Giorno per giorno – 07 Giugno 2017

Carissimi,
“A riguardo dei morti che devono risorgere, non avete letto nel libro di Mosè, a proposito del roveto, come Dio gli parlò dicendo: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e di Giacobbe? Non è un Dio dei morti ma dei viventi! Voi siete in grande errore” (Mc 12, 26-27). Gesù ne ha proprio per tutti: farisei, sadducei, sacerdoti, dottori della Legge, e quant’altri. Compresi noi. Questa volta, risponde per le rime a un gruppetto di sadducei, un partito religioso che riuniva i ceti ricchi della società, latifondisti, grossi mercanti, alte gerarchie sacerdotali e i loro sostenitori. I quali, soddisfatti di quanto potevano godere già qui ed ora, non credevano alla dottrina della risurrezione, sostenuta invece dai farisei, loro rivali. Gesù, dal canto suo, smentisce che tale credenza sia frutto, come si vorrebbe da molti, di una per altro umanissima esigenza di risarcimento per un’esistenza fallita, essa è invece un’esigenza di Dio, del suo amore di padre che non accetta di essere privato di nessuno dei suoi figli e figlie, che conosce tutti per nome. E dove la morte tenta di strapparglieli, egli li risusciterà, inevitabilmente, non in un indistinto spirito, ma ciascuno nella sua individualità e nella sua storia, Dio di vivi e non di morti. Sottraendo la nostra vita alla paura della fine e all’angoscia della morte e rivelandoci il valore che Dio attribuisce ad ognuno dei suoi figli e figlie, a cui si dona indistintamente, Gesù ci libera dalla frenesia di viverla accumulando per noi e i nostri e asservendo gli altri ai nostri interessi e ci guida sui suoi passi a spenderci come strumento di benedizione per tutti. Che è, poi, già vivere la vita di Dio.

Il nostro calendario ci porta oggi la memoria di Matt Talbot, il santo [ex]-bevitore.

Nato il 2 maggio 1856, a Dublino (Irlanda), secondo dei dodici figli di Charles e Elisabeth Talbot, Matt aveva trascorso la sua infanzia nella totale mancanza di sicurezza e di stabilità. Mai aveva frequentato regolarmente una scuola. A dodici anni trovò lavoro in un deposito di imbottigliamento di vino e fu qui che cominciò a bere smodatamente. Una sera, all’età di vent’otto anni, per strada s’imbatté in un prete, pensò tra sé: forse è il momento di smettere, almeno per un po’. Si confessò e promise di non bere per tre mesi. Molte volte sentì che non sarebbe riuscito a mantenere quella promessa, eppure dopo un anno rinnovò l’impegno di non bere mai più neppure una goccia di alcool. E furono 41 anni. Con l´aiuto del suo amico prete, modellò la sua vita su quella dei monaci irlandesi del VI e VII secolo: un rigoroso programma di lavoro manuale, preghiera (con al centro l’eucaristia), digiuno e carità. Distribuiva la maggior parte del suo salario ai poveri e, nello stesso tempo, era profondamente consapevole delle giuste lotte e rivendicazioni dei suoi compagni di lavoro. A questi e ai suoi vicini presentò sempre l’immagine amichevole di un uomo sorridente, realizzato e felice. Matt Talbot morì d’infarto il 7 giugno 1925. Dopo la morte, la sua fama di santità si diffuse rapidamente. Paolo VI lo dichiarò venerabile nel 1975.

I testi che la liturgia propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Tobia, cap. 3, 1-11. 16-17; Salmo 25; Vangelo di Marco, cap.12,18-27.

La preghiera del mercoledì è in comunione con gli operatori di pace e di giustizia, presenti in ogni cammino, religioso e non.

Non abbiamo, quanto meno sottomano, scritti di Matt Talbot. Scegliamo allora di congedarci con la pagina di una donna che ha scelto, per molti anni, come religiosa di una congregazione atipica – le Domenicane di Betania -, di accogliere e vivere fianco a fianco con quanti hanno conosciuto l’esperienza dell’emarginazione, la sofferenza, la difficoltà del vivere e il lento, doloroso e gioioso riscatto. È la testimonianza di Emanuelle-Marie, raccontata nel libro “Tutti contro meno Dio. L’utopia di Betania” (Edizioni Gruppo Abele), che ci è già capitato di citare in passato. Lo facciamo anche oggi con questo brano che è, così, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Se hai cercato nell’alcool o nella droga una fuga dal dolore o un’evasione, ti capiterà forse ancora di ricadere qualche volta, anche se sei già suora, finché avvertirai che non puoi trovare la tua pienezza nel fuggire dalla realtà. Che anzi le tue paure e la confusione che cerchi di negare e di mascherare di fronte a te stessa, non fanno che crescere ogni volta di più. Ma ogni sconfitta è una nuova occasione per rinascere. La tua voglia di vivere, di riuscire, di essere più forte, più grande, più in gamba, troverà il suo appagamento non nell’inganno della sostanza, bensì nel lasciare crescere il tuo vero essere. L’interiorità ti porterà alla scoperta di quel rapporto intenso con lo Spirito di Dio che si realizza in un rapporto vero con gli altri fondato sulla preghiera. La vita di comunità ti aiuterà a sapere aspettare, ti farà camminare al passo della pazienza di Dio, piuttosto che al ritmo frenetico della tua fretta di godere e di fuggire. E ben presto sarai rapita non più dalle vibrazioni dei tuoi nervi, ma dallo splendore del vero amore. Una suora di Betania per un lungo tempo aveva fatto uso di droga, poi era diventata alcolizzata. Per anni, benché già suora, ogni tanto la si trovava ubriaca fradicia per terra. La comunità raddoppiava l’amore per lei, ma lei non riusciva a smettere del tutto. Finché un bel giorno, nella festa di S. Caterina da Siena (una domenicana che trovava la sua pienezza nell’amore di Gesù e dei fratelli più poveri) ebbe una illuminazione: questa voglia di fuggire, questo senso di sconfitta che cercava di ingannare con l’illusione dell’alcool, questi problemi che le schiacciavano l’anima e che cercava di eliminare con la siringa, tutto ciò non era la paura della croce? Non erano quel calvario che Gesù aveva accettato di percorrere per amore suo? Fu come se per la prima volta avesse letto dentro di se stessa la verità: da quel giorno non beve più né più “si buca” e quando suonano alla porta del convento donne alcolizzate, attirate da chi sa quale invisibile calamita, la priora le manda a lavorare con lei per un po’ di tempo e ne escono trasformate! (Emanuelle-Marie, Tutti contro meno Dio. L’utopia di Betania”).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 07 Giugno 2017ultima modifica: 2017-06-07T23:01:05+02:00da fraternidade
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