Carissimi,
“Gesù disse a Simon Pietro: Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro? Gli rispose: Certo, Signore, tu lo sai che ti amo. Gli disse: Pasci i miei agnelli” (Gv 21, 15). Gesù glielo chiederà tre volte e Pietro gli risponderà ogni volta più apprensivo che sì; Lui, del resto, sa tutto e deve sapere anche questo. Di quanto sia difficile per gli uomini la fedeltà nell’amore; più ancora, per un amore che ci chiede il sacrificio di tutto, persino della vita, senza che noi si sia capito bene che cosa ce ne verrà. Perché, sotto sotto, dietro le grandi parole, che danno voce ai grandi sentimenti, noi eravamo (o, forse, ancora, siamo) abituati a cercare il nostro tornaconto. E quando si profila un qualsiasi pericolo, noi, la cosa più coraggiosa che riusciamo a fare, è fuggire. Per Pietro non era stato diverso. Non aveva avuto abbastanza fiducia nel suo Maestro, ma questi gli rinnova la sua. Così è Dio. E questo è credere e vivere in Dio. Sentirsi raggiunti dal suo sguardo, che non sa neppure essere di rimprovero, e dovrebbe essere di condanna, e sentire la sua voce che dice: Mi ami? Mi ami più di costoro? Il buon Dio dà per scontato che la gran parte della gente non capisca il suo amore e quindi non arrivi ad amarlo. Cerca allora solo qualcuno(a), capace, dopo tentativi, fughe e cadute, di dire sì. E Lui, in cui noi non abbiamo avuto fiducia, subito dopo fa fiducia a noi. Come niente fosse. “Pasci i miei agnelli”. Dovremmo ricordarcelo e, stasera, dovremmo ricordarlo a don Bernardo Pegoraro, parroco in quel di Vigodarzere, che, nonostante il cognome, si è dimenticato di pascerle, le sue pecore, o almeno una di esse, proprio la più fragile, di cui Isaia profetizzava “Come un pastore fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul seno e conduce pian piano le pecore madri” (Is 40, 11). Lei era solo una piccola musulmana che frequentava l’asilo parrocchiale ed era in ritardo con il pagamento di tre mensilità. Di cui, per altro, il sindaco aveva promesso di farsi carico. Ma il prete, pastore o mercenario, a questo punto non lo sappiamo bene, è stato inflessibile. E la espulsa. Facendo del suo gesto una parabola evangelica al contrario. È un pericolo a cui siamo esposti tutti. Quello di dichiarare a parole di credere in Gesù e perciò di amarlo, dimenticando però, subito dopo, di fare ciò che Lui ci chiede.
Oggi la comunità fa memoria di Christian de Chergé e gli altri Monaci trappisti, martiri a Tibhirine, in Algeria, e Irene McCormack e compagni, martiri in Perù.
I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.25, 13b-21; Salmo 103; Vangelo di Giovanni, cap.21, 15-19.
La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli della Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.
I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.25, 13b-21; Salmo 103; Vangelo di Giovanni, cap.21, 15-19.
La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli della Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.
Noi ci si congeda qui. Abbiamo trovato in rete, nel sito “Lavigerie des Missionaires d’Afrique” una riflessione inedita di Dom Christian de Chergé, dal titolo “Mystère de la Visitation”. Ve ne proponiamo la prima parte, lasciando la seconda per il giorno della Festa della Visitazione, il prossimo 31 Maggio. È questo per oggi il nostro
PENSIERO DEL GIORNO
Posso facilmente immaginare che noi ci troviamo nella situazione di Maria che va a trovare sua cugina Elisabetta e che porta in sé un segreto vivente, che è lo stesso che anche noi possiamo portare, una Buona Notizia vivente. Lei l’ha ricevuta da un angelo. È il suo segreto ed è anche il segreto di Dio. E lei non sa come fare per comunicare questo segreto. Riuscirà a dire qualcosa a Elisabetta? Può dirlo? Come dirlo? Come fare? Deve nasconderlo? Eppure, tutto trabocca in lei, ma lei non lo sa. In primo luogo è il segreto di Dio. E poi succede qualcosa di simile nel seno di Elisabetta. Anch’essa è gravida di un bambino. E ciò che Maria non sa a sufficienza, è il legame, il rapporto tra il bambino che porta lei e quello che porta Elisabetta. E le sarebbe più facile parlarne, se conoscesse questo legame. Ma, su questo punto specifico, sulla dipendenza reciproca tra i due bambini, lei non ha avuto alcuna rivelazione. Sa solo che esiste un legame, perché è il segno che le è stato dato: sua cugina Elisabetta. Ed è così della nostra Chiesa, che porta in sé una Buona Notizia – e la nostra Chiesa è ciascuno di noi – e noi siamo venuti un po’ come Maria, in primo luogo per prestare un servizio (che, in definitiva, è questa la sua maggior ambizione)… ma anche, portando questa Buona Notizia, come faremo a dirla… e noi sappiamo che coloro che siamo venuti a trovare, sono un po’ come Elisabetta, anch’essi portano un messaggio che viene da Dio. E la nostra Chiesa non ci dice, e neppure sa, quale sia il legame esatto tra la Buona Notizia che noi portiamo e questo messaggio che fa vivere l’altro. In definitiva, la mia Chiesa non mi dice qual è il legame tra Cristo e l’Islam. Ed io vado verso i musulmani senza sapere qual è questo legame. (Dom Christian de Chergé, Mystère de la Visitation).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.