Carissimi,
“Mentre tutti erano sbalorditi per tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini” (Lc 9, 43-44). Stasera a casa di dona Jane ci chiedevamo: chi è che consegna il Figlio? Nel vangelo di Giovanni è scritto: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3, 16); in seguito, Gesù affermerà: “La mia vita, nessuno me la toglie, ma io la offro da me stesso” (Gv 10, 18). Ma nel racconto della Cena è detto: “Gesù si commosse profondamente e dichiarò: In verità, in verità vi dico: uno di voi mi consegnerà” (Gv 13, 21). Materialmente, sembra dunque essere Giuda l’autore della consegna, in realtà, a scriverla, era stato Dio, e a viverla, in prima persona, lo stesso Gesù. Quindi, Giuda, anche il Giuda che è in noi, arriva sempre in ritardo, lui non consegna un bel nulla, perché Gesù si è già donato, e il Padre in Lui. Quella di Gesù dovrebbe essere la storia di ciascuno di noi, perché nel nostro Dna c’è scritto “vita donata”, e quando noi vogliamo trattenerla per noi, viverla per noi, commettiamo per così dire il più vero peccato contro natura, quello che ce la fa perdere. Perché una vita non donata è, inevitabilmente, una vita perduta. E, se non fosse per Lui, lo sarebbe per sempre. Ma, appunto, c’è Lui che ci pensa a salvarla. Noi ce ne dovremmo solo accorgere. Apprendendo, così, ad agire di conseguenza.
Il nostro calendario ecumenico ci porta la memoria di un martire dei nostri tempi: il Pastore Mohammad Bagher Yusefi, delle Assemblee di Dio dell’Iran, e di Giovanni Paolo I, papa umile.
I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Zaccaria, cap.2, 5-9. 14-15a; Ger 31, 10-13; Vangelo di Luca, cap.9, 43b-45.
La preghiera del sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.
Pare che, lì da voi, si sia arrivati all’epilogo, per altro scontato, dello spettacolo, impensabile in qualsiasi paese democratico, di un governo che, dal giorno del suo già anomalo insediamento, è vissuto (o ha languito), sotto ricatto, reso ostaggio di chi, per ventanni, aveva già piegato, con ogni strumento, legale e illegale, la politica agli interessi suoi e delle sue aziende. E che sembrava deciso a voler provare al mondo che la giustizia non può essere uguale per tutti. A costo di trascinare un intero paese nel fango. Auguri, Italia.
E, per stasera, è tutto. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano del discorso tenuto da Giovanni Paolo I, in Vaticano, durante l’udienza generale del 13 settembre 1978. Ed è, per oggi, il nostro
PENSIERO DEL GIORNO
È madre anche la Chiesa. Se è continuatrice di Cristo e Cristo è buono, anche la Chiesa deve essere buona; buona verso tutti; ma se per caso, qualche volta ci fossero nella Chiesa dei cattivi? Noi ce l’abbiamo, la mamma. Se la mamma è malata, se mia madre per caso diventasse zoppa, io le voglio più bene ancora. Lo stesso, nella Chiesa: se ci sono, e ci sono, dei difetti e delle mancanze, non deve mai venire meno il nostro affetto verso la Chiesa. Ieri, mi hanno mandato il numero di “Città Nuova”; ho visto che hanno riportato, registrandolo, un mio brevissimo discorso, con un episodio. Un certo predicatore Mac Nabb, inglese, parlando ad Hyde Park, aveva parlato della Chiesa. Finito, uno domanda la parola e dice: “Belle parole le sue. Però io conosco qualche prete cattolico, che non è stato coi poveri e si è fatto ricco. Conosco anche dei coniugi cattolici che hanno tradito la loro moglie; non mi piace questa Chiesa fatta di peccatori”. Il prete ha detto: “Ha un po’ ragione, ma posso fare un’obiezione?”, “Sentiamo”. Dice: “Scusa, ma sbaglio oppure il colletto della tua camicia è un po’ unto?”, Dice l’altro: “Sì, lo riconosco”. “Ma è unto, perché non hai adoperato il sapone, o perché hai adoperato il sapone e non è giovato a niente?”. “No, dice, non ho adoperato il sapone”. Ecco. Anche la Chiesa cattolica ha del sapone straordinario: vangelo, sacramenti, preghiera. Il vangelo letto e vissuto, i sacramenti celebrati nella dovuta maniera, la preghiera ben usata, sarebbero un sapone meraviglioso capace di farci tutti santi. Non siamo tutti santi, perché non abbiamo adoperato abbastanza questo sapone. Vediamo di corrispondere alle speranze dei Papi che hanno indetto e applicato il Concilio, Papa Giovanni, Papa Paolo. Cerchiamo di migliorare la Chiesa, diventando noi più buoni. Ciascuno di noi e tutta la Chiesa potrebbe recitare la preghiera ch’io sono solito recitare: Signore, prendimi come sono, con i miei difetti, con le mie mancanze, ma fammi diventare come tu mi desideri. (Giovanni Paolo I, Udienza Generale 13 settembre 1978).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.