Carissimi,
“Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce, disse: Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi! Gli diceva infatti: Esci, spirito impuro, da quest’uomo! E gli domandò: Qual è il tuo nome? Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti” (Mc 5, 6-9). Curioso! Quell’uomo di cui poco prima è detto che “nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene” (v.3), ora è lì, in ginocchio ai piedi di Gesù, e lo prega supplichevole: non farmi del male! In realtà, non è lui che prega così, ma lo spirito, anzi la “legione” di spiriti che lo possiede. Il diavolo, dunque, questo principio che ci divide interiormente e ci contrappone agli altri e ci allontana da Dio, non è così forte come sembrerebbe a prima vista. Può essere vinto. Non da noi stessi, certo. Fosse per noi, continueremmo per l’eternità a farci del male e a fare del male. Incapaci come siamo di ritrovare e riconoscere come nostra più vera realtà quella dimensione del dono che è la nostra Origine. Fosse solo per noi, anche il donare e il donarci sarebbe nient’altro che un travestimento, per continuare a farci e fare del male. Per dominare e servirci degli altri, non per liberarli e servirli. L’indemoniato del racconto è immagine nostra e insieme del mondo che conosciamo. Noi e il mondo non ancora redenti. Noi che riconosciamo in Gesù il Figlio (cioè, la Verità) del Dio altissimo, ma lo percepiamo come una minaccia e non come la nostra salvezza. Noi, abitati dallo spirito di paura, di sospetto, di odio, di ambizione, di invidia, di lussuria e quant’altro, da quando il Serpente ci ha suggerito l’idea che Dio (e perciò ogni altro) si dia nella forma del Potere e della prevaricazione e noi abbiamo deciso di essere perciò come Lui, meglio di Lui, usando degli altri come cose. Da allora, questa è diventata la logica del sistema. Che è così peccato nostro personale e peccato del mondo. “C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare” (Mc 5, 11-13). Duemila non son mica pochi. Noi da quanti contrastanti, illusori, desideri siamo ancora abitati? Per quanto tempo ancora, faremo e ci faremo del male? Quando Lui arriverà nella nostra storia e ce ne libererà, cacciandoli nelle profondità del mare, e, restituendoci a una gioia, non solo di facciata, ci farà suoi discepoli, inviati ad annunciare le meraviglie operate dal Signore?
I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
2° Libro di Samuele, cap. 15,13-14.30; 16,5-13; Salmo 3; Vangelo di Marco, cap. 5,1-20.
La preghiera di questo lunedì è in comunione con le comunità del sangha buddhista.
PENSIERO DEL GIORNO
La pace di Cristo, la pace cristiana, non è la pace del rinunciatario, non è la pace di chi si rifiuta e sottrae alle lotte ed agli impegni della vita, soprattutto alle lotte ed agli impegni di una vita che abbia accettato il cristianesimo, non è una pace che stia al di qua della vita con le sue guerre, bensì attraverso e al di là di queste, una pace spirituale e invisibile. È, oltre tutto, la pace di chi si ritiene mobilitato per reprimere e sconfiggere il male che sta attorno a lui e che sta in lui stesso come in ognuno di noi, non la pace di chi lo accetta e accetta se stesso supinamente così com’è, cioè così come si trova nel momento in cui si accetta. È la pace di chi non disarma di fronte a se stesso, di chi si giudica, di chi si confessa, cioè di coloro ai quali sarà possibile rimettere i peccati secondo la consegna che abbiamo visto del Cristo agli apostoli. Io sento, io so che la mia vita, che la pace della mia vita è legata alla fedeltà ch’io serbo alla scelta che un giorno ho dovuto fare, se pur l’ho fatta. Posso illudermi, per un momento, di trovare una pace nell’abbandonarmi alla vita, dimenticandomi di essa, ma per accorgermi quasi subito, a mie spese, che si tratta di una falsa pace, di un abbandono fittizio, perché il peso di quella scelta mi perseguita e non mi permette di vivere come tutti gli altri. Proprio come diceva il Savonarola, apostrofando, nella persona del diavolo, tutti quelli che lo invitavano a cedere: “Io non voglio tuoi consigli né tua pace, poiché la tua pace è senza pace, e la tua guerra non rompe la mia pace”. (Camillo de Piaz, Vangelo della risurrezione con due esempi di laicità).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.