Giorno per giorno – 06 Marzo 2017

Carissimi,
“In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40). Non fatto a chiunque, ma a questi “più piccoli”, che avevano fame, sete, erano stranieri, nudi, malati, prigionieri. Loro sono Lui, loro sono il Re, Dio: come fanno cosí tanti che si dicono cristiani a dimenticarlo? È su questo che saremo, anzi, siamo giudicati ad ogni momento. Su ciò che abbiamo concretamente fatto o omesso di fare in relazione a questi ultimi, che è la misura ultima, la verifica decisiva, del nostro amore per Dio. Il quale se ne fa un baffo dei nostri culti, devozioni, pellegrinaggi, digiuni e mortificazioni, se non servono a convertire il nostro cuore, il nostro sguardo e il nostro agire ai suoi, da sempre volti a riscattare, liberare, salvare chi ne è colpito, da ogni forma di male. Noi siamo salvati salvando. Risorgiamo, facendo risorgere. Riviviamo la vita di Dio, uscendo dalla nostra condizione di peccato, che ci vede complici di un sistema di morte, facendo rivivere quanti sono crocifissi con Lui, che si è identificato con loro. E soltanto con loro. Ogni altra cosa e persona solo in seconda battuta. Lo stesso pane dell’Eucaristia, di cui è detto: frutto della terra e del lavoro dell’uomo, ma si potrebbe aggiungere “e dello sfruttamento dell’uomo”. Quante morti è costato il cibo che ci giunge sulle tavole e perciò anche sulla mensa eucaristica? Ebbene, in tutte quelle morti, determinate da un processo lavorativo che doveva essere di benedizione per tutti, ed è divenuto invece di maledizione, di separazione, contrapposizione, ingiustizia, è presente il corpo in vario modo martoriato del Signore, che ci sta nondimeno alimentando, chiedendoci di impegnarci a cambiare questo ordine di cose. Per questo celebriamo l’Eucaristia. Perché, usciti di chiesa, apriamo gli occhi su chi ha fame, sete, è senza protezione, è insomma gettato ai margini della vita, ferito nell’anima e nel corpo, chiunque egli sia, quanto più altro da noi, dalla nostra cerchia ristretta di famiglia, patria, religione, tanto più a ragione, perché, diversamente, sarebbe come pagani, e non come il Dio di Gesù. Ce n’è da riflettere in questi giorni di Quaresima, per arrivare a celebrare e vivere la Pasqua!

Il calendario ci porta oggi le memorie di Martin Niemoeller, pastore della Chiesa Confessante, e Jean-Pierre de Caussade, mistico e maestro spirituale.

Martin Niemoeller era nato il 14 gennaio 1892 a Lippstadt, in Germania, dalla famiglia di un pastore evangelico. Durante la Prima Guerra Mondiale comandò un sommergibile della Marina tedesca. Anticomunista, aveva appoggiato inizialmente l’ascesa al potere di Hitler. Almeno fino a quando non si rese conto, nel 1934, del pericolo che il nazismo rappresentava per la vita e la testimonianza della Chiesa. Fu questo che portò lui e altri 2500 pastori luterani a firmare la Dichiarazione di Barmen con cui si denunciava il processo di progressiva identificazione della chiesa con lo Stato nazionalsocialista, voluto dal movimento razzista e antisemita dei Deutschen Christen, che presto conquistò la maggioranza dei consensi in seno alle chiese evangeliche. Costoro sognavano l’alleanza tra croce uncinata e croce cristiana, dichiaravano Hitler l’unto del Signore, investito di una missione divina per risollevare le sorti della Germania, pretendevano che potessero accedere all’ufficio di pastori solo gli appartenenti alla razza ariana e imponevano il giuramento di fedeltà a Hitler. In reazione alla Chiesa del Reich, nacque, per iniziativa di Niemoeller la Lega d’emergenza dei pastori e, successivamente, con Karl Barth e Dietrich Bonhoeffer, la Chiesa confessante con il compito salvare il messaggio cristiano dall’ideologia paganeggiante del nazismo. Una predica su questi temi, tenuta da Niemoeller nella chiesa di Dahlem, il 5 marzo 1935, provocò l’arresto di oltre settecento pastori evangelici. Il 1° luglio 1937 fu la volta di Niemoeller. Processato l’anno seguente e condannato a sette mesi di prigione, dopo il suo rilascio, fu nuovamente arrestato per ordine personale di Hitler. Confinato a Sachsenhausen e poi a Dachau, vi restò fino alla Liberazione nel 1945. Dopo la Guerra, Martin Niemoeller fu eletto Presidente delle chiese protestanti e, nel 1961, presidente del Consiglio mondiale delle Chiese. La sua lotta a favore del disarmo, la difesa di una posizione neutrale tra le due Germania, la sua lotta per la pace, gli valsero l’ostracismo da parte di molti politici occidentali. Niemoeller continuò imperturbabile a servire l’Evangelo della Pace fino alla fine dei suoi giorni. Confessò che la chiave della sua visione etica consisteva nel chiedersi in ogni situazione: Cosa farebbe Gesù al mio posto? Morì il 6 marzo 1984.

Non sappiamo molto di Jean-Pierre de Caussade, salvo il fatto che nacque nel 1671 e che entrò nella Compagnia di Gesù, a Tolosa, nel 1693. Svolse il suo ministero in compiti relativamente insignificanti. Per un anno fu direttore spirituale delle Suore della Visitazione, a cui indirizzò una serie di lettere, che in seguito furono raccolte nel testo “Abbandono alla Divina Provvidenza”, in cui de Caussade sottolinea l’importanza del sacramento del momento presente: incontrare Dio negli avvenimenti più umili del nostro quotidiano. Morì il 6 marzo 1751.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro del Levitico, cap.19, 1-2. 11-18; Salmo 19B; Vangelo di Matteo, cap. 25, 31-46.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le religioni del subcontinente indiano: Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

È tutto, per stasera. E noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un passo del libro “Abbandono alla Divina Provvidenza” di Jean-Pierre de Caussade. Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
C’è un tempo in cui l’anima vive in Dio e ce n’è uno nel quale Dio vive nell’anima. Quello che è proprio a uno di questi tempi, è contrario all’altro. Quando Dio vive nell’anima, questa deve abbandonarsi totalmente alla sua provvidenza; quando l’anima vive in Dio, essa si munisce con cura e con regolarità di tutti i mezzi che ritiene in grado di condurla a questa unione. Tutti i suoi pensieri, le sue letture, i suoi programmi, le sue revisioni, sono fissati; è come se avesse una guida al fianco da cui tutto è regolato, perfino il tempo di parlare. Quando Dio vive nell’anima, essa non ha più niente che le venga da se stessa. Non ha che quello che le dà, in ogni momento, il principio che la sorregge: nessuna provvista, non più vie tracciate; è come un bambino che viene condotto dove si vuole e che ha solo il sentimento per distinguere le cose che gli si presentano. Non ci sono più libri indicati per quest’anima; molto spesso essa è priva di un direttore fisso e Dio la lascia senz’altro appoggio che lui solo. La sua dimora è nelle tenebre, nell’oblio, nell’abbandono, nella morte e nel nulla. Sente i suoi bisogni e le sue miserie senza sapere da dove né quando le verrà il soccorso. Attende in pace e senza inquietudine che venga chi l’assisterà, i suoi occhi guardano soltanto il cielo. […] Tutto quello che le altre anime trovano con la loro iniziativa, quest’anima lo riceve nel suo abbandono, e ciò che le altre conservano con precauzione per ritrovarlo al momento opportuno, quest’anima lo riceve al momento del bisogno e poi lo abbandona, non volendo possedere se non quello che Dio vuol concederle, per non vivere che per mezzo di lui. Le altre intraprendono per la gloria di Dio un’infinità di cose; questa spesso è in un angolo della terra come un coccio di vaso rotto da cui non si può più trarre alcuna utilità. Lì quest’anima abbandonata dalle creature, ma nel godimento di Dio attraverso un amore autentico, intenso e molto attivo benche infuso nel riposo, non si rivolge a nessuna cosa per impulso proprio. Non sa far altro che abbandonarsi e mettersi nelle mani di Dio per servirlo nel modo che lui sa; spesso ignora a che possa servire, ma lo sa bene Dio. Gli uomini la credono inutile e le apparenze favoriscono questo giudizio; ma non è meno vero che, attraverso risorse segrete e canali sconosciuti, essa spande un’infinità di grazie su molte persone che spesso non se ne rendono conto e alle quali lei stessa non pensa. (Jean-Pierre de Caussade, Abbandono alla Divina Provvidenza).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 06 Marzo 2017ultima modifica: 2017-03-06T22:04:42+01:00da fraternidade
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