Carissimi,
“Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: Pace a voi! Poi disse a Tommaso: Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!” (Gv 20, 26-27). Pace a voi. Come raccontare questo Vangelo a Cleusa, che stanotte ha perso il figlio, Daniel, ventitre anni, schiantatosi con la moto contro un palo della luce? Come raccontarlo ai suoi fratelli, Juninho e Luana, alla moglie Cárita, che è ancora solo una ragazza, e, domani, quando sarà un po’ più grande per capire, a Vitor Daniel, due anni, che gioca intorno alla bara aperta, dove riposa suo padre? Come raccontarlo a tutti i suoi amici, Rafael, Rodrigo, Wilker, Valdirei, Isabel, Leandro, Rominho e gli altri, che lo guardano increduli, abbracciati per darsi forza e a fargli siepe, senza riuscire a trattenere le lacrime? Daniel non era di chiesa, né frequentava la comunità, era solo un bravo ragazzo, responsabile. Un paio di settimane fa era stato lui a convincere Valdirei a venire via da Caldas Novas, dove i due erano stati contrattati come manovali per la costruzione di un condominio: qui tutti si drogano, aveva detto, non è ambiente per noi! E settimana scorsa era già stato contrattato dal Comune, qui da noi. Poi, stanotte, quella dannata corsa in moto, per gioco. Dom Eugenio, che era già venuto ieri per seu Ciato, è accorso di nuovo, come un buon padre, lasciando altri impegni, a dire una parola, a fare una preghiera. Saprà Lui, poi, come tradurla in pace. Quello che, per ora, può limitarsi a fare è mostrare le piaghe delle mani, la ferita del costato e dire: sai è successo anche a me, e anche mia madre, come Cleusa oggi, ha pianto. Io non sapevo trovare le parole per consolare la gente di questi dolori. Ho scelto allora di passarci anch’io, solo per stare in loro compagnia. Perché sentissero che non sono soli. Credete almeno a questo. Credete che Dio è questo.
I testi che la liturgia di questo Ottavo Giorno e 2ª Domenica di Pasqua propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.2, 42-47; Salmo 118; 1ª Lettera di Pietro, cap. 1, 3-9; Vangelo di Giovanni, cap.20, 19-31.
La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le chiese e comunità cristiane.
Il Primo Maggio la liturgia celebra di norma la festa di san Giuseppe operaio, che, però venendo quest’anno a coincidere con l’ultimo giorno di Pasqua, non sappiamo bene che fine abbia fatto, se sia stata soppressa o solo spostata. Lui, del resto, abituato a starsene in un canto, non se la prenderà troppo. Noi, comunque, per non fargli torto, anche perché è, come dire?, contitolare della chiesetta dell’Aeroporto, ne faremo memoria la quarta domenica di questo mese.
Il calendario ci porta, sempre oggi, la memoria di Takashi Nagai, testimone di pace.
Per stasera è tutto. Noi ci congediamo con un brano del teologo domenicano Edward Schillebeecks, tratto dal suo libro “Esperienza umana e fede in Gesù Cristo” (Queriniana). Ci aiuta a meditare sulla Pasqua che si chiude, anzi no, che continua. Ed è, per oggi, il nostro
PENSIERO DEL GIORNO
Sul piano storico la vita di Gesù sfocia effettivamente in una catastrofe che non si lascia inquadrare in schemi teorici e pratici. Da un punto di vista puramente umano qui ci troviamo di fronte ad un vero insuccesso, ad un nuovo fallimento che s’inserisce nella serie sempre più ampia di individui che nella nostra storia umana di sofferenza sono stati ammazzati mentre erano innocenti, una speranza breve, che sembra confermare continuamente la supposizione che parecchi uomini non accettino questo stato di cose, ma che siano comunque costretti a sperimentare quest’inferno, data la natura e il peso di una storia che si ripete sempre come ‘ecumene della sofferenza’. Per amore della vita che ci ha preceduto, la morte di Gesù, del mistico di Dio e difensore dell’uomo, ci pone di fronte ad un interrogativo di fondo che prevede un’unica alternativa: dovremo dire o che Dio, il Dio che Gesù ci ha annunciato come il Dio della salvezza ormai vicina, è un’illusione e quindi un pio desiderio formulato da Gesù, o saremo costretti, di fronte a questo rifiuto e questa morte di Gesù, a rivedere approfonditamente il nostro modo d’intendere Dio e la storia, e considerarlo in-valido; mentre per converso la peculiarità di Dio s’afferma valida soltanto nella morte e nella vita di Gesù, dove si apre anche una nuova prospettiva di futuro: un futuro per colui che dal punto di vista umano non ha più futuro. La storia umana – nei suoi successi, fiaschi, illusioni e delusioni – viene trascesa dal Dio vivente, che ha l’ultima parola e vuole la salvezza degli uomini. Forse noi possiamo vivere nelle illusioni, ma non potremo morire in esse. È questo il nucleo del messaggio cristiano della risurrezione di Gesù, il quale c’invita a compiere atti di liberazione e di sanazione umana, ci affida il compito di essere felicità per gli altri e di non vivere d’illusioni e di ideologie. (Edward Schillebeecks, Esperienza umana e fede in Gesù Cristo).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.