Carissimi,
“Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme” (Lc 9, 51). Il testo originale dice: indurì il volto. Come quando succede, che non c’è più da tergiversare e arriva l’ora di assumersi le proprie responsabilità, costi quel che costi. Solo pochi versetti prima, Luca aveva specificato che, nel racconto della trasfigurazione, Mosè ed Elia parlavano con Gesù “del suo esodo che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme” (Lc 9, 31). Come per dire che, dalla lettura delle Scritture (Mosè ed Elia, La Legge e i Profeti), Gesù è ulteriormente illuminato sul cammino che dovrà percorrere. Ed ora ne trae tutte le conseguenze. Stamattina ci dicevamo che questo è proprio ciò che noi non siamo capaci di fare. L’esodo di Gesù, l’avventura della croce, la sua morte, nasce forse proprio dalla sua “impossibilità” di trovare qualcuno che l’accompagni. Coloro che ha scelto, per il momento almeno, non ne capiscono niente e la reazione di Giovanni alla mancata accoglienza da parte dei samaritani (cf Lc 9, 54) è, in questo senso, illuminante. A distanza però di duemila anni dobbiamo riconoscere che le reazioni della chiesa alla mancata accoglienza del suo neppur sempre disinteressato “servizio” non sono granché cambiate. Così Gesù parte, se ne va, si allontana dal mondo, anzi, lo spingiamo via noi, lo spegniamo noi.
Il nostro calendario ecumenico ci porta la memoria di un martire dei nostri tempi: il Pastore Mohammad Bagher Yusefi, delle Assemblee di Dio dell’Iran, e di Giovanni Paolo I, papa umile.
I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Giobbe, cap.3, 1-3. 11-1720-23; Salmo 88; Vangelo di Luca, cap.9, 51-56.
La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali dell’Africa.
Noi ci si congeda qui, con un brano di Albino Luciani, tratto dal suo “Illustrissimi. Lettere ai grandi del passato” (Edizioni Messaggero). In questo caso a Mark Twain. Ed è , per oggi il nostro
PENSIERO DEL GIORNO
Qui, caro Twain, mi pare che i casi siano due: Giovanni desidera che la gente lo stimi oppure si affligge perché la gente lo ignora e disprezza. Nulla di male in ciò; cerchi solo di non esagerare nell’uno o nell’altro senso. “Guai a voi – ha detto il Signore – che ambite i primi seggi nelle sinagoghe e i salamelecchi nelle piazze…; che tutte le vostre opere le compite per farvi notare”. Oggi si direbbe: che date la scalata ai posti e ai titoli a furia di gomitate, di concessioni, di abdicazioni, che smaniate di farvi mettere sui giornali. Ma perché “Guai a voi”? Quando nel 1938 Hitler passò per Firenze, la città fu coperta di croci uncinate e di scritte osannanti. Bargellini disse a Dalla Costa: “Vede, Eminenza? Vede?”. “Non abbia paura! – rispose il Cardinale – la sorte è già segnata nel Salmo 37: Ho veduto l’iniquo imbaldanzire e dilatarsi come albero rigoglioso. Passai di nuovo, e non era più; lo cercai e non si trovò”. A volte il “Guai” non segna punizione divina, ma soltanto ridicolo umano. Può capitare come al somaro che si coprì con la pelle di un leone e tutti dicevano: “Che leone!”. Uomini e bestie fuggivano. Ma il vento soffiò, la pelle si sollevò e tutti videro l’asino. E allora accorsero infuriati e caricarono la bestia di sacrosante legnate. Lo diceva anche Shaw: “Com’è comica la verità!”. E cioè: vien da sorridere, quando si sa quanto poca cosa c’è sotto certi titoli e certe celebrità! E se succede il contrario? Se la gente pensa male, dove c’è il bene? Qui c’è, in aiuto, un’altra parola di Cristo: “È venuto Giovanni, che né mangiava, né beveva, e dissero: Ha il demonio addosso. È venuto il Figlio dell’Uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco qua un mangione e un beone, amico di pubblicani e peccatori”. Neppure Cristo è riuscito ad accontentare tutti. Non prendiamocela troppo se non riusciamo noi. (Albino Luciani, Illustrissimi. Lettere ai grandi del passato).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.