Giorno per giorno – 15 Gennaio 2017

Carissimi,
“Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me” (Gv 1, 29-31). Stamattina, durante l’Eucaristia, ci è venuto di pensare che per toglierlo, il male, bisogna portarlo, caricarlo su di sé, sopportarne il peso e le conseguenze. Non c’è bacchetta magica che ne esima. Ed è proprio ciò che ha fatto Gesù. Il figlio di Dio. Dio stesso. E non poteva essere che Lui (per primo), perché nella lotta contro il male noi siamo impari. Noi, ci si riesce, se e quando Lui ci abilita, quando cioè, lasciamo operare in noi il suo Spirito. Ed accade quando ci mettiamo al seguito dell’uomo che viene “prima” di ogni altro, prima di ogni divisione e differenziazione, di sesso, etnia, cultura, religione, e che, ogni diversità, la riconduce, senza annullarla, ma valorizzandola, sotto il segno dell’Unico, figlio di Dio. La chiesa ci addita il Cristo, ma non può farne elemento di contrapposizione, perché ne farebbe il dio di una parte, un idolo, in definitiva, e non la verità che viene prima, che tutto e tutti riassume, accoglie, abbraccia, ama e a cui, misteriosamente e singolarmente, si dona. La vera chiesa di Cristo è la chiesa che segue Gesù in questo comunicarsi, nell’umiltà e nel nascondimento, come dono a tutti. Così, e solo così, è in grado di togliere con Lui, portandolo su di sé, il male, il peccato del mondo, che consiste nel rendersi funzionale al dominio, alla divisione, all’oppressione, alla morte. In tutte le sue forme.

I testi che la liturgia di questa 2ª Domenica del Tempo Comune propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Isaia, cap.49, 3.5-6; Salmo 40; 1ª Lettera ai Corinzi, cap.1, 1-3; Vangelo di Giovanni, cap.1,29-34.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

Oggi è memoria di don Zeno Saltini, profeta di una società fraterna, e di Olivier Clément, teologo ortodosso e testimone di ecumenismo.

Zeno Saltini era nato, nono di dodici fratelli, il il 30 agosto 1900, a Fossoli di Carpi (Mo). A quattordici anni, lasciati gli studi, scelse di lavorare nei poderi della famiglia, entrando così in contatto con la dura realtà dei braccianti. Dopo il servizio militare, l’intenzione di difendere come avvocato coloro che non potevano pagarsi un difensore, lo portò a laurearsi in legge, e poi a decidere di farsi prete, per cercare piuttosto di prevenire che ci fossero quelli che finiscono in galera. Quando, nel 1931, celebrò la sua prima messa, adottò come figlio un ragazzo di 17 anni appena uscito dal carcere. Sarà il primo di molti. Dieci anni dopo, una ragazza fuggita di casa accettò di diventare la mamma “di vocazione” dei più piccoli tra gli ospiti di quella strano prete. Anche lei seguita da molte altre. Alla fine della seconda guerra mondiale (durante la quale molti componenti integrarono le file della resistenza antinazista), occupato il campo di concentramento di Fossoli, vicino a Carpi, don Zeno e i suoi costruirono la loro città. Accanto alle famiglie di mamme di vocazione si formarono le prime famiglie di sposi, che chiesero a don Zeno di accogliere i figli abbandonati, decisi ad amarli come quelli che sarebbero nati dal loro matrimonio. Nacque così Nomadelfia, che significa “Dove la fraternità è legge”. Le pressioni politiche dei partiti di destra e la difficile situazione economica degli anni che seguirono portarono al tentativo di “abolire” Nomadelfia. Il Sant’Ufficio ordinò a don Zeno di lasciare. Costretti ad abbandonare Fossoli, i nomadelfi si rifugiarono a Grosseto, in una grande tenuta da bonificare, frutto di una donazione. Per restare fedele alla sua famiglia, il prete chiese ed ottenne dal Papa, nel 1953, la rinuncia all’esercizio del sacerdozio. Anni più tardi, quando, nel 1961 i nomadelfi si diedero una nuova Costituzione come associazione civile, don Zeno chiese alla Santa Sede di riprendere l’esercizio del sacerdozio. Il 22 gennaio 1962 celebrò la sua “seconda prima messa”. Il papa, ricevendo i Nomadelfi, nell’agosto 1980, per una serata di festa, disse: “Se siamo chiamati ad essere figli di Dio e tra noi fratelli, allora la regola che si chiama Nomadelfia è un preavviso e un preannuncio di questo mondo futuro dove siamo chiamati tutti”. Qualche mese dopo, don Zeno, colpito da infarto, moriva a Nomadelfia. Era il 15 gennaio 1981.

Olivier Clément nacque ad Aniane, in Llenguadoc (Francia), il 17 novembre 1921, e crebbe in una famiglia agnostica. Dopo gli studi all’Università di Montpellier, cominciò ad interessarsi alla storia del cristianesimo e alle chiese orientali. Più tardi, sotto l’influenza degli scritti di Berdiaev e di Looskij, del quale divenne allievo ed amico, si convertì al cristianesimo, chiedendo ed ottenendo di essere battezzato nella parrocchia francofona del Patriarcato di Mosca a Parigi. Insegnò per molto tempo storia al Lycée Louis-le-Grand a Parigi e fu professore all’Istituto di Teologia Ortodossa San Sergio, affermandosi come uno dei teologi più stimati dell’Oriente ortodosso e, certo, uno tra i più attenti agli interrogativi della modernità, cui cercò di rispondere con una riflessione insieme profonda e poetica, in una ripresa sempre creativa e innovatrice della tradizione. Dal 1967 al 1997, fu membro del comitato misto di dialogo teologico cattolico-ortodosso e degli incontri bilaterali fra ortodossi e protestanti. Negli ultimi decenni è stato interlocutore di grandi figure della vita delle chiese dell’ultimo secolo; tra gli altri: il Patriarca Atenagora di Costantinopoli, Giovanni Paolo II, il prete e teologo rumeno Dumitru Stăniloae, l’archimandrita Sofronio del monastero di Maldon (Gran Bretagna), Frère Roger Schutz di Taizé. Ma, più ancora, ha avuto un ruolo determinante e significativo nell’orientare e aiutare la ricerca di senso, il cammino di fede, il desiderio di dialogo, di molti altri. Clément si è spento a Parigi, il 15 gennaio 2009.

Stamattina, alcuni di noi sono andati col vescovo a Santa Fé de Goiás, per l’ingresso del nuovo parroco, padre Salvador, ed è stata l’occasione per, come si dice qui “matar a saudade”, visitando Rafael e famiglia – Laura, Anna Luisa, João Gabriel -, che dall’anno scorso abitano là. Cha salutano tutti quanti li conoscono e no.

È tutto, per stasera. E noi ci si congeda qui, proponendovi un brano del bel libretto di Olivier Clément “Il potere crocifisso. Vivere la fede in un mondo pluralista” (Qiqajon). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Il ruolo delle chiese, nell’elaborazione di una civiltà pluralista, è senza dubbio quello di convocare lo spirituale al cuore di tutte le forme di esistenza, come un fermento, un appello, un’ispirazione creatrice; evocarlo, proporlo, senza mai nulla imporre poiché “bisogna rendere a Dio ciò che è di Dio e a Cesare ciò che è di Cesare”. Così si approfondirà il pluralismo, fino a quella che un grande filosofo francese contemporaneo, Paul Ricoeur, di tradizione protestante, ha chiamato “una tolleranza senza scetticismo”. Una professione di fede trionfalistica e gridata ai quattro venti ha un qualcosa d’impudico. Una fede maturata attraverso la lunga, gioiosa, dolorosa esperienza di una vita si esprime anzitutto nel silenzio. O a mezza voce, o nello humour, nel paradosso, nella poesia. “Una lingua dolce spezza le ossa” (Pr 25,15) dice il sapiente. E permette di testimoniare senza ferire. Scrive Michel Serres: “Dio è il nostro pudore, e noi dobbiamo proteggerlo… Ciò che egli ha d’infinito, è la sua fragilità. Perciò può essere protetto solo in ciò che vi è di più nascosto in noi”. L’incontro con le grandi religioni, nello spirito di ricerca e di dialogo di un umanesimo aperto, permetterà forse l’avvento di un nuovo paradigma per una civiltà planetaria e nel contempo plurale. Per concludere vorrei citare monsignor Pierre Claverie, vescovo di Orano assassinato da alcuni integralisti: “Sono giunto alla convinzione che l’umanità è solo plurale e che quando pretendiamo… di possedere la verità, cadiamo nel totalitarismo e nella discriminazione… Si può accedere (alla verità) solo con un lungo cammino… raccogliendo qua e là nelle altre culture, negli altri tipi d’umanità ciò che anche gli altri hanno acquisito, hanno cercato nel loro particolare cammino verso la verità… Dio non lo si possiede, così come non si possiede la verità, e io ho bisogno della verità degli altri”. Proprio questa è la rivelazione ultima: Dio è “Mistero e Amore”, “Vita” e “Luce della Vita”. (Olivier Clement, Il potere crocifisso).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 15 Gennaio 2017ultima modifica: 2017-01-15T22:10:58+01:00da fraternidade
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