Carissimi
“Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: Che sarà mai questo bambino? E davvero la mano del Signore era con lui” (Lc 1, 65-66). Questa era l’atmosfera che seguì la nascita di Giovanni e la scelta di quel nome che è il nome più vero di ciascuno di noi, perché è dato direttamente da Dio (e, se i genitori sono d’accordo, tanto meglio). Perché ogni nato porta su di sé il segno della benevolenza di Dio, che è ciò che “Giovanni” significa. E ad ogni nascita dovremmo poter dire, pieni di stupore: che sarà mai di questo bambino? Sapendo che tutti siamo chiamati ad essere annuncio del Suo farsi vicino. Oltre ogni nostra inadeguatezza e sconfitta, anzi, nella nostra stessa sconfitta, additeremo la Sua fedeltà che non viene mai meno. Esistenze apparentemente fallite – stasera ci tornava alla mente l’immagine di Frederico, che avevamo visto poco prima, irriconoscibile, ormai pelle e ossa, trascinarsi per strada, votato, si direbbe, a un neanche troppo lento suicidio – ebbene, anche queste esistenze sono da Lui raccolte. Tramite qualcuno(a), finché è possibile, poi, direttamente da Lui. Anche se qui, siamo ormai nel territorio del mistero. L’Avvento non è sempre, necessariamente, un tempo dall’esito scontato, visibile a nudo. C’è qualcosa di impercettibile ai sensi, ma di fondamentale. Noi si vede un crocifisso, ma dietro c’è un risorto. Come, domani notte, si vedrà un bambino rifiutato, ma dietro c’è Dio. Bisogna avere occhi e cuore di povero (come quello dei pastori, ma, già qui, di un sacerdote finalmente convertito, come Zaccaria, e, in seguito, dello stesso Giovanni), per riuscire a cogliere la presenza del divino e l’aprirsi delle sue strade.
Due sono le memorie di oggi: quella dell’ebreo Abraham Joshua Heschel, maestro, mistico e profeta del nostro tempo, e quella di Gabriel Maire, martire per la giustizia in Brasile.
I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Malachia, cap.3, 1-4. 23-24; Salmo 25; Vangelo di Luca, cap. 1, 57-66.
La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.
“O Emanuele: Dio-con noi, o Re legislatore, speranza di tutte le nazioni, desiderato da tutti i cuori, sei dei poveri il più grande liberatore, vieni finalmente a salvarci, Signore, o Dio nostro, ascolta le nostre suppliche. Vieni, o Figlio di Maria, vieni presto, o luce della vita. Quanta sete, quanta attesa, Quando viene, quando viene quel giorno?”. È l’ultima invocazione, che chiude la nostra preparazione al Natale. Quando Lui verrà. E verrà senz’altro, se non altro per dona Luiza e dona Josefa, che ci hanno accolto, acciaccate come sono tutte e due, in quest’ultimo giorno di novena. Ma anche per tutti gli altri, che non avranno animo di lasciarlo fuori di casa.
Noi ci si congeda qui, lasciandovi ad una citazione di Abraham Joshua Heschel, tratta da un’intervista rilasciata nel 1972 a Carl Stern, della NBC. Che è, per oggi, il nostro
PENSIERO DEL GIORNO
Vorrei dire ai giovani una serie di cose, ma ho solo un minuto. Vorrei dire loro di ricordare che c’è un significato oltre l’assurdo. Di essere sicuri che ogni piccola azione conta. che ogni parola ha potere, e che possiamo fare – tutti – la nostra parte per redimere il mondo, nonostante tutte le assurdità e tutte le frustrazioni e tutte le delusioni. E soprattutto, ricordate che il significato della vita è di vivere la vita come se fosse un’opera d’arte. Tu non sei una macchina. Perciò, già da quando siete giovani, cominciate a lavorare a questa grande opera d’arte chiamata la vostra esistenza. (Rabbi Abraham Joshua Heschel).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.