Carissimi,
“Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro” (Lc 11, 39-41). Dal vangelo di oggi si può dedurre che Gesù, pur avendo l’abitudine di mangiare con pubblicani e peccatori (cf Mc 2, 15), non rifiutava di mettersi a tavola anche con giusti e religiosi (o sedicenti tali). Questo, perché era sufficientemente ecumenico e, più di tutto, gli interessava che, attraverso un dialogo paziente, ma più ancora attraverso i suoi gesti e comportamenti, sia gli uni che gli altri arrivassero a comprendere qual’era la novità di Dio (antica, a dire il vero, quanto il mondo) che egli era venuto a comunicare. Nel caso del Vangelo di oggi, per entrare nel merito, Gesù risolve, niente meno, di commettere un peccato (gli succedeva spesso di farlo). Beh, non così grave come si potrebbe temere, ma pur sempre un peccato: quello di non lavarsi le mani prima della refezione. Che era una norma religiosa, prima che d’igiene. Sarebbe come se, partecipando alla messa in una chiesa di integralisti, non si bardasse di tutti i panni che loro prevedono, o si prendesse qualche libertà nel non seguire per filo e per segno, parola per parola – in latino, ovviamente -, tutte le indicazioni del messale. Suscitando scandalo e indignazione. Il massimo che a Lui viene di replicare, per non limitarsi a ridere, è: sciocchini. Preoccupatevi delle cose serie. Come, per esempio, di condividere i beni, la vostra vita, tutto. E ti pareva, penserebbero di ritorno quelli, il solito comunista! Per questo preferiscono la messa in latino, perché nessuno capisca il messaggio sovversivo di quel Rabbino ebreo, figlio di Dio. Ora, quanto si è detto per gli integralisti, vale, ovviamente, mutatis mutandis, per tutti noi, quando si dà, all’esteriorità, alle apparenze, alle norme, più importanza che alle intenzioni nascoste e alle scelte concrete in ordine alla carità che, sola, rende ogni cosa pura.
Oggi, il calendario ci porta la memoria di Teresa d’Avila, contemplativa e dottore della Chiesa.
I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera ai Romani, cap.1, 16-25; Salmo 19A; Vangelo di Luca, cap.11, 37-41.
La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.
É tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano di Teresa di Gesù, tratto dal suo “Libro della Vita”. Ed è, per oggi, il nostro
Pensiero del giorno
Posso dire soltanto quello di cui ho fatto esperienza, ed è che, per quanti peccati faccia, chi ha incominciato a praticare l’orazione non deve abbandonarla, essendo il mezzo con il quale potrà riprendersi, mentre senza di essa sarà molto più difficile. E che il demonio non abbia a tentarlo, come ha fatto con me, a lasciare l’orazione per umiltà; sia convinto che la parola di Dio non può mancare, che con un sincero pentimento e con il fermo proposito di non ritornare ad offenderlo si ristabilisce l’amicizia di prima ed egli ci fa le stesse grazie, anzi, a volte, molte di più, se il nostro pentimento lo merita. Quanto a coloro che non hanno ancora incominciato, io li scongiuro, per amore del Signore, di non privarsi di tanto bene. Qui non c’è nulla temere, ma tutto da desiderare, perché, anche se non facessero progressi né si sforzassero d’essere perfetti, così da meritare le grazie e i favori che Dio riserva agli altri, per poco che guadagnassero, giungerebbero a conoscere il cammino del cielo; e, perseverando nell’orazione, spero molto per essi che godano la misericordia di quel Dio che nessuno ha preso per amico senza esserne ripagato; per me l’orazione mentale non è altro se non un rapporto d’amicizia, un trovarsi frequentemente da soli a soli con chi sappiamo che ci ama. E se voi ancora non l’amate (infatti, perché l’amore sia vero e l’amicizia durevole, deve esserci parità di condizioni, e invece sappiamo che quella del Signore non può avere alcun difetto, mentre la nostra consiste nell’essere viziosi, sensuali, ingrati), cioè se non potete riuscire ad amarlo quanto si merita, non essendo egli della vostra condizione, nel vedere, però, quanto vi sia di vantaggio avere la sua amicizia e quanto egli vi ami, sopportate questa pena di stare a lungo con chi è tanto diverso da voi. (Teresa di Gesù, Libro della Vita VIII, 5).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.