del testo che abbiamo citato di Bonaventura, comunque, nel congedarci, vi proponiamo il brano che lo apre. È, per oggi, il nostro   

 

PENSIERO DEL GIORNO

Beato l’uomo che ha riposto in te il suo sostegno e che dalla valle di lacrime, in cui lo hai posto, ha deciso di ascendere verso di te (Sal 83, 6). Poiché la beatitudine non è che il godimento del Sommo Bene, e il Sommo Bene è sopra di noi, nessuno può giungere alla beatitudine se non trascende se stesso, non con il corpo, ma con lo spirito. Ma non possiamo elevarci sopra di noi se non a causa di una virtù superiore. Qualunque siano le disposizioni interiori, queste a nulla valgono senza l’aiuto della grazia divina. Ma questa è concessa solo a coloro che la chiedono con tutto il cuore, con umiltà e devozione, e cioè a coloro che in questa valle di lacrime si rivolgono a Dio con preghiera fervente. È questa il princípio e la sorgente della nostra elevazione. Per questo Dionigi, nella sua Teologia Mística, volendoci istruire sui rapimenti dell’anima, premette a ogni cosa la preghiera. Preghiamo dunque, e diciamo al Signore Dio nostro: Conducimi, o Signore, nella tua via e io camminerò nella tua verità. Si rallegri il mio cuore nel temere il tuo nome (Sal 85, 11).  Così pregando, siamo illuminati nel conoscere i gradi dell’ascesa a Dio. Infatti, poiché nella concezione del nostro stato attuale la stessa totalità delle cose è scala per salire a Dio, e fra gli esseri creati, alcuni hanno rapporto a Dio di vestigio, altri di immagine, alcuni sono corporei, altri spirituali, alcuni temporali, altri immortali, e quindi alcuni fuori di noi, altri in noi; perché sia possibile pervenire alla considerazione del primo principio, spiritualíssimo, eterno e sopra di noi, è necessario che prima consideriamo gli oggetti corporei, temporali e fuori di noi, nei quali è il vestigio e l’orma di Dio, e questo significa incamminarsi per la via di Dio; è necessario poi rientrare in noi stessi, perché la nostra mente è immagine di Dio, immortale, spirituale e dentro di noi, il che ci conduce alla verità di Dio; infine, occorre elevarci a ciò che è eterno, spiritualissimo e sopra di noi, aprendoci al primo principio, il che reca letizia alla conoscenza di Dio e omaggio alla sua maestà.  (Bonaventura da Bagnoregio, Itinerario della mente a Dio).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 15 Luglio 2010ultima modifica: 2010-07-15T23:37:00+02:00da fraternidade
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