Carissimi,
“Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti (Mc 10, 42-45). Già, se è per essere come gli altri, ci dicevamo stasera nella chiesetta dell’Aparecida, tanto vale non fingere di stare o di metterci al seguito di Gesù. Se è per avere le stesse ambizioni, gli stessi sogni di grandezza, gli stessi valori, mostrare che siamo i migliori, contarsi, mostrare i muscoli, anche tra chiese e dentro la stessa chiesa, così come si fa nel “mondo”, stiamo perdendo il nostro tempo: il “mondo” ci ha già ingoiati e, il buon Gesù, ce lo siamo perduto per strada. A questo punto, conviene confessare di essere lenti di comprendonio, è la migliore attenuante che possiamo trovarci. Del resto, abbiamo degli illustri precedenti: Giacomo e Giovanni, ma anche tutti gli altri dieci, opportunisticamente sdegnati solo dopo aver udito la ramanzina di Gesù, considerato che la colpa dei due era solo quella di averli battuti sul tempo. Sì, capire che, perché il Regno di Dio si affermi, Dio debba risultare perdente, patire e morire, ci risulta difficile. E l’avventura cristiana al seguito di Gesù consiste tutta in questo apprendistato, che non saremo mai sicuri di concludere in tempo, prima dell’incontro decisivo con Lui. Ma, pazienza: Dio muore anche per questo. Se, però, ci riuscisse di far nostra, una volta o l’altra, questa sua maniera d’essere, cioè il metterci al servizio degli altri, dando a loro, pezzo a pezzo, un po’ della nostra vita, beh, allora succederebbe il sorriso di Dio. E il suo: Ah, i miei figli, che figli! Ma, è solo per dire, perché, figli suoi, adorabili, lo saremmo comunque. Come dimostra anche la sua paziente replica all’inconsulta pretesa dei suoi nel Vangelo di questo giorno.
Il calendario ci porta oggi è memoria di Filippo Neri, il prete dell’allegria, di don Cesare Sommariva, maestro e preteoperaio, e di Abd el Kader, mistico islamico.
I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1ª Lettera di Pietro, cap.1, 18-25; Salmo 147; Vangelo di Marco, cap.10, 32-45.
La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano l’Assoluto della loro vita nella testimonianza per la pace, la fraternità e la giustizia.
Nel sito di Pretioperai troviamo un’omelia tenuta da don Cesare Sommariva, il Giovedì Santo 1988, nella Chiesa del Quartiere Stella. Ve ne proponiamo uno stralcio come nostro
PENSIERO DEL GIORNO
Lavarsi i piedi l’un l’altro che vuol dire? Sembra che qui ci sia l’elemento di fondazione della fratellanza possibile, più che propagandistiche guarigioni, miracoli, predicazioni. Quello che sta sorgendo in quartiere nella ricerca di una maggiore parità a volte appare lavanda dei piedi. Questo tentativo di amare i fratelli cercando di darci quegli strumenti per migliorare la terra in cui abitiamo è una lavanda dei piedi. Questo tentativo di conquistare assieme strumenti per conoscere, per metterci assieme, per comunicare fra noi, per organizzarci non per “divorare” altri ma per rendere migliore la terra, è lavare i piedi nostri e quelli degli altri. Cercare di riordinare i pensieri nostri e quelli degli altri, cercare di classificare ciò che viviamo e vediamo per pulire le menti dall’apparente caos e disordine; cercare di capire per prendere in mano la situazione e renderla più pulita, più comprensibile, più cambiabile in senso fraterno; cercare di fare in modo che siano sempre di più coloro che vogliono conquistare la posizione eretta di uomini e donne, che pensano in modo ordinato, per diventare soggetti fraterni di una terra migliore… Tutto questo e tanto altro che in questi anni in questo quartiere abbiamo visto, tutto questo è lavare i piedi a se stesso è lavarsi i piedi l’un l’altro, è cercare di amarsi senza imbrogli e seriamente. Non è solo un lavarsi il cuore, ma proprio un lavarsi i piedi, cioè quelle parti di noi che toccano la terra che abitiamo, per non sporcarla di più, per renderla una terra in cui gli agnelli vengano difesi dai lupi, una terra in cui i bambini, i nuovi uomini e le nuove donne, possano avere modelli di vita diversi da quelli imposti da lupi. (Cesare Sommariva, Chiesa nel quartiere Stella: Giovedì Santo).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.