Carissimi,
“Gesù disse ai suoi discepoli: Voi dunque intendete la parabola del seminatore: tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada” (Mt 13, 18-19). Ieri la memoria di Maria Maddalena ci ha fatto perdere un pezzo di Vangelo (Mt 13, 10-17), quello in cui i discepoli chiedono a Gesù perché mai parli alla gente in parabole. E lui cita loro Isaia e dice con una punta di amarezza: tanto, non gli interessa niente di ciò che dico, hanno il cuore e la testa altrove, hanno già deciso di non vedere, né di sentire, né di cambiare modo di pensare e d’agire. Hanno paura che io li possa guarire. A voi, però, dice ai discepoli, voi che per il mondo valete niente, a voi è concesso di intendere ciò che più conta: il segreto del Regno di Dio. E il Vangelo di oggi è un esempio di questo sforzo di comprensione della parabola del seminatore da parte della comunità di Matteo. Che vive, certo, tempi difficili. Ma il peggio, già allora, non viene da fuori, ce l’abbiamo dentro. Anche per noi, come per Matteo, diventa improvvisamente poco chiaro, o solo diversamente chiaro, chi o che cosa sia il seme, chi o che cosa siano i diversi tipi di terreno. In ogni caso, al buon Dio, piace la creatività dei suoi figli e gode un sacco a vedere come ad ogni momento essi scoprano nuovi significati della sua Parola, tanti quanti sono loro e le sempre inedite situazioni della vita. Sicché, ciascuno di noi è un seme che cresce o soffoca, lungo le strade polverose, nei terreni sassosi, tra spine e roveti, o in terreno buono. O, anche, siamo noi i diversi tipi di terreno che propiziano la crescita, o invece la soffocano, della Parola- proposta del Regno, seminata in noi e negli altri. Anche qui da noi arrivano, a dire il vero piuttosto attutite, come si conviene a una cittadina della provincia dell’impero, le notizie dei numerosi scandali che inquinano la vita della chiesa. Leggevamo proprio oggi su uno dei vostri giornali questa lettera: “Se un giorno si trovano le ossa di una donna nei loro lucernai, dove la luce non entra e nessuna chiarezza è possibile. Se un altro giorno si scopre che l’obbligo della loro astinenza riguarda soltanto i rapporti con l’altro sesso, ma non sono esclusi uomini e bambini; che le violenze su questi ultimi sono fisiche e morali, “annullanti” e distruttive… Se un altro giorno ancora si stabilisce che, quando la loro parola non ti giunge attraverso campane, messe e politica, viaggia indisturbata su onde elettromagnetiche e cancerogene; vittime sempre i più deboli, i bambini. Se l’ultimo giorno ci si rende conto che sono ancora tra i Paesi più ricchi del mondo, nonostante l’apparente carità mondiale: evangelizzazione mascherata da solidarietà. Allora, c’è qualcosa che, ignominiosamente, non va. Allora, diventa necessario e urgente che dalle loro porte lascino entrare e uscire soltanto… l’arcangelo della Giustizia. E che per tutti gli altri mettano un bel cartello: chiusi per restauro”. Ed è chiaramente una lettera cattiva e amara, che trascura, certo, le tante luci e le belle testimonianza, e generalizza impietosamente e sfrontatamente. E che tuttavia siamo chiamati a prendere ugualmente, terribilmente, sul serio. Come se Gesù rivolgesse a noi, oggi, il suo rimprovero: non v’interessa niente di ciò che dico. Non volete convertirvi. Non volete guarire.
Oggi il calendario ci porta le memorie di Giovanni Cassiano, monaco, e di Antonio delle Grotte di Kiev, fondatore del monachesimo russo.
I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Geremia, cap.3, 14-17; Salmo (Ger 31, 10-13); Vangelo di Matteo, cap.13, 18-23.
La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.
È tutto per stasera. Noi ci si congeda qui, lasciando la parola a Giovanni Cassiano, con un brano delle sue “Conferenze”. Che è, per oggi, il nostro
PENSIERO DEL GIORNO
Se brami arrivare ad una vera conoscenza delle divine Scritture, sforzati innanzi tutto di acquistare una fermissima umiltà di cuore. Questa ti condurrà, non alla scienza che gonfia, ma alla scienza che illumina nella perfetta carità. Un’anima che non sia pura non potrà ottenere il dono della scienza spirituale. Evita perciò con la massima premura che il tuo zelo per la lettura del Libro sacro, invece di procurarti la luce della scienza e la gloria senza fine che è promessa all’uomo illuminato dalla chiarezza della dottrina, non divenga causa di perdizione, a motivo della vanagloria. Poi, dopo aver allontanato da te tutte le preoccupazioni e le ansietà terrene, sforzati con ogni energia di applicarti assiduamente, anzi di continuo, alla lettura sacra, per cui questa meditazione continua pervada il tuo cuore e lo formi per così dire, a sua immagine. La lettura allora farà dell’anima tua una nuova arca dell’alleanza, che conserva in sé le due tavole di pietra, vale a dire l’eterna fermezza dell’uno e dell’altro Testamento. Farà di te una nuova urna d’oro, simbolo di una memoria pura e sincera, che conserva per sempre il tesoro nascosto della manna, cioè l’eterna e celeste dolcezza del senso spirituale e del pane degli angeli. (Giovanni Cassiano, Conferenze XIV, 10.5).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.