Carissimi,
“Allora Pietro fissò lo sguardo su di lui insieme a Giovanni e disse: Guarda verso di noi. Ed egli si volse a guardarli, sperando di ricevere da loro qualche cosa. Pietro gli disse: Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina!” (At 3, 4-6). La prima lettura della liturgia di oggi, tratta dagli Atti degli Apostoli, è quella che racconta la guarigione dello storpio dalla nascita, ad opera di Pietro e Giovanni. Un episodio che intende testimoniare che la risurrezione funziona. Se il Potere aveva pensato di eliminare Gesù, ecco che i due discepoli dimostrano di aver imparato, almeno loro, ad operare come Gesù: rimettere in piedi, far camminare, ridandogli così dignità, chi il Sistema (un certo Sistema) aveva, per così dire, rottamato, emarginato, costretto a mendicare. Questo è ciò che dovrebbero fare i cristiani. Noi, questa lettura, abbiamo scelto di meditarla per il congedo di seu Nelson, che se ne andava proprio oggi dalla chácara di recupero, dopo i nove mesi di trattamento. E lui, sempre così restio a parlare, ha detto che questa storia è la sua storia. Perché, quando è arrivato alla chácara, non stava neppure in piedi, e ce ne ha messo del tempo per restituire alle gambe la forza di andare. Ora, senza pretendere di emulare il paralitico della Porta Bella di Gerusalemme, che entrò nel Tempio saltando (At 3, 7), poteva però muoversi, sereno, sorridente e tranquillo, senza più appoggiarsi al bastone, lasciando anche lui tutti “meravigliati e stupiti per quello che gli era accaduto” (v. 9).
Questo è il Quarto Giorno della Festa di Pasqua. I testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap. 3, 1-11; Salmo 105; Vangelo di Luca, cap.24, 13-35.
La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti, lungo i cammini più diversi, perseguono un mondo di giustizia, fraternità e pace.
Oggi il calendario ci porta le memoria di Mechitar, monaco e testimone di dialogo, e di Rodolfo Escamilla, presbitero e martire per la giustizia in Messico.
Ieri, nel primo pomeriggio, è morta a Goânia dona Lenir, vedova di seu Maurilio e mamma di Célia e di Marcos, che era stato per alcuni anni monaco nel monastero dell’Annunciazione. Noi mettiamo il dolore di questi nostri amici e dei loro famigliari nella nostra e nella vostra preghiera. Lui, poi, farà il resto.
Per stasera è tutto. Noi ci congediamo qui con un brano di Carlo Molari, che ci aiuta ad approfondire uno degli aspetti del mistero pasquale. Che vuol essere anche un augurio per il nostro amico Nelson e per noi tutti. Tratto da “La vita del credente” (Editrice Elledici), è, per oggi, il nostro
PENSIERO DEL GIORNO
Per i credenti in Cristo celebrare la risurrezione significa ritenere e sperimentare che la fede offre una reale possibilità di una vita nuova e piena di amore. In questo senso la risurrezione è un evento salvifico: fa rivivere l’esperienza dell’azione di Dio come amore creatore, stimola la vita in modo inedito e fa scoprire che la nostra esistenza è attraversata da una energia creatrice e rinnovatrice. L’insegnamento della fede nella risurrezione, in rapporto ai credenti, quindi, non si riferisce tanto alla vita dopo la morte, cui non possiamo dare alcun contenuto mentale, quanto invece alla possibilità di vivere in modo positivo ogni situazione storica, anche la più negativa, e la certezza che l’amore incondizionato di una creatura, quando è fedele a Dio, è in grado di introdurre modalità nuove di esistenza e di salvare i peccatori dal male. Emblematico è il fatto che la prima espressione del dono della fede in Cristo risorto sia stata la pace, riflesso del perdono dei peccati (cf Gv 20, 19-23). Come la morte, anche il peccato diventa positivo quando è avvolto nella misericordia, che è la forza dell’amore nella sua dimensione gratuita e creatrice. Fare memoria della risurrezione di Cristo, quindi, è evocare la croce come possibile luogo di vita, e il perdono dei peccati come recupero radicale del passato, reso possibile dall’amore. (Carlo Molari, La vita del credente).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.