Carissimi,
“Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14, 23). Giovedì sera, la comunità si è ritrovata a casa di Né e Djarí, ed era la prima volta dopo le loro nozze, sicché si è trovato il tempo di scherzare un po’ sulla loro vita nuova da sposini. Poi, quando si è trattato di commentare il Vangelo e ci siamo chiesti: ma come, Dio non ama tutti alla stessa maniera?, e perché qui sembra invece che faccia differenze tra gli uni e gli altri?, Djarí ha risposto: “Beh, che vuol dire?, anche noi ci si vuole tutti bene uguale, però se mi voglio sentire davvero a mio agio, scelgo di andare a casa di compadre Lazinho, che, tra l’altro, so che, un buon bicchiere, me l’offre sempre”. Sì, per Dio dev’essere un po’ come per Djarí: vuol bene a tutti, ma non vuol disturbare nessuno, così va [soprattutto] dove lo ricevono bene. Forse, in un’altra maniera, possiamo metterla anche così: se qualcuno ama davvero l’amore – in questo consiste l’osservare, il custodire, l’ubbidire alla Sua parola – , Dio lo prende come sua casa. Come diceva anche il canto: Dov’è carità e amore, lì c’è Dio. Se non c’è amore, l’abbiamo già messo alla porta. E Lui se ne sta lì, mogio, mogio, in attesa che gli si apra, aprendo al fratello. “Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto” ( v.26). Ci resta solo da iscriverci a questo corso di recupero. Poi, forse, le cose andranno meglio. E noi riscopriremo, finalmente, in cosa consiste la gioia. O che cosa significa Dio.
I testi che la liturgia di questa 6ª Domenica di Pasqua propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.15, 1-2. 22-29; Salmo 67; Libro dell’Apocalisse, cap.21, 10-14.22-23; Vangelo di Giovanni, cap.14, 23-29.
La preghiera della domenica è in comunione con tutte le comunità e Chiese cristiane.
Il calendario ci porta oggi le memorie di Nicolaus Ludwig von Zinzendorf, riformatore religioso e sociale e quella di Luis Dalle, vescovo, amico dei poveri in Perù.
“È certamente, questa, una delle leggi singolari e difficili del cattolicesimo: difendere le proprie idee e i propri diritti, ma difenderli amando coloro che combattono per ideali opposti; e amare significa essere in ansia per la loro vita, avere a cuore il loro buon nome, saper pregare per loro, essere capaci di offrire in ogni momento un sorrriso di pace, e questo non vuol dire essere fiacco”: lo insegnava Vittorio Bachelet e, forse, anche per questo è morto. Vogliamo ricordarne la lezione in questo giorno, in cui, nel vostro Paese, si è celebrata la Giornata della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice.
“Se amiamo gli altri non come sono, ma come dovrebbero essere, tocchiamo la maschera ma non il volto. Gesù toccava i volti”: è invece la lezione di un prete che ha imparato da Gesù. Che oggi fa gli anni. Auguri, don Angelo!
Oggi, qui da noi è il “Dia das mães”, e forse lo è anche da voi. E, giusto stasera, ci è arrivata una lettera da un amico di costì, che ricorda sua mamma, che compirebbe oggi cent’anni. Forse è una storia di altri tempi, e forse no, qui, almeno da noi, se ne trovano ancora di storie simili. Comunque, nel congedarci, in una sorta di omaggio alle mamme, scegliamo di proporvela (rispettando l’anonimato del nostro amico) come nostro
PENSIERO DEL GIORNO
La mia vecchia, se ci fosse, farebbe oggi cent’anni. Dico la “mia” vecchia, anche se, di figli e figlie, ne ha avuti undici, alcuni dei quali l’hanno già seguita. “Mia”, perché ciascuno, la figura della madre, la vive a modo suo. Alle medie, avevo scritto in un tema che lei era bella come una Madonna del Raffaello e che ogni giorno mi aspettava al ritorno da scuola in cima alla scalinata marmorea all’entrata di casa. E il professore si era incuriosito ed era andato a trovarla. Beh, la scala non era proprio di marmo, né si trattava di una scalinata, ma solo di sei gradini, e quella che si era affacciata alla porta, al suono di un campanello, era una donna semplice, che dimostrava più dei suoi anni, con il volto smagrito, e i capelli grigi raccolti a crocchia, come usavano le nonne, e non le mamme, ma forse anche le Madonne del Rinascimento. Solo qualche anno più tardi, le figlie l’avrebbero convinta a farsi la permanente e poi a metterci anche un po’ di colore. Sicché lei divenne più giovane da vecchia di quanto non lo fosse da giovane. Al di là dell’aspetto, però, la mamma aveva mantenuto un che di bambina. Una bambina vivace e ostinata, come la ricordavano le sorelle. Di quei caratteri che però aiutano ad affrontare la vita e a infondere coraggio agli altri – quante volte e a quanti altri! – mentre a sé, quando proprio bisognava, riservava delle lacrime nascoste e degli sguardi, per un momento, tristi. Per il resto era solo entusiasmo, movimento e allegria. Da quando si alzava per prima, la mattina, e cominciava a dare la sveglia ai figli, secondo l’orario di ciascuno, e passava a dar aria alle camere e a rifare i letti, e intonava le preghiere, o cantava: “Andrò a vederla un dì”, mentre noi ci si lavava e ci si preparava per uscire, i più grandi già a lavorare e noi pronti per la scuola. Ma, prima, lei prendeva noi più piccoli per mano e ci portava in chiesa, a messa. Un costume che aveva appreso quando era ancora ragazzina, e la messa nella sua parrocchia era alle cinque del mattino. Una cosa che non avrebbe mai lasciato, come del resto il papà, prima di ammalarsi e poi partire. Anche su questo si erano proprio trovati. Poi ci accompagnava alla porta di scuola. E se ne tornava a casa. E, lì, era lavoro, lavoro e ancora lavoro. La sera, a chiudere la giornata, c’era il rosario, tutti insieme, e, una volta la settimana, il Vangelo. Poi noi si andava a dormire e lei restava lì a cucire, rammendare, ultimare i lavoretti che erano rimasti in sospeso. Compresa qualche preghiera in più, che, diceva, non ce n’è mai troppa. Così ci ha cresciuti tutti e ci ha consegnati alla vita. Sobriamente, senza coccole, né troppe smancerie, anzi, a volte, con qualche severità che noi si pensava di troppo, senza regali, salvo a Natale, senza impossibili lussi. E senza chiedere nulla in cambio, se non la felicità di vederci sereni, felici, uniti. In grazia di Dio, come diceva lei. Come se fosse ancora qui. (G.M., La mia vecchia farebbe cent’anni).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.