Giorno per giorno – 19 Settembre 2017

Carissimi,
“Ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: Non piangere! E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: Giovinetto, dico a te, alzati! Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare. Ed egli lo diede alla madre” (Lc 7, 12-15). C’è una maniera ingenua di leggere il vangelo (e in genere i testi sacri), che poi è una maniera di immunizzarcene, ed è quella di leggerlo come il resoconto di un avvenimento, situato nel passato, ad una ragguardevole distanza, in modo tale da suscitare, via via, ammirazione, compassione, devozione, senza mai metterci però in questione. Così, anche stasera, quando ci si è ritrovati in monastero, insieme alle comunità del bairro, per celebrare il mese della Bibbia e fare festa insieme, la tentazione, nell’ascoltare il brano evangelico di oggi, è stata di chiederci cosa fosse successo davvero quel giorno alle porte della città di Nain, se il ragazzo fosse morto o se si trattasse, chissà, di un caso di morte apparente o anche, per i più diffidenti, se non fosse successo proprio niente. Ora, di vero, c’è il racconto. Che ci vuol proporre un insegnamento. E nel racconto ci sono questi due cortei, uno che accompagna un morto, figlio unico di madre vedova, l’altro che segue il datore di vita. Sono le due possibili vocazioni di una società, di ogni chiesa, di ciascuno di noi. Quella di rassegnarci ad una esistenza vedova del significato di Dio (il dono, il servizio, la cura dell’altro), che produce necessariamente morte, di alcuni più degli altri, di alcuni prima degli altri, ma alla fine di tutti, o se scegliere il partito della vita, di farci strumenti di risurrezione, per chi è già morto (anche solo [in]civilmente), o in procinto di morire, senza voce, diritti, dignità. Che cosa annuncia la nostra chiesa, che cosa testimonia la nostra comunità, che tipo di società stiamo costruendo, o permettiamo che sia costruita con la nostra indifferenza: spazio di vita e vita piena per tutti, o fabbrica di morte?

Il nostro calendario ecumenico ci porta oggi le memorie di Yolanda Céron, religiosa martire della giustizia e della solidarietà in Colombia, e di Al-‘Arabī ad-Darqāwī, mistico musulmano.

Yolanda Cerón era una religiosa della Congregazione della Compagnia di Maria. Era nata a Berruecos Nariño, e portava avanti da anni un’azione sistematica di denuncia della grave situazione dei diritti umani a Tumaco e dintorni (Dipartimento di Nariño, nel sudovest colombiano), sollecitando l’intervento di autorità locali, nazionali e internazionali perché si ponesse fine ad essa. Da otto anni era al servizio delle comunità indigene e afrocolombiane. A mezzogiorno del 19 settembre 2001, suor Yolanda fu uccisa con otto spari sulla porta della chiesa di Nostra Signora della Mercede. Il vescovo della città dichiarò: “Vediamo chiaramente che questo assassinio è una risposta alle azioni che la Diocesi ha intrapreso per la difesa dei diritti umani e le denunce per gli atti di violenza e di corruzione che quotidianamente si succedono in questa nostra terra”.

Lo sheikh Al-‘Arabī ad-Darqāwī nacque verso la metà del 18° secolo in un villaggio nei pressi di Fez, in Marocco. Poco più che ventenne incontrò colui che sarebbe divenuto il suo maestro spirituale, al-‘Imrâni al-Hassanî, noto come Sidi Ali al-Jamal, che, sconosciuto ai più, era tuttavia uno dei grandi punti di riferimento della confraternita shadhili nel Maghreb. Alla morte del maestro, Darqāwī gli succedette alla guida dell’ordine, che sarebbe arrivato a contare fino a quarantamila membri, sparsi in tutta l’Africa settentrionale. Per venticinque anni ad-Darqāwī e la sua famiglia vissero alla giornata, senza mai accantonare nessuna provvista per il giorno successivo, ma affidandosi senza riserve alla provvidenza di Dio, non diversamente dagli uccelli del cielo del detto evangelico. La sua fama e popolarità raggiunsero tali dimensioni che i governanti, impauriti, arrivarono ad imprigionarlo. Egli stesso racconta che un giorno, ad un discepolo che si lamentava con lui della persecuzione di cui era fatto oggetto, disse: Se desideri eliminare colui che ti opprime, uccidi il tuo io, perché, uccidendolo, eliminerai tutti i tuoi oppressori. Darqāwī morì nel 1823 nel villaggio di Bu Barih, sulle montagne a nord di Fez. La sua tomba è ancor oggi visitata da moltissimi pellegrini ed ogni anno vi si tiene una grande festa di ringraziamento.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1ª Lettera a Timoteo, cap. 3, 1-13; Salmo 101; Vangelo di Luca, cap.7, 11-17.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura una pagina di Al-‘Arabī ad-Darqāwī, tratta dal suo “Lettere di un maestro sufi” (SE). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Quando il servo conosce il suo Signore, tutte le creature lo riconoscono e tutte le cose gli obbediscono. Ma Dio ne sa infinitamente di più. L’illustre sheikh nostro maestro – Iddio sia soddisfatto di lui – diceva: “Quando il tuo cuore si svuota degli esseri, si colma dell’Essere, e così può nascere l’amore tra te e tutti gli altri esseri creati. Se agisci in modo puro verso il tuo Creatore, tutte le creature ti manifesteranno la loro benevolenza”. E noi diremo: quando sei sincero nella contemplazione del tuo Signore, Egli ti metterà alla prova rivelandosi a te in tutti gli aspetti, e se allora non lo ignorerai e lo riconoscerai, l’universo con tutto ciò che esso contiene ti riconoscerà, ti amerà, ti manifesterà venerazione e generosità; aderirà a te, ti obbedirà e ti desidererà; si rallegrerà al tuo ricordo, ti mostrerà la sua sollecitudine, si glorificherà in te, accorrerà a te e ti chiamerà; vedrai tutto ciò coi tuoi occhi. Ma se ignori Dio quando si manifesta a te, parimenti ogni cosa ti ignorerá, ti negherà, t’umilierà, ti disprezzerà; ti sminuirà, ti renderà più spregevole, peggiore, più greve, più distante; t’ingiurierà, ti fuggirà, s’opporrà a te e ti vincerà. Se vuoi, o faqîr, che il tuo vento domini ogni altro vento e ogni avversario, rimani saldo nella contemplazione del tuo Signore nel momento in cui ti mette alla prova, poiché Egli muterà la tua ignoranza in conoscenza, la tua debolezza in forza, la tua impotenza in potenza, la tua indigenza in indipendenza, il tuo abbassamento in gloria, il tuo vuoto in pienezza, la tua solitudine in intimità, il tuo allontanamento in prossimità; o potremmo anche dire che Dio – sia lode a Lui! – ricoprirà le tue qualità con le sue, poiché Dio è generoso e dispensatore di grazie immense. Salute a te. (Al-‘Arabī ad-Darqāwī, Lettere di un maestro sufi).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 19 Settembre 2017ultima modifica: 2017-09-19T22:07:56+02:00da fraternidade
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