Carissimi,
“Mentre Gesù usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?” (Mc 10, 17). Noi non sappiamo bene se possa avere a che fare con questo Vangelo ciò che ci scriveva ieri, tra il disorientato e il determinato, un amico, uscito ormai da un pezzo dalla chácara di recupero: “Il 6 maggio saranno tre anni che ho preso la decisione che ha cambiato la mia vita in meglio, ma penso sia ormai tempo di prenderne un’altra che mi porti più avanti ancora”. Fatto sta che, stamattina, ci vedevamo lui (ma anche ognuno di noi) in quel tale che corre incontro a Gesù e gli chiede: che fare? Che fare che non si sia già fatto, considerata l’insoddisfazione, se non proprio una sensazione di delusione o di frustrazione, che si affaccia ogni tanto, quando ci si ferma dal fare e si ha un momento per pensare? E si vorrebbe poter correre da qualcuno, in grado di darci la dritta giusta, che ci mettesse tranquilli un volta per tutte. Nel senso di poter poi dire: ho fatto proprio la scelta giusta, ho trovato la mia strada, ora si tratta solo di andare avanti. Sempre che vada bene, naturalmente. Ora, la risposta che Gesù dà non è mai vincolante, mette sempre in gioco la nostra libertà. E questo, spesso, ci porta a tergiversare e a rinviare la scelta, in ordine a ciò che pure intuiamo di dover decidere: sarà domani! Gesù propone una cosa concreta all’uomo del racconto: vendere tutto, dare il ricavato ai poveri, seguirlo. Ma quello “se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni” (v.22). Beh, lui almeno era in qualche modo scusabile, ma a noi, che neppure se ne ha molti, di beni, perché riesce così difficile staccare da essi il cuore, liberarcene, seguirlo? Qual è il passo in più che è chiesto oggi di compiere al nostro amico, così come anche a ciascuno(a) di noi? Che vogliono dire questi poveri che Gesù mette di mezzo come condizione per realizzare la mia vita? Quali sono i poveri che si aspettano da me il dono? E quale il dono?
Oggi il calendario ci porta la memoria di uno dei grandi riformatori della Chiesa, Martin Bucero, testimone di pace e dialogo.
I testi che la liturgia propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro del Siracide, cap.17, 20-28; Salmo 32; Vangelo di Marco, cap. 10, 17-27.
La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.
È tutto per stasera. Non avendo sottomano testi di Martin Bucero, vi proponiamo una professione di fede, redatta da Bernard Thorogood, pastore della Chiesa Riformata Unita, che esprime l’ansia ecumenica e il desiderio di comunione del nostro tempo. La troviamo nel libro “Osare la pace per fede/1. Preghiere” (La Meridiana) ed è, per oggi, il nsotro
PENSIERO DEL GIORNO
Crediamo nell’unica sorgente e nell’unico fulcro della nostra fede, Gesù Cristo, risorto dal sepolcro, volto di Dio per i nostri occhi, Parola di Dio per le nostre menti, Pane di Dio per le nostre anime. Lodiamo Dio perché è venuto in mezzo a noi per mezzo di Gesù e ci ha confermati nella fede per opera dello Spirito Santo. Udiamo l’appello di Dio che ci invita a seguire la via di Gesù, affinché il mondo intero possa vedere la nuova creazione, dove regnano insieme pace e giustizia. Confessiamo che seguiamo Gesù come dei pellegrini timorosi, aggrappati a una timida fedeltà, pavidi di fronte alle grandi sfide, inclini ai compromessi per amore di sicurezza e dimentichi della promessa dell’aldilà. Confessiamo che, come chiese, siamo dei pellegrini insicuri, incapaci di accettarci scambievolmente come Dio ci accetta, preferendo ognuno il proprio retaggio particolare e non la pienezza della creazione, a volte intolleranti, spesso testimoni di un passato sbiadito e non di un Signore vivente. Proseguiamo il nostro cammino, chiedendo perdono e rinnovamento, confidando che il Dio che ci ha chiamati alla fede, saprà conservarci e sanarci e fare di noi una cosa sola. Crediamo che Dio abbia dei mirabili propositi per noi, così, come Gesù è stato un pellegrino nell’agonia e nella morte, per essere poi innalzato nella gloria, anche noi confidiamo che Egli ci attirerà a sé per unirci a Lui, non più estranei alle promesse della grazia, ma pellegrini uniti sulla via. Crediamo che il Cristo vivente fa sentire la sua voce nella parola e nei sacramenti, nei santi e nei martiri, nell’amore e nella comprensione, negli affamati e nei deboli, nei senzatetto e negli smarriti. Noi ascolteremo quella voce, il Signore sarà la nostra guida; impareremo il suo modo di vivere. A lui sia la gloria nella Chiesa in tuto il mondo, per l’eternità. (Bernard Thorogood, La fede del pellegrino).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.