Carissimi,
“Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero” (Mt 11, 28-30). I versetti di oggi, li abbiamo già citati ieri, perché ci aiutavano a capire chi fossero i “piccoli”, destinatari della rivelazione del Padre. Quelli che di Dio hanno compreso quanto basta. Anche se dei suoi precetti mica troppo. E che tuttavia per quel che è alla loro portata, li osservano, di modo che, tu osservi quelli, io osservo questi, lui osserva quegli altri, tra tutti, se ne osservi un buon numero, e Lui non ci rimanga troppo male. Ed è forse questo il “quanto basta” che i ‘piccoli” hanno capito di Lui. Perché le norme, le regole, le leggi, le pratiche religiose, certo, servono tutte, soprattutto a dar lavoro a chi, pieno di buona volontà, non ha altro da fare, ma, alla fine, sono niente. O, al massimo, se intese bene, sono solo il nostro tentativo, così spesso abortito, di dirgli grazie. Quello che conta, ce lo mette Lui: ed è la sua grazia, la misericordia, l’amore, o quel benedetto Figlio, che è tale e quale suo Padre. Che fa di Dio un peso così insolitamente leggero, che uno si chiede: ma cosa diavolo mi ha insegnato la religione? Tutte, mica solo una. Del resto, che farci? Sono fatte così. Lui, dal canto suo, le guarda, le religioni, ci ride un po’ su, e poi subito aggiunge: Venite da me, vi darò ristoro. E ce n’è per tutti. Le sue chiese dovrebbero, poi, essere solo questo: luoghi di ristoro. Ma lo sono (lo siamo) davvero?
Oggi il nostro calendario ecumenico ci ricorda Bonaventura di Bagnoregio, mistico, teologo e pastore della Chiesa; Rodolfo Lunkenbein e Simão, martiri della Chiesa della camminata, qui in Brasile; e i Martiri ebrei e musulmani della Prima Crociata a Gerusalemme.
I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Isaia, cap.26, 7-9.12.16-19; Salmo 102; Vangelo di Matteo, cap.11, 28-30.
La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.
Il buon Bonaventura da Bagnoregio, nel suo “Itinerario della mente a Dio”, (Edizioni Messaggero Padova), ce l’ha messa tutta per tracciare i gradi attraverso cui l’anima illuminata sale fino a Dio e c’è riuscito pure egregiamente. Poi però ci sono quelli che non ne capiscono nulla o che comunque non ce la farebbero mai. Per loro (per noi, se lo vogliamo) Dio fa il cammino inverso, è Lui che scende, non ha mai smesso di scendere, per restare qui in mezzo a noi, e cercare di aiutarci a scrivere un’altra storia. Del testo che abbiamo citato di Bonaventura, comunque, nel congedarci, vi proponiamo il brano che lo apre. È, per oggi, il nostro
PENSIERO DEL GIORNO
Beato l’uomo che ha riposto in te il suo sostegno e che dalla valle di lacrime, in cui lo hai posto, ha deciso di ascendere verso di te (Sal 83, 6). Poiché la beatitudine non è che il godimento del Sommo Bene, e il Sommo Bene è sopra di noi, nessuno può giungere alla beatitudine se non trascende se stesso, non con il corpo, ma con lo spirito. Ma non possiamo elevarci sopra di noi se non a causa di una virtù superiore. Qualunque siano le disposizioni interiori, queste a nulla valgono senza l’aiuto della grazia divina. Ma questa è concessa solo a coloro che la chiedono con tutto il cuore, con umiltà e devozione, e cioè a coloro che in questa valle di lacrime si rivolgono a Dio con preghiera fervente. È questa il princípio e la sorgente della nostra elevazione. Per questo Dionigi, nella sua Teologia Mística, volendoci istruire sui rapimenti dell’anima, premette a ogni cosa la preghiera. Preghiamo dunque, e diciamo al Signore Dio nostro: Conducimi, o Signore, nella tua via e io camminerò nella tua verità. Si rallegri il mio cuore nel temere il tuo nome (Sal 85, 11). Così pregando, siamo illuminati nel conoscere i gradi dell’ascesa a Dio. Infatti, poiché nella concezione del nostro stato attuale la stessa totalità delle cose è scala per salire a Dio, e fra gli esseri creati, alcuni hanno rapporto a Dio di vestigio, altri di immagine, alcuni sono corporei, altri spirituali, alcuni temporali, altri immortali, e quindi alcuni fuori di noi, altri in noi; perché sia possibile pervenire alla considerazione del primo principio, spiritualíssimo, eterno e sopra di noi, è necessario che prima consideriamo gli oggetti corporei, temporali e fuori di noi, nei quali è il vestigio e l’orma di Dio, e questo significa incamminarsi per la via di Dio; è necessario poi rientrare in noi stessi, perché la nostra mente è immagine di Dio, immortale, spirituale e dentro di noi, il che ci conduce alla verità di Dio; infine, occorre elevarci a ciò che è eterno, spiritualissimo e sopra di noi, aprendoci al primo principio, il che reca letizia alla conoscenza di Dio e omaggio alla sua maestà. (Bonaventura da Bagnoregio, Itinerario della mente a Dio).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.