Carissimi,
“Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!” (Lc 11, 11-13). Però può capitare che, senza arrivare a dare una serpe o uno scorpione, non si abbia l’uovo o il pesce. Stamattina, per via della memoria della Vergine del Rosario, si poteva scegliere tra il Vangelo dell’Annunciazione (Lc 1, 26-38) e quest’altro che ci porta la parabola dell’amico importuno e l’insegnamento circa l’efficacia della preghiera. Noi li abbiamo meditati entrambi. Il primo che ci presenta la preghiera di Dio a noi, il secondo la nostra a Lui. Che ci dice Dio con la sua preghiera? In primo luogo: rallégrati. E di quanto ci fosse bisogno, stamattina, di un simile saluto, lo si poteva leggere sul volto di tutte le persone presenti, certo, ciascuna, per un motivo diverso. Rallégrati, dunque, dona Dominga, e l’altra Dominga, e Né, Valdecí, Dulcy, Aparecida e anche tu e tu, che magari fate finta di niente. E c’è poco di che stare allegri. Eppure, lo dice Lui. E bisogna credergli. Poi, c’è quel “piena di grazia”, che è come Lui ci vede, anche se noi non ci vediamo, la pennellata di uno sguardo innamorato che precede ogni contenuto di bontà e di bellezza; e, infine, la certezza che motiva ogni possibile gioia: Lui è lì, con te. Con ogni te. E se tu credi davvero che Lui è con te, nulla è più impossibile. Persino dire di sì a quella richiesta che ha fatto, la prima volta, in maniera del tutto singolare, all’umile e ingenua ragazzina di Nazareth, ma che, da allora, ripete incessantemente a tutti: generare un figlio. Il suo Figlio. E chi poteva (e può ancora) immaginare che costasse (costi) tanta fatica e dolore e sofferenza, generare la storia di Dio nel mondo? E dirgli comunque di sì. Ma, cosa pregava, se pregava, Maria, quando Dio, attraverso l’angelo, si è messo a pregarla? Poteva essere solo la preghiera del Suo Spirito, quella di cui dice il Vangelo di oggi: “Quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!”. E, difatti, per tutta risposta, l’angelo dice: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo”. E nascerà un’altra storia, un altro mondo. Anche per noi.
Oggi dunque la Chiesa cattolica celebra la memoria della Beata vergine Maria del Rosario.
Noi facciamo anche memoria di John Woolman, profeta quacchero, e di Manuel Antonio Reyes, prete, martire in El Salvador.
Bene, i testi che la liturgia propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera ai Galati, cap.3, 1-5; Salmo (Lc 1, 69-75); Vangelo di Luca, cap. 11, 5-13.
La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.
All’origine di tutto il Rosario c’è il movimento dell’incarnazione. È il suo primo mistero. Che ci dice che Dio è entrato definitivamente nella storia umana nella forma di Gesù, non per farcene uscire, ma per farci stare dentro essa con Lui, come Lui. Non per affermare noi stessi, servendoci degli altri, ma servendo gli altri, per farli vivere. È la passione per questa Verità che ci costituisce come sua Chiesa. Ogni chiesa, a partire da quella più semplice e domestica, locale, per arrivare a qualla universale. Poco fa, ci è capitata sotto gli occhi questa citazione: “La vera obbedienza non è quella degli adulatori, che sono chiamati falsi profeti dalla profezia autentica dell’Antico Testamento. Non è quella di coloro che evitano qualunque ostacolo o difficoltà, né quella di coloro che pongono al di sopra di tutto la garanzia della loro comodità. Ciò che manca nella Chiesa di oggi (e di tutti i tempi) non sono gli apologeti dell’ordine stabilito, ma uomini la cui umiltà e obbedienza non siano inferiori alla loro passione per la verità, uomini che diano testimonianza senza curarsi delle possibili conseguenze e attacchi, uomini che, in una parola, amino la Chiesa più che la comodità e la tranquillità della loro carriera”. Beh, noi non siamo sicurissimi che, per dirla così, le nostre donne saprebbero definire con chiarezza cosa intendono per verità. Ma sappiamo con certezza che la vivono. E che essa è per loro più importante di ogni comodità e di ogni (per quanto improbabile) carriera. Loro, assieme a molti profeti, testimoni, teologi, pastori delle nostre chiese, sono coloro che fanno teologia – anche, e soprattutto, della liberazione – nella vita (spesso perdendola), prima e più che nei libri. Comunque, per chi fosse interessato, la citazione, del 1971, era di tale Joseph Ratzinger, un teologo che si era già fatto conoscere al Concilio, e che in seguito, avrebbe acquistato una fama anche maggiore. Crediamo che tutti potremmo, dovremmo, sottoscriverla.
Per stasera è tutto. Sul Rosario, vi proponiamo qui di seguito una citazione di Timothy Radcliffe, che ne mette qui in luce un altro aspetto. È tratta da una sua conferenza tenuta a Londra nell’ottobre 1998, e riportata nel suo libro “Je vous appelle amis. Entretiens avec Guillaume Goubert” (La Croix – Cerf). Ed è, per oggi, il nostro
PENSIERO DEL GIORNO
Ho voluto evocare la ricchezza teologica del Rosario. Il fatto è, tuttavia, che pregando il Rosario raramente pensiamo a qualcosa. Bosogna dire anzitutto che questa ripetizione non significa necessariamente mancanza di fantasia. Un semplice piacere, un piacere esuberante ci può portare a ripetere le parole. Quando amiamo, sappiamo bene che non basta mai dire una sola volta: “Ti amo”. Vogliamo dirlo ancora e ancora, sperando che anche l’altro desideri ascoltarlo ancora e ancora. Infine, è vero che pregando il Rosario non si pensa sempre a Dio. Possiamo continuare per ore senza dedicargli il minimo pensiero. Siamo semplicemente lì, diciamo le nostre preghiere. E anche questo può essere bello. Quando recitiamo il Rosario, celebriamo il fatto che il Signore è davvero con noi, che noi siamo alla sua presenza. Ripetiamo le parole dell’Angelo: “Il Signore è con te”. È una preghiera della presenza di Dio. E se siamo in gruppo, non dobbiamo pensare agli altri. Come ha scritto qualcuno: “Io non penso al mio amico quando è accanto a me; sono troppo occupato a godere della sua presenza. È quando si assenta che comincio a pensare a lui”. Così, non cerchiamo, nel Rosario, di pensare a Dio. Al contrario, gustiamo le parole dell’angelo rivolte a ciascuno di noi: “Il Signore è con te”. Ripetiamo continuamente le stesse parole, con l’inesauribile esuberanza vitale dei figli di Dio, che si rallegrano della Buona Novella. (Timothy Radcliffe, Je vous appelle amis. Entretiens avec Guillaume Goubert).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.