Carissimi,
‘‘Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore’’ (Lc 4, 18-19). Questa profezia, ci dicevamo stamattina, riassume la vocazione e la missione di Gesù. E anche quella della chiesa e la nostra, se vogliamo che sia, come dovrebbe essere, riflesso della sua. E della verità del Padre. Ogni discorso su Dio, sul Dio della Bibbia, sull’Abba di Gesù, non può che essere un discorso e una pratica di liberazione. Il primo teologo della liberazione (grazie a Dio, non c’era ancora a quel tempo la Congregazione per la Dottrina della Fede) è stato Gesù, o lo Spirito che lo ispirò. E noi, la nostra comunità, la nostra Chiesa, che discorso proponiamo su Dio? Con le nostre parole, sì, ma, più ancora, con le nostre azioni, nei confronti dei poveri e degli oppressi del nostro tempo.
Il martirologio latino-americano ci propone la memoria dei coniugi Felipe e Maria Eugenia Barreda, martiri in Nicaragua, e quella di Pablo Gazzarri, presbitero e martire in Argentina.
I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1ª Lettera di Giovanni, cap.4, 19-5, 4; Salmo 72; Vangelo di Luca, cap.4, 14-22a.
La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.
Noi ci congediamo qui, con un brano che ci pare particolarmente pertinente, tratto dal libro di Jon Sobrino, “Tracce per una nuova spiritualità” (Borla). Che è per oggi il nostro
PENSIERO DEL GIORNO
Credo che la Chiesa europea, come qualunque altra Chiesa, avrà un futuro nella misura in cui si integrerà davvero nella nostra umanità attuale, umanità costituita da milioni di poveri che soffrono e vogliono vivere, che mantengono fede e speranza, che non smettono di tentare la propria liberazione; che, con linguaggio evangelico, sperano e lavorano per il regno di Dio. Si dice a volte che le Chiese dell’America Latina abbiano un grande vantaggio su quelle europee, perché in America Latina questa realtà dell’umanità appare più patente ed è quindi più facile inserirsi in essa. Vantaggio certamente tragico ma offerto a tutti: rendersi corresponsabili del futuro di questa umanità di poveri. Quando ciò si verifica la vita riacquista il suo significato e persino la sua gioia; il Vangelo è buona notizia; Cristo torna ad essere il Gesù di Nazaret. La vita dei credenti diventa sequela di Gesù nel mondo di oggi. Tale sequela non è più accompagnata dal vecchio trionfalismo ecclesiale, bensì dalla sobrietà basata sulla verità. La vita diventa un cammino dal profondo significato, non perché noi cristiani abbiamo già soluzioni per tutto, ma perché, oggettivamente, sappiamo in quale direzione ci muoviamo: il regno di Dio; e, soggettivamente, perché ci mettiamo al servizio della vita. Il futuro della Chiesa dipende dalla sua decisione di compiere quanto diceva il profeta Michea: “Praticare il diritto e la giustizia e camminare, senza trionfalismo da un lato, e senza complessi di inferiorità dall’altro, ma umilmente, col tuo Dio”. Facendo il regno di Dio, come Gesù, andiamo verso quel Dio. In questo modo, i credenti e le Chiese assumono la loro corresponsabilità umana e vivono la gioia della loro fede. (Jon Sobrino, Tracce per una nuova spiritualità).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.