Giorno per giorno – 04 Marzo 2018

Carissimi,
“Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato” (Gv 2, 15-16). Gesù entra nel tempio, dove si aspettava di trovare la casa del Padre e trova invece un mercato. Da sempre si dice che la maniera in cui si celebra rivela ciò in cui crediamo e, per conseguenza, dovrebbe orientare il come viviamo. Cosa centrava quel mercato con il Dio liberatore da ogni oppressione e schiavitù confessato dalla fede d’Israele? Stamattina durante la celebrazione della Parola, nella chiesa del monastero, ci chiedevamo cosa troverebbe Gesù visitando le nostre chiese. Ma, anche e di più, cosa vedrebbe guardando alle nostre vite? Al di là della Parola, ascoltata cosí spesso passivamente, del Credo e poi del Padre nostro, recitati con troppa disinvoltura, o della Comunione, ridotta a gesto puramente devozionale, cosa rivela il nostro modo di agire e relazionarci con gli altri? La fede in chi, in che cosa, se, usciti di chiesa, scegliamo di condividere le scelte – di vita e politiche – di chi crede nel dio-Mercato, nel consumismo sfrenato, nella rapina e accumulazione dei beni, nell’esclusione dei più dalla tavola comune? Che ne è della fede nella Trinità, immagine della migliore comunità, in cui ci si accoglie, valorizzando le reciproche diversità, dell’Eucaristia, come sacramento di una vita ricevuta e donata per la vita di tutti? Beh, Quaresima è accettare che Gesù scenda nelle nostre vite e, armato, nel caso, di frusta, scacci da esse gli idoli a cui così facilmente ci prostriamo in adorazione.

I testi che la liturgia di questa 3ª Domenica di Quaresima propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Esodo, cap. 20,1-17; Salmo 19; 1ª Lettera ai Corinzi, cap 1,22-25; Vangelo di Giovanni, cap. 2,13-25.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e Chiese cristiane.

Oggi facciamo memoria di Gerasimo del Giordano, anacoreta del V secolo. Ricordiamo anche la figura di Alexander Campbell, co-fondatore del Movimento di Restaurazione, che, sorto negli Stati Uniti, all’inizio dell’Ottocento, per iniziativa di alcuni pastori di diverse denominazioni cristiane, intese favorire, senza troppo successo, il ritorno a un’unica chiesa, sulle orme della primitiva comunità apostolica, dando origine a due gruppi diversi, le Chiese di Cristo e le Chiese cristiane (Discepoli di Cristo). Da queste ultime, durante il secolo scorso, un gruppo consistente di congregazioni si separò, dando vita alle Chiese cristiane e Chiese di Cristo, di orientamento più conservatore. Superfluo aggiungere che questa memoria prende spunto dalla fraterna amicizia che ci lega al Pr. Raimundo Aires, della Chiesa di Cristo di Goiás.

Gerasimo era nato in Licia (sulla costa meridionale dell’attuale Turchia), probabilmente verso la fine del IV secolo. Dopo essere entrato in monastero giovanissimo, l’ardente desiderio di darsi tutto a Dio, lo portò a compiere la scelta di una vita eremitica. Dopo aver trascorso un periodo nei deserti della sua regione natale, si trasferì in Palestina, dove, influenzato dal vescovo Teodosio, che si era impadronito della sede episcopale di Gerusalemme, aderì, con molti altri monaci, all’eresia monofisita eutichiana, condannata dal Concilio di Calcedonia (451). Tuttavia, dopo aver incontrato nel deserto di Rouba, nei pressi del Mar Morto, il santo anacoreta Eutimio, si rese conto del suo errore e tornò alla fede ortodossa. Stabilitosi poi sulle rive del Giordano, nei pressi di Gerico, per vivere lì come anacoreta, fu raggiunto ben presto da un numeroso stuolo di discepoli. Fondò allora un monastero che comprendeva anche una settantina di eremi disseminati nel deserto circostante, provvedendo loro una regola di vita assai severa. I monaci dividevano il loro tempo tra preghiera e lavoro manuale. Consumavano una sola refezione a base di pane, datteri e acqua. Solo il sabato e la domenica, quando si riunivano per partecipare alle funzioni religiose, era permesso loro di consumare cibi cotti e bere poco vino. Osservavano il silenzio più assoluto, dormivano su letti di giunco in celle che non venivano mai riscaldate. La tradizione fissa la morte di Gerasimo il 5 marzo 475. La Chiesa ortodossa ne celebra, però, la memoria il 4 marzo.

Alexander Campbell era nato nella Contea di Antrim (Irlanda), il 12 settembre 1788. Il padre, Thomas, di origine scozzese, era pastore presbiteriano; la madre, Jane Corneigle, discendeva da una famiglia ugonotta, fuggita dalla Francia per sottrarsi alle persecuzioni. Nel 1809 Alexander, con la famiglia, raggiunse il padre che due anni prima si era trasferito in America, per svolgere colà il suo ministero. A partire da allora padre e figlio lavorarono assiduamente, combattendo il settarismo che allignava nelle chiese protestanti e sognando un esodo in massa di fedeli dalle diverse chiese evangeliche allo scopo di formare un solo corpo, la Chiesa del Nuovo Testamento, sulla base della verità della Bibbia come unica autorità in materia di fede e di pratica cristiana. Compagne fedeli e instancabili di questa sua ricerca furono le due mogli, Margaret Brown, che morì nel 1827, e Selina Bakewell, sposata nel 1828, che morirà nel 1897. Alexander Campbell morì il 4 marzo 1866 a Bethany, nel West Virginia.

Prendendo spunto dalla memoria del monaco Gerasimo, vi offriamo, nel congedarci, la citazione di un suo contemporaneo, Marco l’Asceta, tratta dal suo scritto “A quelli che si credono giustificati” che troviamo nel Primo Volume della “Filocalia” (Gribaudi). E che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Se vuoi continuamente ricordarti di Dio, non respingere come ingiusto ciò che ti accade, ma sopportalo come qualcosa che giustamente viene su di te: la pazienza infatti tramite ogni evento suscita il ricordo. Ma il rifiuto degrada il sentire spirituale del cuore e, mediante il rilassamento, produce l’oblio. Se vuoi che i tuoi peccati siano ricoperti dal Signore, non manifestare agli uomini qualche virtù che tu abbia: perché ciò che noi facciamo per le virtù è quello che anche Dio fa per i peccati. Quando poi hai nascosto una virtù, non esaltarti come se tu avessi portato a compimento la giustizia. Perché giustizia non è soltanto nascondere il bene, ma anche non pensare nulla di ciò che è proibito. Non rallegrarti quando fai del bene a qualcuno, ma quando sopporti senza rancore la contraddizione che ne segue. Perché come le notti seguono ai giorni, così i mali seguono le buone azioni. La vanagloria, la cupidigia e la voluttà non permettono che una buona azione resti senza macchie, a meno che prima esse non cadano grazie al timore di Dio. Nei dolori che non abbiamo cercato sta nascosta la misericordia di Dio, che attira chi sopporta verso la penitenza e lo libera dal castigo eterno. Alcuni, mettendo in opera i comandamenti, si aspettano di metterli sulla bilancia per far da contrappeso ai peccati; altri invece si rendono con essi propizio colui che è morto per i nostri peccati. C’è forse da chiedersi chi di costoro abbia un retto sentire? (Marco l’Asceta, A quelli che si credono giustificati).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 04 Marzo 2018ultima modifica: 2018-03-04T22:19:55+01:00da fraternidade
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