Giorno per giorno – 06 Ottobre 2017

Carissimi,
“Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi” (Lc 10, 13-14). Stasera, nella chiesetta dell’Aparecida, ci dicevamo che questo lamento di Gesù potrebbe essere ben applicato anche alle nostre città, al nostro Paese. E non solo. Convinti di aver la salvezzza in tasca, per via di una qualche professione di fede (simili in questo a molti contemporanei di Gesù, ma anche ai seguaci delle più diverse religioni, che finiscono per fare mercato e rivendicare il monopolio della stessa), finiamo anche noi nel mirino del desolato sfogo del Maestro. A cui interessa non la rivendicata identità religiosa o l’appartenenza confessionale, ma il riconoscersi lontani da quel progetto di amore fraterno, che chi ha fede afferma essere di Dio, e decidere di porre rimedio, convertendosi ad esso. “E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!” (v. 15). In realtà, ci siamo già precipitati, non per un qualche castigo divino, ma per il mistero di iniquità di cui ci siamo fatti e ci rendiamo complici, col nostro rifiuto ad arrenderci ai pressanti appelli che salgono a noi dalle vittime di questa società che fomenta (e globalizza) lo sfruttamento, l’impoverimento, l’emarginazione dei più, in pro della rapina e dell’arricchimento di sempre più ristrette fasce di privilegiati. Fino a quando Gesù dovrà rilanciare (anche a noi?) questo rimprovero, chiedendoci scelte chiare, decisioni pronte, stili di vita conseguenti?

Oggi è memoria di Bruno di Colonia, monaco fondatore della Certosa, e di William Tyndale, riformatore e martire.

Nato, nel 1030, a Colonia (nell’attuale Germania), in una nobile famiglia, Bruno di Hartenfaust, una volta ordinato sacerdote, si dedicò per venticinque anni all’insegnamento della Teologia, nell’archidiocesi di Reims. A cinquantaquattro anni, dopo un ritiro nell’abbazia di Molesmes, in Francia, decise, con sei compagni, di darsi alla vita eremitica nella regione allora disabitata della Chartreuse. Abitando in piccole abitazioni individuali, i monaci presero a vivere un’esistenza austera, silenziosa e laboriosa, riunendosi solo per pregare insieme l’Ufficio Divino. Nacque così l’Ordine dei Certosini. Quattro anni più tardi, il papa Urbano II, suo antico allievo, lo volle a Roma come suo consigliere, per dar mano alla riforma della Chiesa. Ma l’atmosfera che si respirava alla corte pontificia e i crescenti dissidi tra il papa e l’imperatore non dovettero piacere granché all’austero monaco, che nel 1092, preferì tornare alla sua vita, recandosi questa volta in Calabria, dove fondò l’eremo di Serra, nei pressi di Squillace. Lì morì il 6 ottobre dell’anno 1101.

William Tyndale era nato nel 1493 nella contea di Gloucester. Poco si sa della sua giovinezza, salvo il fatto che studiò ad Oxford e a Cambridge. Divenuto prete, subì presto l’influenza delle idee riformatrici di John Wycliff, che sosteneva la necessità per la gente comune di riappropriarsi della Bibbia. Per fronteggiare questa “minaccia”, da oltre un secolo, nel 1408, era stata approvata una legge che proibiva ogni traduzione della Bibbia in inglese e comminava la scomunica a chiunque si azzardasse a leggere la Sacra Scrittura. Sorpreso per l’ignoranza che caratterizzava gran parte del clero, Tyndale dichiarò un giorno ad uno dei suoi colleghi: “Se Dio mi darà vita a sufficienza, farò sì che un qualunque popolano arrivi a conoscere la Bibbia più di voi”. Fino ad allora, l’unica traduzione disponibile della Bibbia era quella manoscritta da Wycliffe, distribuita clandestinamente dai Lollardi. Basata sulla Vulgata latina e non sui testi originali ebraici e greci, era tuttavia piuttosto approssimativa. Tyndale chiese allora al Vescovo di Londra, Cuthbert Tunstall, il permesso di intraprenderne una nuova. Ma, invano. Deluso, nel 1524, lasciò il Paese, recandosi ad Amburgo, dove si dedicò a tempo pieno a quello che ormai considerava il compito della sua vita. Scoperto e denunciato, fuggì a Worms, dove riuscì a dare alle stampe e ad inviare in Inghilterra la prima edizione della traduzione del Nuovo Testamento in lingua corrente. Era il 1526. Il vescovo Tunstall non gradì e ordinò di bruciare nella pubblica piazza tutte le copie sequestrate. Trasferitosi ad Anversa, dove contava di essere piú al sicuro, Tyndale pubblicò nel 1530 il Pentateuco e la seconda edizione del Nuovo Testamento. Sfortunatamente, nel maggio del 1535, tradito da un suo connazionale di nome Henry Phillips, fu arrestato e rinchiuso nella prigione di Vilvoorde, nei pressi di Bruxelles. Processato da un tribunale della Chiesa d’Inghilterra, che Enrico VIII aveva da poco reso indipendente da Roma, Tyndale fu condannato a morte. Prima di essere strangolato e poi bruciato, in piazza a Bruxelles, il 6 ottobre 1536, gridò: “Signore, apri gli occhi del Re d’Inghilterra!”. E l’anno successivo, di fatto, Enrico VIII avrebbe concesso la sua approvazione alla traduzione e alla diffusione della Bibbia di Tyndale.

Bene, i testi che la liturgia propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Baruc, cap. 1, 15-22; Salmo 79; Vangelo di Luca, cap. 10, 13-16.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli della Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

È tutto, per stasera. Noi ci congeda, lasciandovi alla lettura di un brano di Dom André Louf, tratto da un suo opuscolo, dal titolo “San Bruno”, redatto nel 2001 per il nono centanario della morte del santo. Lo troviamo nel sito San Bruno e i certosini. Cammini di contemplazione ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Bruno solleva un angolo del velo che copre il metodo pedagogico che lo Spirito Santo usa, in un passo della sua lettera ai suoi fratelli di Chartreuse, dove egli si rivolge più particolarmente al gruppo dei fratelli conversi della comunità, per molto tempo costituito da laici analfabeti, e dunque privati abitualmente della lettura delle Scritture, che Bruno peraltro ha in grande considerazione. Ma ciò non ha importanza! Anche se questi fratelli ignorano le lettere, ricevono un insegnamento interiore, che è loro dispensato direttamente dallo Spirito, in vista di una saggezza alla quale i più sapienti monaci del chiostro non avranno niente da invidiare. Vale la pena citare questo testo, che forse è l’unico dell’epoca dedicato allo stato dei fratelli conversi: “Quanto a voi, miei carissimi fratelli laici, (…) mi rallegro anch’io, poiché, sebbene siate illetterati, Dio onnipotente scrive con il suo dito nei vostri cuori non solo l’amore, ma anche la conoscenza della sua santa legge. Con le opere, infatti, dimostrate quel che amate e conoscete. Poiché praticate con la massima cura e con il massimo zelo la vera obbedienza, che è l’adempimento dei comandamenti di Dio, la chiave e il sigillo di tutta l’osservanza spirituale; essa non può mai esistere senza una profonda umiltà e una grande pazienza, ed è sempre accompagnata da una casto amore per il Signore e da una carità autentica. È perciò evidente che voi raccogliete con saggezza il frutto soavissimo e vivificante delle divine Scritture”. Questo testo è di notevole valore: in una vita contemplativa correttamente condotta, l’insegnamento interiore dello Spirito Santo può sostituirsi a quello attinto dalla lettura, anche dalla lectio delle Scritture. (Dom André Louf, San Bruno).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 06 Ottobre 2017ultima modifica: 2017-10-06T22:10:16+02:00da fraternidade
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