Carissimi,
“In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna” (Gv 12, 24-25). Anche oggi lasciamo il Vangelo di Matteo per quello di Giovanni, a causa della memoria del giorno. È difficile prendere sul serio queste parole di Gesù, calarle davvero dentro la vita di ogni giorno. Perché comportano il saper morire. E noi si vuole vivere. Anche se, spesso, il “sentirsi vivi” che cerchiamo porta alla morte. A quella più vera, che è il nostro egoismo. Proprio oggi ci raggiunge attraverso gli spazi virtuali questa citazione di un maestro spirituale contemporaneo, l’Archimandrita Zacharias, tratta dal suo libro “The Enlargement of the Heart” (Mount Thabor Publishing): “Non dimenticate che è perché abbiamo timore della morte che pecchiamo. Il peccato regna nel mondo a causa della paura della morte. La paura della morte ci rende egoisti e faremmo di tutto per sopravvivere; e a causa di questo restiamo egoisticamente rinchiusi nel nostro “circuito chiuso”, ma tutto ciò che riusciamo a fare non è altro che aumentare la morte e il peccato. Perciò, la paura della morte ha fatto sì che il peccato regnasse nel mondo, e quando cerchiamo di sopravvivere a ogni costo, ci creiamo dei sostegni falsi al fine di resistere alla morte ma finiamo per intrappolarci sempre più nei suoi denti”. Il peccato, dicevamo in un recente incontro alla chácara di recupero, consiste solo in un errore di indirizzo nella ricerca della felicità. Il martirio, allora, per noi non è altro che recuperare l’indirizzo esatto. Che ce lo fornisce Lui. Ogni altra scelta produce solo tristezza con un’aggiunta, al più, di una pennellata di ipocrisia.
Oggi il calendario ci porta le memorie di due martiri: Lorenzo, diacono della chiesa di Roma, e Tito de Alencar Lima, frate domenicano del Brasile.
I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono propri della memoria del Martire Lorenzo e sono tratti da:
2ª Lettera ai Corinzi, cap. 9,6-10; Salmo 112; Vangelo di Giovanni, cap. 12,24-26.
La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni dell’India, Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.
Oggi Dayane, la nostra Dayane, si è trasferita a Carmo do Rio Verde, dove frequenterà, la mattina, un Corso tecnico di Agropecuaria, e la sera la Facoltà di Informatica. Noi la vedremo solo di tanto in tanto. E la Comunità ne sentirà la mancanza. Rafael, sempre oggi, ha cominciato a lavorare al Frigo Estrela, un centro di macellazione e commercializzazione di carni, a venti chilometri da qui. Levataccia ogni mattina, alle quattro. Ma gli farà bene. Dei nostri, Cida e dona Maria hanno problemi di salute, come anche una nipote di Arcelina, che è ricoverata da alcuni giorni in terapia intensiva. Gerson è partito per una breve vacanza [che è sempre di lavoro] in famiglia. Degli amici di lì, ricordiamo soprattutto Giusi, Luigi e Bruna, che attraversano situazioni difficili. Metteteli tutti, anche voi, nella vostra preghiera.
Di Fr. Fernando, Fr. Ivo, Fr. Betto, compagni di prigionia di frei Tito Alencar Lima, era uscito, trent’anni fa, un bell’epistolario dal titolo “O Canto na Fogueira, Cartas de três dominicanos quando em cárcere político” (Vozes). Da esso prendiamo il brano di una lettera che, nel congedarci, vi proponiamo come nostro
PENSIERO DEL GIORNO
L’esperienza della prigione è stata per noi questo: l’esperienza dell’insicurezza, del sentirsi mancare la terra sotto i piedi, dell’incertezza del domani, dello spogliamento. Come tutto questo genera libertà! Poco a poco, ciò che resta siamo noi stessi, noi e la nostra fermezza interiore, la nostra speranza, il nostro amore. Lá fuori, senza dubbio, il Vangelo ci diceva molto. Ma è impressionante come esso si sia chiarito a partire dalla prigione. Abbiamo scoperto che la croce non era riservata solo a Cristo, né solo ai martiri; essa poteva raggiungere anche noi, ci raggiungeva. E non in una visione intimista del “rassegnati e porta la tua croce”, ma in una visione oggettiva: “se testimonierai la verità, passerai per quello che ho passato io”, “se sarai libero, sopporterai ciò che ho sopportato”. Ciò che era centrale nella vita di Cristo – Passione, Morte, Risurrezione – è diventato palpabile per noi. Abbiamo sentito chiaramente che la morte non sarebbe stata la fine, sarebbe stata un seme. Concretamente, “essi possono uccidere il corpo, ma non possono fare niente di più”. Ed è una morte significativa, che genera vita, illumina attorno a sé. Non è una morte che causa tristezza, è una morte che incoraggia, dà forza, comunica speranza, risuscita coloro che sono caduti. (Fr. Fernando, Fr. Ivo, Fr. Betto, O Canto na Fogueira).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.