Carissimi,
“Gesù salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni” (Mc 3, 13-14). Noi ce lo vediamo, lui, che si incammina sul monte e poi si accorge che è solo e allora si gira indietro e, più in basso, c’è la folla, che gli vuol bene, sì, ma poi la vita di tutti i giorni ha le sue esigenze. E, allora, Gesù, si sofferma a guardarli un po’ tutti e poi comincia a chiamarne uno e un altro e un altro ancora e c’è chi abbassa lo sguardo o guarda altrove, per timore di essere chiamato lui, e chi invece è già pronto, ha fatto persino un passo avanti, ma lui passa oltre e fa segno al vicino: tu, dico a te, e a te, e anche a te. E alcuni di loro già lo conoscono, altri forse no, ma sanno in ogni caso com’è e cosa fa. E nasce così la loro amicizia. Per stare insieme, a tempo pieno. E scalare ogni volta il monte e scendere a valle, per predicare il nuovo tempo e allontanare (e insegnare a tener lontano) il male dalla vita dei figli dell’uomo e di Dio. Non era un privilegio quello riservato ai Dodici, dato che i benefici della loro azione si riversavano su tutti gli altri, era solo la condivisione di una missione e della vita, con l’allegria e la fatica che questo comporta. Anche oggi, Gesù non chiama tutti a far parte della sua cerchia (che non è fatta necessariamente di preti e suore), come neppure, del resto, chiama tutti ad essere cristiani. Però, agli uni e agli altri affida una missione. Come anche i seguaci di ogni altra (e persino nessuna) religione ne hanno una. Si tratta solo di scoprirla. Ed è pure vero che qualche volta può nascere il sospetto che si sia sbagliato lui a chiamarci o ci siamo sbagliati noi a seguirlo. Forse, c’è stato un malinteso, lui aveva fatto segno al mio vicino. E sia pure. Se, però, l’amicizia, l’abbiamo presa sul serio, dobbiamo mettere in conto dove e da chi ci porti: sulla croce, dai poveri di questo mondo. Per risorgere insieme. Se no, è amicizia per qualcosa, qualcun altro. Mammona, per esempio.
Oggi il calendario ci porta le memorie di Agnese, martire a Roma, di Massimo il Confessore, e di Mons. Gerardo Valencia Cano, pastore, profeta e martire della liberazione dei poveri in Colombia.
I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera agli Ebrei, cap. 8, 6-13; Salmo 85; Vangelo di Marco, cap. 3, 13-19.
La preghiera del Venerdì è in comunione con i fratelli della Umma islamica.
L’esperienza della Croce, se stiamo ai Vangeli, è l’esperienza della radicale separazione da Dio (“Dio mio, perché mi hai abbandonato?”), ma, allora, anche di quella di Dio dai suoi figli. Troppo spesso il sistema-mondo (e le chiese che se ne facciano conniventi) contribuisce ad allontanare i poveri da Dio e (anche se solo apparentemente) Dio dai poveri. È ciò che determina l’angoscia dei poveri e quella di Dio. Di cui scriveva hermano Gerardo Valencia Cano, in una sua poesia dal titolo “Dios, como el aire”, inclusa nella sua raccolta “Con Dios a la madrugada” (Susaeta Ed.). Che vi offiamo, nel congedarci, come nostro
PENSIERO DEL GIORNO
Mio Dio, / com’è che stando in questa cella piena di te non posso avvertirti? / Io pensavo che, essendo tu come l’aria avrei potuto distillarti su questo quaderno come / le mie narici raccolgono l’aria di cui ho bisogno per il laboratorio dei miei polmoni. / Ma tu sei più schivo dell’aria . / Persino il tic tac del mio orologio si riversa nell’aria / dissolvendosi; però si lascia raccogliere dalle mie orecchie come / se ci fosse per loro solo quello. / Tu, però, te ne stai schivo, / come in attesa che io faccia atti di fede / o di empietà. Perdonami. / Ah, si capisco. / Non mi vuoi portar via dai miei poveri. / Grazie. / Accetto così, mio Dio, /accetto con tutto il cuore di continuare a vivere tra loro, / Rinunzio per amor loro alle ricchezze con cui benedici i santi, / che permettono loro di assaporare le delizie della tua mensa, vestirsi splendidamente, passeggiare con i tuoi. / Lasciami con i miei poveri, / con i tuoi poveri; / sentendo le loro angoscie e le tue. / Perché essi non ti hanno / e tu non li hai. / Lasciami nelle loro ombre, / lasciami nelle loro fatiche, / lasciami nelle loro lotte, / perché tutti credano che, essendo dei loro, li compiango / con sincerità; / Lascia che li segua, come tu li hai seguiti e li segui. / Di nuovo “fatto peccato” per salvarli. (Gerardo Valencia Cano, Dios como el aire)
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.