Carissimi,
“Gesù disse loro di nuovo: Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi. Detto questo, soffiò e disse loro: Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati” (Gv 20, 21-23). Qui da noi, il Tempo Pasquale si chiude con lo stesso Vangelo che l’aveva inaugurato. In esso era già compreso il dono dello Spirito. Ma i Dodici, duri d’orecchi, non dovevano aver inteso il soffio con cui Gesù glielo aveva donato. Sicché, dopo, non era successo nulla di straordinario. A meno che i racconti di apparizione del Risorto, disseminati disordinatamente nei Vangeli, siano in realtà già catechesi dello Spirito, volte ad aprire gli occhi, la mente e il cuore dei discepoli. I quali, non si sa bene se se ne stessero in Galilea o a Gerusalemme, e se chiusi in casa o “sempre nel tempio, lodando Dio” (Lc 24, 53), come suggeriscono l’uno o l’altro degli autori sacri. Ma, non importa granché. Importa, piuttosto, come ci dicevamo, giovedì sera, a casa di Dominga, dove si sia, di volta in volta, noi. A casa, in chiesa, sul lavoro, a scuola, per strada, vai a sapere. E importa se siamo pronti a lavorare in vista di una società riconciliata. Gesù che se ne va, lasciandoci il suo Spirito, non ci offre altro segno che questo, per affermarne la presenza in mezzo a noi. Ci dichiara adulti, in grado di scrivere nel mondo la storia di Dio. Non ci sono altri che possano farlo, che possano dedicarvisi, se non noi, i suoi discepoli. Liberi, tuttavia, di rifiutarvisi: “coloro che non perdonerete, non saranno perdonati”. E, infatti. Noi, da sempre, preferiamo così. Scegliamo noi, di volta in volta, se perdonare e chi perdonare. Vuol dire che lo Spirito soffia lontano e che noi si è piuttosto discepoli dell’Avversario. Però, oggi, ci è offerta un’altra chance, dicono gli Atti degli Apostoli: Giunto il giorno di Pentecoste, “venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro” (At 2, 2-3). Il soffio- Spirito di Gesù è già diventato un tuono, che non si può fingere di non sentire, e un fuoco si è posato su di noi. Che faremo? Riusciremo a dar voce ai gemiti dello Spirito (Rm 8,26), che sono poi i gemiti dell’umanità (anche i nostri, perciò) e dell’intera creazione (v. 22), che attendono la nostra adozione a figli (v.23), cioè, la nostra risposta di figli? Perdonati e perdonanti.
I testi che la liturgia propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.2, 1-11; Salmo 104; Lettera ai Romani, cap.8, 8-17; Vangelo di Giovanni, cap.20, 19-23.
La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.
Il calendario ci porta oggi la memoria di Girolamo Savonarola, riformatore della Chiesa.
Il brano che vi proponiamo stasera come nostro augurio di Pentecoste ce l’ha inviato la nostra infaticabile amica Giovanna di Roma ed è tratto dal libro di Don Tonino Bello, “Alla finestra la speranza” (SanPaolo). È, per oggi, il nostro
PENSIERO DEL GIORNO
Oggi, voglio parlarvi delle Pentecoste come “festa difficile”. Non perché lo Spirito Santo, anche per molti battezzati e cresimati, è un illustre sconosciuto. È difficile, perché provoca l’uomo a liberarsi dai suoi complessi. Tre soprattutto, che a me sembra di poter individuare così: 1. Complesso dell’ostrica. Siamo troppo attaccati allo scoglio, alle nostre sicurezze, alle lusinghe gratificanti del passato. Ci piace la tana, ci attira l’intimità del nido, ci terrorizza l’idea di rompere gli ormeggi, di spiegare le vele, di avventurarci sul mare aperto. Di qui, la predilezione per la ripetitività, l’atrofia per l’avventura, il calo della fantasia. Lo Spirito Santo, invece, ci chiama alla novità, ci invita al cambio, ci stimola a ricrearci. 2. Complesso dell’una tantum. È difficile per noi sottoporci alla conversione permanente, amiamo pagare una volta per tutte. Ci stabilizziamo nel ristagno delle nostre abitudini, dei nostri comodi. Il cammino come costume ci fa paura e affrontare il rischio di una itineranza faticosa e imprevedibile ci rattrista. Lo Spirito Santo ci chiama a lasciare il sedentarismo dei nostri parcheggi, ci obbliga a pagare, senza comodità forfetarie, il prezzo delle piccole numerosissime rate di un impegno duro ma innovatore. 3. Complesso, infine, della serialità. Benché si dica il contrario, noi oggi amiamo le cose costruite in serie. Gli uomini fatti in serie, i gesti promossi in serie. Viviamo l’esasperazione dello schema, l’asfissia dell’etichetta, C’è un livellamento che fa paura. L’originalità insospettisce, l’estro provoca scetticismo, i colpi di genio intimoriscono. Chi non è inquadrato viene visto con diffidenza, chi non si omogeneizza col sistema non merita credibilità. Di qui la protesta nei giovani e l’estinguersi della ribellione. Lo Spirito Santo, invece, ci chiama all’accettazione del pluralismo, al rispetto della molteplicità, al rifiuto degli integralismi, alla gioia di intravedere chi compone le ricchezze della diversità. Pentecoste vi metta nel cuore una grande nostalgia del futuro. (Don Tonino Bello, Alla finestra la speranza).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.