Carissimi,
“Appena ritornati presso la folla, si avvicinò a Gesù un uomo che gli si gettò in ginocchio e disse: Signore, abbi pietà di mio figlio! È epilettico e soffre molto; cade spesso nel fuoco e sovente nell’acqua. L’ho portato dai tuoi discepoli, ma non sono riusciti a guarirlo. E Gesù rispose: O generazione incredula e perversa! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Gesù lo minacciò e il demonio uscì da lui e il ragazzo da quel momento fu guarito” (Mt 17, 14-18). Noi ce li immaginiamo, i discepoli, cosa non avranno inventato per guarire il figlio di quell’uomo. Che, a volte, può anche funzionare, ma, altre, proprio no. Perché manca l’essenziale. Che è Lui. Se, Lui, non ce l’abbiamo dentro, se non ci ha liberati, trasformati noi, per primi, in Lui, non c’è niente da fare. “Generazione incredula e perversa”: ci siamo dentro tutti: noi, sua chiesa, e gli altri, il mondo. Oggi, forse, lì da voi, in maniera anche più plateale. Per la legge sui clandestini che entra in vigore. Con una gerarchia chiesastica che, nei suoi recentissimi pronunciamenti, si rivela capace di filtrare il moscerino, ma inghiotte tranquillamente il cammello (cf Mt 23, 24). “Salva la tua creatura, Signore, / l’uomo che porta l’immagine tua. / Uomini schiavi, oppressi, malati, / uomini senza nessuna speranza: / turbe di Lazzari intorno ai palazzi, / morenti a turbe in mezzo ai deserti! / Ed altri uomini empi e rapaci / tutti in peccato, sedotti e perduti, / e leggi ingiuste, torture, violenze, / e sempre il giusto che paga e muore, / fa’ della Chiesa un paese di liberi, / una splendente città di salvati”. Era il sogno di un profeta di costì: David Maria Turoldo. E sì che Lui assicurava: “Se avrete fede pari a un granello di senape, direte a questo monte: Spòstati da qui a là, ed esso si sposterà, e nulla vi sarà impossibile” (Mt 17, 20). Se ci si provasse un po’?
Oggi la Chiesa fa memoria di Domenico di Guzman, fondatore dei Frati Predicatori.
I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro del Deuteronomio, cap. 6,4-13; Salmo 18; Vangelo di Matteo, cap.17, 14-20.
La preghiera del Sabato è in comunione con le Comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israe.
Per stasera è tutto. E dato che è memoria di Domenico di Guzman, scegliamo di congedarci, offrendovi in lettura il ritratto che ne ha tratteggiato il suo immediato successore, Giordano di Sassonia, nel suo “Libello sugli inizi dell’Ordine dei predicatori ”. Beh, non è detto che tutti si debba essere proprio così. È solo uno dei milioni di modi possibili di porsi alla sequela di Gesù. In attesa di leggere il vostro, vi proponiamo questo come nostro
PENSIERO DEL GIORNO
Domenico aveva una volontà ferma e sempre lineare, eccetto quando si lasciava prendere dalla compassione e dalla misericordia. E poiché un cuore lieto rende ilare il viso, l’equilibrio sereno del suo intimo si manifestava al di fuori nella bontà e nella gaiezza del volto. Per questo egli si attirava facilmente l’amore di tutti. Ovunque si trovasse, con tutti usava parole di edificazione, dando a tutti abbondanza di esempi capaci di piegare l’anima degli uditori all’amore di Cristo. Ovunque si manifestava come un uomo evangelico, nelle parole come nelle opere. Durante il giorno, nessuno più di lui si mostrava socievole con i frati o con i compagni di viaggio. Viceversa, di notte, nessuno era più assiduo di lui nel vegliare in preghiera. Alla sera prorompeva in pianto, ma al mattino era raggiante di gioia. Piangeva spesso e abbondantemente; le lacrime erano il suo pane giorno e notte. Egli accoglieva tutti gli uomini nell’ampio seno della sua carità, e perché tutti amava, da tutti era amato. (Giordano di Sassonia, Libello sugli inizi dell’Ordine dei predicatori).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.