Carissimi,
“Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri” (Gv 15, 16-17). La memoria dell’apostolo Mattia fa sì che la liturgia di oggi ci proponga di nuovo il brano di Vangelo che si era letto giusto una settimana fa. Gesù ha ragione: se non fosse stato Lui a sceglierci, noi, per conto nostro, mica ci saremmo decisi a seguirlo. Anche se, a dire il vero, qualche volta ci viene il legittimo dubbio che Lui abbia scelto proprio noi. E chi può escludere che sia successo come quando uno da lontano chiama con un cenno qualcun altro in mezzo alla folla, e uno dei tanti (o più d’uno) gli fa interrogativamente segno: chi, io? E l’altro, di rimando: Sì, dico proprio a te, ma, magari, invece, era il suo vicino. Sicché si muovono in due, tre, quattro. Poi, però, uno o l’altro si accorge che non fa per lui, perché la strada è dura, e i frutti non si vedono. Né si è capaci di praticare quell’unica parola che ci ha affidato: amatevi gli uni gli altri. E come si fa, in questo tempo di lupi? Eppure, è l’unica cosa che Lui chiede. Non rosari, pellegrinaggi e novene, neppure messe, culti, uffici divini, oppure sì, se proprio si vuole, tutte queste cose insieme, ma finalizzate a quella: amatevi gli uni gli altri. Se no, non siete dei miei. E uno è tentato di lasciar perdere, di prendere un’altra strada, di dimenticare un battesimo ricevuto per sbaglio o troppo in fretta. Lui, da parte sua, sarebbe anche disposto a dire: Va ugualmente in pace. Ti seguirò con il mio amore. Ma come andarsene in pace, se si è scoperto che la Pace è Lui, e come dimenticare il suo sguardo che, attraverso il Vangelo, ci ha raggiunti e feriti, o curati, vallo a sapere? “Quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo concederà”. Padre, te lo stiamo chiedendo: ci senti?
Il calendario ci porta dunque oggi la memoria di Mattia, apostolo e martire, e anche quella di Isacco di Ninive, eremita del VII secolo.
I testi che la liturgia odierna propone oggi alla nostra riflessione sono propri della memoria dell’Apostolo Mattia e sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.1, 15-17. 20-26; Salmo 113; Vangelo di Giovanni, cap.15, 9-17.
La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.
È tutto. Noi ci si lascia qui, con questa citazione di Isacco di Ninive, tratta da uno dei suoi “Discorsi”, che è, per oggi, il nostro
PENSIERO DEL GIORNO
Non far distinzione fra ricco e povero. Non cercare di conoscere quello che è degno e quello che non lo è. Per te, gli uomini siano tutti uguali nel bene, là dove potrai attirare anche gli indegni. Infatti il cuore passa rapidamente dalle realtà corporee al timore di Dio. Il Signore mangiava alla tavola dei pubblicani e delle prostitute. Non allontanava gli indegni, per attrarre così tutti verso il timore di Dio e permettere loro con mezzi sensibili di pervenire alle realtà dello Spirito. Considera dunque tutti gli uomini, fossero atei o assassini, uguali nel bene e nella stima: vedi in ognuno tuo fratello secondo natura, anche se è sviato lontano dalla verità, senza saperlo. Quando fai del bene a qualcuno, non ricevere nulla in cambio. Sarà Dio a ricompensarti. E possibilmente, non fare neppure il bene per averne la ricompensa in cielo. Se hai scelto la povertà, se per grazia di Dio ti sei slegato da ogni assillo, e se con la povertà ti innalzi sopra tutto ciò che è mondano, fa’ attenzione di non amare il possesso insieme con la povertà. Col pretesto di far elemosina, ti cacceresti nei guai ricevendo da uno quello che dai all’altro; perderesti il tuo onore soggiacendo alle sollecitazioni umane. Dalla libertà e dalla nobiltà della tua scelta, cadresti negli affanni della vita terrena. Infatti il livello a cui sei salito è più alto di quello di chi fa l’elemosina. No, ti prego, non precipitare in basso. L’elemosina è come il cibo dei bambini. Ma l’esichia è l’apice della perfezione. Se hai qualcosa, condividilo una volta per tutte. Ma se non hai nulla, non cercare di possedere qualcosa. La tua cella sia sgombra dalle delizie del mondo e da ogni superfluità. (Isacco di Ninive, Discorsi, XXIII).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.