Carissimi,
“Allora si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di miracoli, perché non si erano convertite: “Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida. […] Tiro e Sidóne nel giorno del giudizio avranno una sorte meno dura della vostra. E tu, Cafarnao, ‘‘sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!’’. Perché, se in Sodoma fossero avvenuti i miracoli compiuti in te, oggi ancora essa esisterebbe! Ebbene io vi dico: Nel giorno del giudizio avrà una sorte meno dura della tua!” (Mt 11, 23-24). Durce, che è tra le più recenti presenze alla nostra preghiera del mattino, non nasconde un certo entusiasmo per l’ascolto della Parola e per ciò che, giorno per giorno, viene, su di essa, scoprendo. Che, dice, quasi sempre, non è mai quello che appare a prima vista. Oggi, quando Bruno ha finito di leggere il Vangelo del giorno, lei fa sorridendo: Va giù pesante, eh? Anche se non avrebbe saputo dire esattamente cosa era accaduto a Tiro, Sidone e Sòdoma. Ma non doveva essere niente di piacevole. Certo, chi allora ascoltava Gesù, doveva avere maggior dimistichezza con la Bibbia e sapeva cosa aveva predicato contro Tiro e tutta la Fenicia il profeta Amos: “Hanno deportato popolazioni intere a Edom, senza ricordare l’alleanza fraterna; appiccherò il fuoco alle mura di Tiro e divorerá i suoi palazzi” (Am 1, 9-10). E, quanto a Sòdoma, ciò che aveva detto il profeta Ezechiele: “Ecco, questa fu l’iniquità di tua sorella Sòdoma: essa e le sue figlie avevano superbia, ingordigia, ozio indolente, ma non stesero la mano al povero e all’indigente: insuperbirono e commisero ciò che è abominevole dinanzi a me: io le vidi e le eliminai” (Ez 16, 49-50). Che, a dire il vero, non è Dio che distrugge ed elimina, sono loro stesse, le cittá dell’inospitalità, dell’altera chiusura in sé, dell’intolleranza, dell’odio, che finiscono per soffocare e morire. E la parola di Gesù non è una minaccia. È solo uno struggente lamento. Cafarnao, del resto, era la città che Lui aveva scelto come sua e dove operava i suoi segni. Come anche in ogni paese, città, villaggio, tali segni si fanno ancora oggi presenti e non cessano di chiamarci a conversione. Già, ma noi?
Il nostro calendario ecumenico ci propone oggi le memorie di Nersēs di Lambron, pastore e testimone di ecumenismo, e di Ahmad al-Alawi, mistico islamico.
I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro dell’Esodo, cap.2, 1-15a; Salmo 69; Vangelo di Matteo, cap.11, 20-24.
La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.
È tutto. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano del discorso tenuto da Nersēs di Lambron, al Sinodo di Hromklay nel 1179, volto a favorire la ricerca dell’unità tra armeni e ortodossi. È tratto da “Il primato della carità” (Qiqajon). Ed è, per oggi, il nostro
PENSIERO DEL GIORNO
L’autore del male, come in origine, in una battaglia destinata a dividere, grazie a un raggiro menzognero e mediante un amo ingannevole scacciò dal paradiso gli uomini che aveva diviso, cosi anche ora, con la stessa arma, entrava in lotta contro i nostri guerrieri dell’armatura impenetrabile. “Che mi giova – diceva – colpirvi con frecce individuali e restare poi frustrato delle vittoria? Ho bisogno di una macchina che abbatta tutti; ho bisogno di un’arma capace di smantellare i vostri potenti baluardi. Orbene o voi avete ricevuto la carità come legge e con essa risanate vicendevolmente le vostre ferite: io la sostituirò con l’odio, e sarà la rovina universale. Voi avete accolto come comandamento la pace e siete uniti in un sol corpo: io la cambio in inimicizia e cosi divido in più parti la vostra unità”. Vedi cosa diceva nella sua impenitente invidia colui che è tutto malvagità? “Io preparo – diceva – per questa battaglia un’arma inimmaginabile, non di quelle mie solite che voi con la vostra prudenza avete già scoperto: non il peccato, che voi distruggete con la penitenza, non l’odio che voi soggiogate con la carità; non la costrizione, che voi superate correndo volontariamente; non l’ingiustizia o l’omicidio che voi disprezzate con la speranza nelle promesse. Che cosa, dunque? Gli occhi di tutti voi sono fissi sulla vostra speranza e sul vostro capo, il Cristo: io non ho altro mezzo per dividervi se non quello di insegnarvi a guardarlo in maniere diverse. Ecco, questo è davvero il peccato a me più caro: lo spirito di opposizione, in cui non c’è posto per il pentimento”. (Nersēs di Lambron, Il primato della carità).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.