Carissimi.,
“Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: Non hanno più vino. E Gesù rispose: Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora. La madre dice ai servi: Fate quello che vi dirà” (Gv 2, 1-5). No, non ci siamo sbagliati. Il Vangelo qui da noi, oggi, è questo delle nozze di Cana, per via della festa di Maria, che, con il nome di Aparecida, è patrona del Brasile, ed è titolare (si dirà così?) di un santuarietto, grande una spanna, alle porte di Goiás, no alle porte, ma ad una dozzina di chilometri e forse venticinque da Itaberaí, che si trova dall’altro lato. Chilometri che una fila ininterrotta di pellegrini si macina per tutta la notte e poi lungo la giornata, con allegria, fatica e devozione (quest’ultima, a volte, un po’ mascherata). Adorazione di un piccolo, insignificante idolo, per alcuni dei nostri fratelli evangelici. Ma per la povera gente di qui (che neppure sa bene cosa significhi adorazione) è solo chiederle (per qualcuno una volta all’anno, per altri un po’ più spesso): Almeno tu, ci sei? E sentirsi rispondere: Sì, ma voi? Fate quello che Lui vi dice? E non c’è neppure bisogno di vergognarsi. Solo, di pensarci un po’ su.
Dunque, oggi, è la festa di N.S. Aparecida, che è chiamata anche la Vergine piccolina, Madre dei Poveri, Patrona del Brasile.
I testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono propri della festività odierna e sono tratti da:
Libro di Ester, cap.5, 1b-2; 7, 2b-3; Salmo 45; Libro dell’Apocalisse, cap.12, 1.5.13a.15-16a; Vangelo di Giovanni, cap.2, 1-11.
La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.
Il nostro calendario ci porta anche la memoria di Elisabeth Fry, quacchera, amica dei carcerati e riformatrice delle prigioni, e di don Luigi di Liegro, prete dalle mani sporche.
E per ricordare don Luigi Di Liegro vi proponiam, nel congedarci, il brano di un articolo di Marco Damilano, apparso con il titolo “Sulle strade di don Luigi” in “Il Margine” n. 2, del febbraio 1998. Che è per oggi il nostro
PENSIERO DEL GIORNO
La politica di don Luigi, ha detto in un’intervista Emilio, il responsabile della mensa del quartiere di Primavalle, alla periferia ovest di Roma, era tutta contenuta nell’inizio del Vangelo di Giovanni: e il verbo si fece carne. La vicinanza con gli ultimi doveva diventare carne, progetto, competenza: su questo si fondava il modello Caritas costruito da Di Liegro. Di qui l’opera incessante di informazione e di conoscenza, i dossier sui temi più disparati, dall’annuale ricerca statistica sull’immigrazione in Italia (un appuntamento fisso per gli esperti del settore) alle indagini sulle condizioni dei minori. Di qui la denuncia nei confronti della politica corrotta e tutta immagine di destra e sinistra, di qui il tentativo di formare una nuova generazione di giovani attenti al bene comune, con le scuole di formazione politica, i corsi per giovani volontari nelle parrocchie, le settimane per gli obiettori di coscienza cui don Luigi era particolarmente legato. Di qui anche la strategia di coinvolgere il territorio, e in particolare i laici, nella gestione diretta dei servizi Caritas. Di Liegro era stato l’organizzatore del famoso convegno del febbraio ‘74 sui “mali di Roma”, e non aveva dimenticato quella lezione conciliare di partecipazione delle realtà di base. Una scelta che difendeva strenuamente, in tempi di neoclericalismo e di movimenti carismatici. E tuttavia cercava il dialogo, il confronto, il consenso, partecipava anche alle più sperdute assemblee dove sapeva che sarebbe stato duramente contestato per ascoltare, convincere. Era un uomo dal forte carattere, a volte addirittura accentratore, ma che riusciva a mobilitare attorno alle sue intuizioni le energie collettive, le intelligenze migliori, la partecipazione di un’intera città. […] Il giorno dei suoi funerali è stato letto quel salmo che dice “ho invocato la tua giustizia, non ho tenuto chiuse le labbra”. Don Luigi non teneva le labbra chiuse, mai. Era un uomo che non faceva parte di nessun schieramento, ma che – come ha scritto Luigi Pintor sul Manifesto – stava da una parte sola. Per questo ci mancherà, ci manca già. (Marco Damilano, Sulle strade di don Luigi).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.