Carissimi,
“In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore” (Gv 10, 1-2). Dicono che Gesù fece questo discorso qualche tempo dopo la festa autunnale di Sukkot (o delle Capanne), nell’approssimarsi della festa invernale di Hanukkah (o della Dedicazione), quando in sinagoga si leggeva il brano di Ezechiele sui pastori di Israele: “Non avete reso la forza alle pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza” (Ez 34, 4). È solo una delle possibili citazioni. Giovanni nel riproporre alla sua comunità (ed anche a noi) il discorso di Gesù, vuole allertarci di un pericolo reale. Che noi ci si dimentichi di passare per quella “porta”, che, più avanti, Gesù afferma essere Lui stesso, e di essere pastori come Lui. Non è quindi più un problema soltanto delle gerarchie sacerdotali dell’epoca dei Maccabei (a cui la festa della Dedicazione rimanda), né di sadducei e farisei dell’epoca di Gesù, in vario modo ammanicati o venduti ai potenti di turno, ma è cosa che riguarda il tempo della chiesa. Entrare per la porta che è Gesù, significa vivere il suo Vangelo, essere annuncio della buona notizia ai poveri: “perché abbiano vita e l’abbiano in abbondanza” (v. 10). Diversamente, saremo solo ladri e banditi. Travestiti da semplici cristiani, o da preti, o persino da vescovi.
I testi che la liturgia di questa 4ª Domenica di Pasqua propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.2, 14. 36-41; Salmo 23; 1ª Lettera di Pietro, cap.2, 20b-25; Vangelo di Giovanni, cap.10, 1-10.
La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.
Oggi è memoria di Isidoro e Maria, santi contadini, di Pacomio, padre del monachesimo e di Michel Kayoya, martire nel Burundi.
Oltre alle Regole e alle Catechesi di Pacomio, ci è pervenuta anche una Vita copta di Pacomio e Teodoro, scritta da un anonimo monaco che aveva conosciuto entrambi. Da essa prendiamo il racconto della sua volutamente mancata ordinazione a prete. Una burla con il sapore di un fioretto francescano. A fronte della quale l’immagine del corteo che accompagnava la visita a quelle regioni del santo patriarca Atanasio, costituito da “molti vescovi e una gran folla con lampade, ceri e incensieri innumerevoli” trasmette inevitabilmente un’atmosfera vagamente comica. Come sempre succede quando si esagera e ci si prende troppo sul serio. Beh, quel racconto, ve lo proponiamo, nel congedarci, come nostro
PENSIERO DEL GIORNO
Avvenne che, dopo la nomina ad arcivescovo di Alessandria, apa Atanasio venne a sud, nella Tebaide, con l’idea di risalire fino ad Assouan per recare conforto alle sante chiese. Quando il nostro padre Pacomio lo vide, preceduto da un corteo di vescovi, presi con sé i fratelli, gli fece da scorta per un lungo tratto. Cantando in corteo, accompagnarono l’arcivescovo nel monastero, dove fece la preghiera nella sala di riunione e in tutte le dimore. Apa Serapione, vescovo di Nikentori, prese la mano dell’arcivescovo, la baciò e disse: “Prego la tua pietà di ordinare prete Pacomio, il superiore dei monaci, perché sia messo a capo di tutti i monaci della mia diocesi. È davvero un uomo di Dio, ma a me rifiuta obbedienza su questo punto”. Immediatamente Pacomio si dileguò tra la folla per non farsi trovare. L’arcivescovo si mise a sedere con tutta la folla che lo accompagnava, e disse a Serapione: “In verità, riguardo all’uomo di cui tu parli, apa Pacomio, da quando sono ad Alessandria, già prima della mia consacrazione, ho udito la fama della sua fede. Felice lui e i suoi figli, e benedetto l’albero duraturo, che ha piantato”. Poi, alzatosi, pregò e disse ai fratelli: “Salutate da parte mia il vostro padre e ditegli: Poiché ti sei nascosto a noi, fuggendo ciò da cui vengono gelosie, discordie e invidie, e hai scelto ciò che è superiore e resterà per sempre! Ebbene, nostro Signore soddisferà i tuoi desideri. Poiché hai fuggito la grandezza vana e temporanea, non soltanto ti auguro che ciò non avvenga mai, ma a questo scopo tenderò le mani all’Altissimo perché mai e poi mai tu venga rivestito di cariche. Se poi, per volontà di Dio, ritorneremo un’altra volta, voglia il cielo che possiamo meritare di vedere la tua pietà onorevole”. Così li lasciò e continuò il cammino verso sud, accompagnato da molti vescovi e da una gran folla con lampade, ceri e incensieri innumerevoli. Soltanto dopo la partenza dell’arcivescovo, il nostro padre Pacomio uscì dal nascondiglio. (Anonimo, Vita copta di Pacomio e Teodoro).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.