Carissimi,
“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità” (Mt 23, 27-28). Il lamento era cominciato con: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare” (Mt 23, 13). Ed era poi proseguito esemplificando il perché e il per come l’accesso alle relazioni nuove del regno è precluso. Probabilmente, il “guai a voi” non è la traduzione migliore del grido-interiezione hōj, tipico della letteratura profetica, che esprime il pianto, il sospiro, il gemito con cui si apre spesso un lamento funebre. Forse sarebbe meglio renderlo con “ahime”, “ahivoi”, dato che Gesù non sta maledicendo, né minacciando nessuno. Sta solo esprimendo il suo dolore per il regno che non accade. Anche per colpa nostra, quando la nostra religione è solo teatro, e le liturgie, persino quelle minime, quotidiane, famigliari, amicali, conviviali, con i gesti che le caratterizzano, anche i più semplici, come lo stare insieme, il saluto, l’abbraccio, il bacio, la parola del perdono, smentiscono la realtà e dicono distanze o barriere infinite. Ahime, ahivoi, che ci sprechiamo a soffocare il regno di Dio e le sue ragioni. È proprio un lamento funebre sulla verità che viene meno, su Gesù che muore nella storia del mondo. Ogni volta di nuovo.
Il calendario ci porta oggi la memoria di Anne Marbury Hutchinson, mistica e riformatrice puritana, e di Alessandro Dordi, presbitero e martire in Perù.
I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
2ª Lettera ai Tessalonicesi, cap.3, 6-10.16-18; Salmo 128; Vangelo di Matteo, cap.23, 27-32.
La preghiera del mercoledì è in comunione con tutti gli operatori di pace, quale che ne sia il cammino spirituale o la filosofia di vita.
Quando saremmo portati a credere che i roghi boschivi, scatenati[si] sui monti circostanti siano ormai finiti, ecco che il fumo acre, sospinto dal vento a più riprese sulla città, ci dice che essi sono solo più lontani e che continuano altrove la loro opera di distruzione. Stasera ne abbiamo fatto oggetto della nostra preghiera, assieme alle ben più catastrofiche inondazioni del Pakistan, chiedendo a Dio che renda l’umanità capace di prendersi un po’ più di cura della natura e di offrire solidarietà vera ai fratelli colpiti da tante sciagure.
Il prezioso regalo che quest’estate ci hanno fatto i Piccoli fratelli del Vangelo di Spello ha come titolo “Nelle tue mani. Cammini di abbandono con Charles de Foucauld” (Monti). E noi non sappiamo ancora come fare a ringraziarli, dei regali e, più ancora, della loro amicizia. Intanto, però, ne approfittiamo per condividere con voi questa meditazione di Arturo Paoli, che troviamo nel libro e che è, per oggi, il nostro
PENSIERO DEL GIORNO
Deve imparare ad amare gli altri, a soccorrere gli altri, ad ascoltare i loro bisogni. Ecco il Regno di Dio. Non è un Regno come tanti altri, non bisogna solo aspettare che venga il Re; è un Regno che dobbiamo costruire fra noi crescendo nell’amore, nelle relazioni, nell’attenzione agli altri. Ci sono dei segni buoni nel mondo perché, accanto a questo feroce individualismo, si parla molto dell’altro. Si comincia a far notare che l’uomo ha bisogno di mettersi in comunicazione con gli altri, che l’essere umano è fatto per amare gli altri. Il cristiano non deve preoccuparsi di pensare: “Ora devo praticare di più, devo andare di più alla messa…”. Il primo proposito dovrebbe piuttosto essere: “Voglio imparare ad amare di più, voglio imparare a perdonare, voglio imparare che la prima ragione per cui sono al mondo, la più importante, la sola importante è voler bene, perdonare , ascoltare l’altro, vivere in comunione”. E questo non è difficile perché va nella direzione della nostra gioia. Dio non vuole che noi soffriamo, che stiamo male, al contrario: “Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11). Ci vuole felici! Dio sa bene che possiamo possedere la terra, avere mille macchine, avere tutti i beni del mondo…, ma se non ci vogliamo bene, se il nostro cuore non è alimentato dall’amore, nulla può renderci felici. Quindi quando parliamo di Regno di Dio vuol dire che ci vogliamo proporre, in tutti i modi, di immettere sulla nostra terra dinamiche di amore, facendo delle nostre amicizie luoghi di incontro e non di competizione, facendo della famiglia innanzitutto un luogo per dialogare, per alimentare l’amore che altrimenti secca come una pianta senza acqua. E Gesù ci aiuterà, ci darà le forze perché è questo ciò che vuole. Essere cristiani vuol dire solamente seguire Gesù, aver fatto di questa sequela il senso della nostra vita. Se noi capiamo questo, possiamo discernere quello che c’è di accessorio nei tanti modelli di cristiano che ci sono proposti, e la nostra vita diventa semplice, leggera. Non solo la nostra vita cristiana, ma la nostra vita in generale, perché la nostra vita cristiana non deve divenire altro che la nostra vita ordinaria, professionale, familiare. (Arturo Paoli, Nelle tue mani. Cammini di abbandono con Charles de Foucauld).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.