Carissimi,
“Chiamarono il cieco, dicendogli: Coraggio! Àlzati, ti chiama! Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: Che cosa vuoi che io faccia per te? E il cieco gli rispose: Rabbunì, che io veda di nuovo! E Gesù gli disse: Va’, la tua fede ti ha salvato. E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada” (Mc 10, 49-52). Stamattina, alla fine della messa, su all’Aeroporto, Né ci diceva: frei Mingas, quando prega, parla davvero con Dio. Ne siamo convinti anche noi tanto che, chissà forse ci ripetiamo, ogni volta ci si aspetta che prenda il volo. Poi, però, per fortuna, non lo fa. Il cieco di Gerico. Di ciechi, Gesù ne aveva guarito un altro, a Betsàida, due capitoli prima (Mc 8, 22-26). Ma che fatica, per fargli recuperare la vista! Forse, sia qui che là, i ciechi più veri che Lui deve guarire siamo noi. Noi, sua chiesa cieca, incapace di vedere Dio e i poveri che gridano a Lui. Finché qualcuno, che ne capisce di più, in tutto il baccanale che lo circonda, ne ascolta la voce e va dal cieco e gli dice: Coraggio! Alzati, ti chiama. Ed è la chiesa come dovrebbe essere che scuote la chiesa (ma anche l’umanità) disposta a cambiare. Che io veda, Signore! Non voglio, davvero, altre cose. Solo vedere. Non te, come sei, che so essere impossibile, ma te negli altri, te nelle cose. Lo voglio davvero, sai. Anche se non posso offrirtene le prove, se non questo mio gettare via il mantello, che mi ha tenuto finora prigioniero, raggomitolato su me stesso. Chissà, la mia storia, i miei egoismi, la mia sudditanza al sistema. Come suggeriva frei Mingas, che, il suo mantello, deve averlo buttato tanto tempo fa. Oggi, Signore, spicco anch’io il mio balzo verso di te. Dammi costanza. Ti voglio seguire. Per sempre.
I testi che la liturgia di questa XXX Domenica del Tempo Comune propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Geremia, cap.31, 7-9; Salmo 126; Lettera agli Ebrei, cap.5, 1-6;Vangelo di Marco, cap.10, 46-52.
La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.
Oggi facciamo memoria di Henri Perrin, preteoperaio.
Tiazinha, all’Asilo, continua a stare niente bene. E, oggi pomeriggio, anche dona Virgilia era un po’ fuori di testa, aveva visioni e straparlava. Dona Maria, parla come se fosse ancora a casa sua, in altri tempi. E, a pensarci bene, forse è meglio così. La giovane Ivone che fino a qualche tempo fa chiamava sempre e solo: mãe, ora non lo dice più. Gli uomini, al piano di sotto, sono anche più tristi e soli. Venite a farci un giro, all’Asilo. Almeno voi. Anche solo con la preghiera.
Noi chiudiamo qui, lasciandovi a una citazione di Mons. Guy Déroubaix, vescovo di Saint-Denis-en-France, scomparso nel 1996, tratta dall’articolo “Persistenza di un’intuizione”, dedicato al tema dei pretioperai. La troviamo nel sito www.pretioperai.it ed è, per oggi, il nostro
PENSIERO DEL GIORNO
Dopo la sospensione dell’ “esperienza” dei pretioperai nel maggio 1954, dopo la fondazione della Missione Operaia nel 1957, dopo la ripresa ufficiale nel 1965 dei pretioperai nella Chiesa francese, dopo il 1968 e nonostante le folate di freddo calate sulla Chiesa in questi ultimi tempi, sono ancora presenti circa 700 pretioperai in Francia. “Certo: è necessario esserci!”: è l’espressione di uno di loro. Questa convinzione, che ha già i suoi anni, si è rafforzata con il passare del tempo. Esserci, nascosti come fondamenta. Continuare, attraverso i mutamenti attuali della classe operaia e della società. Esserci, in una vita di militanza. Ricordare, a tempo o fuori tempo, che non si costruirà nulla di vero o di durevole senza gli operai. […] In queste situazioni, dei preti vivono la loro fede. In queste situazioni pongono il problema di Dio con la loro stessa vita, con i loro gesti e anche con la Parola. Per annunciare questa parola sono stati ordinati preti e nella loro vita di lavoro compiono il ministero che è stato loro affidato. È diminuito il loro numero, come è diminuito il numero dei preti nel nostro paese. Circa un terzo sono in pensione o in prepensionamento. Ma nuovi preti operai vengono inviati dai loro vescovi. Uno di quelli che io ho ordinato è entrato in fabbrica il giorno dopo l’ordinazione. La Chiesa ha bisogno di questo segno utopico, di questo invito evangelico cui ha risposto per primo lo stesso Pietro: “Vai al largo e getta le tue reti”… Questo persistere di un’intuizione profetica mi impressiona sempre più. C’è sempre bisogno di profeti. Ma diventano rari ai nostri giorni. Ci mancano. Quello che essi annunciano deve prender carne, in mezzo al popolo, come Gesù a Nazareth. Sono quarantacinque anni che camminano, con i ritmi di una vita nascosta. Raramente occupano il primo posto sulla scena. Non fanno parte della “chiesa-spettacolo”. Ma ci raccontano la Chiesa, mistero di Dio tra gli uomini, Chiesa di Gesù Cristo. (Guy Déroubaix, Persistenza di un’intuizione).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.