Carissimi,
“Un giorno andarono a trovarlo la madre e i fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla. Gli fu annunziato: Tua madre e i tuoi fratelli sono qui fuori e desiderano vederti. Ma egli rispose: Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 8, 19-21). Gesù l’aveva insegnato nel suo primo discorso: “Amate i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; perché egli è benevolo verso gl’ingrati e i malvagi” (Lc 6, 35). Ciò che ci fa figli di Dio, cioè fratelli di Gesù, ci rende anzi addirittura sua madre, cioè, capaci di generarlo nuovamente nel mondo, è questa cosa qua, assolutamente impossibile a noi. Per come siamo, per il mondo in cui viviamo. Luca vuole che la sua comunità ce l’abbia ben chiaro in mente: nessuno può appropriarsi di Gesù, o rivendicare un qualche titolo di appartenenza a Lui, se non ascoltando la Sua parola e mettendola in pratica. E perché noi lo si capisca non esita a far fare una figuraccia a Maria e ai fratelli di Gesù. O, forse, a Gesù stesso. Perché, ve l’immaginate, con che palmo di naso, ci devono essere rimasti, quando Lui dice: Mia madre, i miei fratelli, là fuori? No, vi sbagliate, mia madre e i mei fratelli sono questi qui, seduti ad ascoltarmi. E magari era la prima volta che li vedeva. No, non si è suoi, né Lui appartiene a noi, per un qualche legame di sangue, di razza, di popolo, di religione, di chiesa, di cultura, di tradizioni, ma solo facendo quello che Lui fa. Quello che Lui è. E non ci si può scherzare sopra, vescovi, preti o semplici cristiani: ne va dell’onore, no, assai più, della credibilità della nostra fede.
Oggi, il martirologio latinoamericano ci porta la memoria di Eugenio Lyra, martire della lotta per la giustizia.
I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Esdra, cap.6, 7-8. 12b. 14-20; Salmo 122; Vangelo di Luca, cap.8, 19-21.
La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.
Pioggia, pioggia e ancora pioggia, stasera, a rallegrare gli spiriti e la natura intera. Anche se questo ha fatto sì che all’incontro, per la prima volta a casa di Maria José e di Rafael e Caio, i suoi ragazzi, ci si è arrivati solo in quattro ardimentosi: dona Cristina, dona Nady, la piccola e fedele Brenda, e il postino. Sette, il numero perfetto. E, in più, Lui.
È tutto anche per stasera. Noi ci si congeda con il brano di una lettera di Frei Betto a una religiosa salesiana. La troviamo nel libro “O Canto na fogueira” (Vozes), che raccoglie le lettere dal carcere dei tre domenicani Fr. Fernando, Fr. Ivo e Fr. Betto. Ed è, per oggi, il nostro
PENSIERO DEL GIORNO
La parola di Dio non si confonde con nessuna legge, rito, usanza, regime politico o organizzazione sociale. Essa contesta tutto, trasforma tutto. Accettarla è passare a vedere e a vivere in un altro modo. Essa rappresenta una sfida ad ogni parola umana e ci permette di penetrare nel cuore degli avvenimenti. Attraverso essa il cristiano svela il significato radicale della storia. Qual è il contenuto di questa parola? Essa rivela in Gesù Cristo la promessa del Regno di Dio che si manifesta a tutti coloro che amano. Gesù è la parola di Dio che si rivela nella storia umana. Dio ci parla in suo Figlio che si fa presente tra noi come colui che serve e non cerca, invece, di essere servito. Il Figlio di Dio, uomo del popolo, è povero e perseguitato. Il segno della sua presenza è che “i ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella, e beato colui che non si scandalizza di me” (Mt 11, 5-6). […] Qual è la conseguenza di ciò nella nostra vita? Il cammino della Chiesa è quello della povertà e della persecuzione (Lumen Gentium 8). Questo è stato il cammino di Gesù. Perciò, il cristiano deve tradurre nella sua vita la stessa immagine di Cristo, così come è stato nella povertà che Egli ha rivelato la gloria del Padre. […] Dal punto di vista del Vangelo, il povero è colui che pone tutto al servizio dei poveri e che nulla trattiene per sé pregiudicando gli altri. Implica ancora di donare tutto il superfluo, di vivere modestamente e di lottare per la liberazione del povero-carente, l’uomo oppresso e sfruttato, fisicamente e spiritualmente. […] Nella visione dell’amore cristiano tutti gli uomini sono uguali. Così la parola di Dio ci converte e ci fa vedere tutto in maniera differente. Ci strappa dalla mediocrità borghese, chiusa in un universo di illusioni e utopie. Ci lancia nell’avventura imprevedibile della croce – sigillo di garanzia e valore della nostra esistenza. (Fr. Fernando, Fr. Ivo, Fr. Betto, O Canto na fogueira).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.