Carissimi,
“State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo” (Lc 21, 34-36). “Quel giorno” è ogni giorno e dipende da noi accettare di scoprirne il senso profondo o invece rinunciare a “leggerlo” e fuggire, fuggirci, sprofondando in “dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita”. Che, a prima vista almeno, ci evitano la visione salutarmente inquietante di Lui, il Figlio dell’uomo, il Crocifisso, e ci sottraggono al dramma della decisione. Ma, decisione, lo è comunque, anche se al ribasso. E noi, al cadere della sera, di ogni giorno e della vita, avremo solo subito ogni cosa, ogni avvenimento, e ci scopriremo incapaci di restare in piedi davanti a Lui, fatti una sola cosa con Lui. Per aver rifiutato il suo dono.
Oggi facciamo memoria di Paisij Veličkovskij, mistico e esicasta ortodosso.
I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Daniele, cap. 7,15-27; Salmo (da Dn 3); Vangelo di Luca, cap. 21,34-36.
La preghiera del sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.
Elenice e Emerson: la serata di oggi è stata tutta per loro. Prima, nella chiesa di santa Rita, dove Dom Eugenio ne ha benedetto le nozze, poi al Clube Consórcio, dove le famiglie dei due hanno offerto il rinfresco e i giovanissimi sposi hanno ricevuto i doni e le felicitazioni di parenti, amici e amiche. Elenice, come molti di voi ricorderanno, è stata per due anni coordinatrice della Comunità “Evangelho é Vida”. Da un anno è insegnante d’appoggio allla scuola del Lar São José. Emerson non lo conosciamo ancora, ma ci dicono che è un bravo ragazzo e un gran lavoratore. Metteteli nella vostra preghiera.
Noi ci si congeda qui, con un brano di Paisij Veličkovskij, tratto da “Istruzioni ai monaci dello “starec” Paisij raccolte dallo “starec” Giorgio di Cernica”, poste in appendice di quell’ “Autobiografia di uno starec” (Qiqajon), in cui Paisij racconta i suoi anni giovanili. È, per oggi, il nostro
PENSIERO DEL GIORNO
Si custodisca sempre il silenzio con sapienza, ci si reputi cioè indegni di parlare. Umiliamoci, accusiamo e rimproveriamo noi stessi come i peggiori peccatori fra tutti, incapaci di ogni opera buona. Onoriamo tutti con totale rispetto, reputandoli santi, come angeli del Signore e apostoli di Cristo. Riteniamo invece noi stessi indegni di vivere con i fratelli, i più indegni di tutti, accettati per compassione. Similmente, sentitevi in obbligo con tutti nello zelo per acquistare questa grande virtù, il biasimo di se stessi, tramite cui si formano e si custodiscono tutte le altre virtù. Senza il biasimo di se stessi, come dicono i santi padri, molto difficilmente si può arrivare a vivere nella virtù; anzi, dubito che ci si possa arrivare, pur impegnandosi con fatica. Perciò abbiate sempre presente, come il respiro, il biasimo di voi stessi. Se non vi farete violenza in questo modo non otterrete mai più l’umiltà e nemmeno la crescita nelle anime, ma soltanto illusione, vanagloria e superbia. Custodiamo il biasimo di noi stessi nel segreto del cuore e nei nostri pensieri davanti al Signore. Diamo prova di non conoscere nessuno se non il Signore soltanto, ritenendoci i peggiori peccatori fra tutti gli uomini, dall’inizio alla fine del mondo . Reputiamoci polvere e cenere sotto i piedi di tutti, sottoposti a ogni creatura, peggiori di ogni essere creato e passibili dei tormenti eterni. (Paisij Veličkovskij, Istruzioni ai monaci).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.