Carissimi,
“Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8, 12). Dicono che le luci che venivano accese nel tempio di Gerusalemme, durante la festa di Sukkot, o delle Capanne, illuminavano di notte tutta la città. Ed è nel contesto di questa festa che Gesù rivendica per sé questo titolo. Come un’attualizzazione e un applicazione a sé della parola della Sapienza, che suonava: “Invece delle tenebre desti loro una colonna di fuoco, come guida in un viaggio sconosciuto e come un sole innocuo per il glorioso emigrare” (Sap 18,3). Dove, se la colonna di fuoco era stata, allora, la luce della Legge che guidava gli ebrei nel loro cammino dalla schiavitù alla libertà, ora Gesù, col il suo agire, ne dischiudeva il più intimo e vero significato. Forse si spiega così l’inserimento dell’episodio dell’adultera (Gv 8, 1-11), arrivato da chissà dove, come sua illustrazione. La Legge non ci è data per condannare, né per giudicare gli altri, ci è offerta per ricevere e dare Vita. Questo ininterrotto flusso di vita, che è la “luce degli uomini” (Gv 1, 4) è la Parola di Dio che, certo, ha preso corpo in Gesù, ma che illumina anche, da sempre, misteriosamente, ogni uomo (Gv 1, 9). E che, perciò, ogni uomo, qualunque sia la sua religione o non religione, la sua cultura, la sua visione di vita, il suo sguardo sulla realtà, in qualche modo rifrange. Per questo è importante rispettare tutti, farsi attenti a tutti, ascoltare tutti. Tutti sono Parola di Dio che ci interpella. Persino quell’adultera che noi avevamo pensato di poter liquidare così facilmente. Persino, perciò, la storia di peccato che vediamo talvolta (?) emergere nella società, nella chiesa, nel nostro stesso vissuto. E la tristezza che ne deriva. E la nostalgia di altro. Come ci scriveva proprio ieri un’amica di lì, anche in riferimento alle bassezze che conosce la vostra attuale stagione politica.
Oggi, il calendario ci porta la memoria del gesuita Luis Espinal Camps, martire in Bolivia.
I testi che la liturgia propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Daniele, cap.13,1-9.15-17.19-30.33-62; Salmo 23; Vangelo di Giovanni, cap.8, 12-20.
La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni dell’India: Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.
Oggi, a mezzogiorno, se n’è andata dona Geralda, che da qualche giorno era ricoverata nel reparto di terapia intensiva di un ospedale di Goiânia. Abitava una casina piccola piccola, a fianco di seu Ciato e dona Fia, una di quelle case che pensi esistano solo nelle fiabe. Da cui sorrideva sempre, anche con gli occhi, salutando festosamente quando le si passava davanti. Ora se ne starà là a far festa con i suoi santi re, san Giovanni e il divino Spirito Santo, di cui non sapeva bene le precedenze (che non importano, a dire il vero neanche a loro, abituati come sono a cedere il passo), ma che sono stati comunque l’allegria della sua vita, povera e sofferta. Oggi è anche il compleanno del piccolo Vitor, figlio di Aparecida e nipote di dona Dominga. Da settimana scorsa ce lo viene ricordando e merita davvero il vostro ricordo nella preghiera.
Delle “preghiere a bruciapelo” di Luís Espinal, qualcuno ha scritto che ci portano “a riavvivare in noi il desiderio di lottare per queste utopie sempre più screditate, a credere che un altro mondo è possibile. La nostra società ha bisogno di profeti come Luis Espinal, profeti della denuncia di ogni forma di ingiustizia e di sfruttamento, ma anche dell’annuncio della vittoria finale della giustizia e della vita”. Una di queste “Oraciones a quemarropa” vi proponiamo, nel congedarci, come nostra
PENSIERO DEL GIORNO
Passano gli anni, e se guardiamo indietro vediamo che la nostra vita è stata sterile. Non siamo passati facendo del bene; non abbiamo migliorato il mondo che ci avevano consegnato. Non lasceremo tracce. Siamo stati prudenti, e ci siamo presi cura di noi; ma, perché? Il nostro unico ideale non può essere: arrivare alla vecchiaia… / Signore, ci fa paura passare per la vita senza lasciare tracce. Passare, lasciando solo una scia di fumo, come un reattore. / Stiamo risparmiando la vita, per egoismo, per viltà. Sarebbe terribile sprecare questo tesoro di amore che Tu ci hai dato. / Signore rafforza il nostro amore. Dacci un amore esplosivo, che non si consumi in sentimentalismo, ma in azione. Ci fanno paura i piani, le frasi. Perché finiscono in parole. E, intorno a noi, continua il freddo e la notte. Sbriciolaci in amore. / Noi vogliamo un amore terribile, divino e onnipotente, che ci espropri di noi stessi. Noi amiamo Te, Gesù Cristo rivoluzionario, più violento con Te che con gli altri. / Siamo pieni di egoismo, brucia il nostro essere. Vorremmo adempiere il tuo Testamento, il tuo comandamento unico: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati”. Vorremmo essere cristiani per davvero, forgiatori di un mondo nuovo; preparando già, da adesso, il cielo nuovo e la nuova terra che Tu hai annunciato. / Passano gli anni, e viene ormai meno la frenesia giovanile. Ci siamo abituati a vedere il mondo ingiusto come una cosa normale. Gesù Cristo, non ci vogliamo spendere solo in parole, inutilmente. (Luis Espinal, No ahorrarnos).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.