Carissimi,
“Vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare” (Mt 21, 43). Il regno non è qualcosa di cui si ha il monopolio, in forza dell’appartenenza ad una religione, o per un qualche rito di iniziazione cui ci si sia sottoposti, circoncisione, battesimo, o altro. Certo, il popolo di Dio, Israele, o la chiesa dovrebbero esserne in qualche modo l’anticipazione, il laboratorio, il sacramento. Ma, se e quando non lo sono, il buon Dio non cade in depressione, né lascia perdere. No, semplicemente chiama altri. E chissà che recuperi in extremis anche i primi. Gesù (e Matteo con lui) non è interessato a mettere sotto accusa il popolo ebreo per il mancato accoglimento della sua messianicità, denuncia invece, nella linea della tradizione profetica, l’assenza di frutti che testimonino il primato di Dio – del suo significato – nelle relazioni umane, e perciò l’avvento del Regno. E questo, appunto, può avvenire ovunque ci sia un popolo o una comunità di “testimoni”, gli affittuari della vigna della parabola. I quali, troppo spesso, Gesù lo sa bene, cedono alla tentazione di trasformare il Regno in una religione piccola piccola, in realtà niente più che una ideologia, a proprio uso e consumo. Per questo li (ci) mette in guardia. I frutti che Egli si aspetta non sono riti, sacramenti, devozioni, sono niente meno che “dare la vita”. Che “quelle cose lì” si limitano a propiziare. Diversamente sono sono inutili superstizioni. Che spesso ci portano a uccidere il Figlio, cioè il significato di Dio, nella nostra vita.
Oggi, da noi, si fa memoria di una piccola grande donna che diede la vita per amore del suo popolo: Marianela García Villas, martire per i diritti umani in El Salvador.
I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Genesi, cap.37, 3-4. 12-13a. 17b-28; Salmo 105; Vangelo di Matteo, cap.21, 33-43.45-46.
La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica che professano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.
Qual è la l’eu-aggelion, l’evangelo, la buona notizia che i martiri di ogni tempo – quelli veri – non cessano di trasmetterci? È il dare la vita per amore. Questa è l’unica “tradizione” che i cristiani conoscono e che li fa tali. Tradizione che troppo spesso i tradizionalisti di ogni tempo, abbarbicati come sono alla lettera-che-uccide, non riconoscono e perciò tradiscono. Noi non abbiamo scritti di Marianela Garcia Villas, ma ne abbiamo tuttavia di un teologo che ha conosciuto, vissuto e condiviso, in profondità, la situazione che in El Salvador ha generato tanti martiri: Jon Sobrino. Così, congedandoci, scegliamo di proporvi un brano tratto dal suo libro: “La Fede in Gesù Cristo. Saggio a partire dalle vittime” (Cittadella editrice). Che è per oggi il nostro
PENSIERO DEL GIORNO
La morte di Gesù e dei martiri d’oggi è “eu-aggelion”, benché in senso diverso da quello dell’interpretazione soteriologica. C’è qualcosa di buono in un Martin Luther King, che liberamente accetta la morte per difendere la causa dei suoi fratelli oppressi. In un Alfred Delp e in un Dietrich Bonhoeffer, assassinati per aver difeso l’umanità contro il nazismo, fermi e affettuosi nei loro giorni di prigionia e nei processi contro di loro. In un Ignacio Ellacuría che ritorna dalla Spagna a El Salvador, consapevole del pericolo che corre, che rimane nella sua abitazione, anche se è stata perquisita, e in seguito è assassinato. In Ita, Maura, Jean e Dorothy, che sono assassinate semplicemente per aver accompagnato fedelmente i poveri. È paradossale, ma vero: anche nel martirio con cui si rende testimonianza dell’ultimità dell’amore, della verità e della giustizia, e nel modo di viverlo con libertà, senza odio, con speranza, c’è molta buona notizia. Soltanto che ciò, normalmente, si percepisce solamente in situazioni storiche di persecuzione. Già il Nuovo Testamento ne dà conto. Il libro dell’Apocalisse, scritto in tempo di persecuzione, confessa Gesù come “signore dei signori”, ma lo confessa soprattutto come il martire Gesù. Gesù è “l’agnello sgozzato” ed è il “testimone fedele” (Ap 1, 5). In un mondo come il nostro, pervaso di bugia e di crudeltà, i martiri dicono che la verità e l’amore, la fermezza e la fedeltà, l’amore fino alla fine sono possibili. E ciò è “eu-aggelion”. (Jon Sobrino, La fede in Gesù Cristo).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.