Giorno per giorno

Giorno per giorno – 10 Luglio 2009

Carissimi,

“Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi” (Mt 10, 17-20). Il contesto, secondo l’ammonimento con cui Gesù aveva aperto il discorso, è quello della  missione “dentro” casa: “Non andate per la via dei pagani e non entrate nella città dei samaritani. Andate piuttosto alle pecore perdute della casa di Israele” (Mt 10, 5-6). Oggi diremmo: “Cristianità, paese di missione”. Le incomprensioni, le intollerenze, le lotte, le persecuzioni a cui ci si riferisce in questo brano di Vangelo, nascono dentro casa (v.21) e dentro chiesa (v.17). A partire dalle alleanze politiche che lì e qui con il Potere si vanno stipulando e dalle compromissioni e protezioni che ne nascono. Dove, in gioco, non è ovviamente la libertà dell’insegnamento e della pratica religiosa o dell’organizzazione ecclesiastica, che, figurarsi!, un governo sufficientemente accorto si disporrà sempre non solo a tollerarla, ma la garantirà, la tutelerà, se ne farà carico e la finanzierà. Tanto la ritiene importante per la sua stabilità. In gioco c’è, invece, quando c’è, la “causa del suo nome” (v.22). Che si attira l’odio anche e soprattutto di cristianissimi governi e di cristianissimi ceti. Perché è la testimonianza del Suo nome che introduce nelle relazioni umane una logica diversa. Che non è più quella del potere, del prestigio, dell’autoaffermazione, del guadagno. Ma quella della croce. Cioè, della solidarietà verso gli ultimi, portata all’estreme conseguenze, fino alla perdizione di sé. E questo, ove essa cominci davvero ad affermarsi, è davvero pericolosa e destabilizzante.  Dov’è la buona notizia?, ci si chiedeva stamattina. Non ce n’è solo una, ce ne sono almeno due. La prima, che riguarda ciascuno(a) di noi  è che “chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato” (v.22). Il che è molto di più che essersi guadagnati il paradiso (anche se, a dire il vero, Lui se lo annoti per benino, ci guarderemmo bene dal rifiutarlo):  è vivere la vita di Cristo. È Cristo che vive in noi. E non si ha bisogno di altro. La seconda riguarda più in generale la storia: “Non avrete finito di percorrere le città d’Israele, prima che venga il Figlio dell’uomo” (v.23). Di tale venuta, dell’emergere del significato del Nome (il Principio della Cura) nel concreto relazionamento tra individui, classi, popoli e nazioni, noi siamo nel contempo causa, speranza e attesa.  

 

Oggi facciamo memoria di Cirillo d’Alessandria, pastore e padre della Chiesa, e dei 51 Martiri ebrei di Berlino. 

  

Cirillo nacque nel 370, nei pressi di Alessandria d’Egitto, ma della sua vita conosciamo in pratica solo gli eventi che seguirono la sua nomina a papa di Alessandria, nel 412, quando succedette nella carica a suo zio, il patriarca Teofilo, uomo violento e intollerante nei confronti di pagani, ebrei e cristiani che non la pensassero come lui, responsabile tra l’altro, nel 403, della fraudolenta deposizione da patriarca di Costantinopoli di S. Giovanni Crisostomo. A titolo di curiosità, furono i patriarchi della Chiesa alessandrina i primi in ordine di tempo a fregiarsi del titolo di papa (papas, padre), ai tempi di Eracla, 13º patriarca (232-248) sulla cattedra che fu, secondo la tradizione, di san Marco. Cirillo, teologo colto e penetrante, non fu, come del resto lo zio, alla cui scuola era cresciuto, quel che si dice uomo di dialogo. Se anche non vi intervenne personalmente, delegò tuttavia ai suoi armigeri e sostenitori l’organizzazione dei tumulti che portarono alla cacciata degli ebrei da Alessandria, all’espulsione dei Novaziani dalle loro chiese, nonché, nel marzo del 415, alla folle uccisione della filosofa e scienziata pagana Ipazia. Dal punto di vista teologico, Cirillo si dedicò soprattutto ad elaborare una cristologia e una pneumatologia con base nell’Evangelo e nella tradizione. Si scontrò per questo con Nestorio, patriarca di Costantinopoli, sul cui insegnamento teologico ebbe la meglio, nel Concilio di Efeso (431), che vide l’affermarsi della sua teologia dell’Incarnazione: “L’Emmanuele consta con certezza di due nature: di quella divina e di quella umana. Tuttavia il Signore Gesù è uno, unico vero figlio naturale di Dio, insieme Dio e uomo; non un uomo deificato, simile a quelli che per grazia sono resi partecipi della divina natura, ma Dio vero che per la nostra salvezza apparve nella forma umana”. Sembra che, negli ultimi anni di vita, condotto a più miti consigli dalla pluriennale esperienza pastorale, si sia dedicato a ricercare un cammino che aiutasse a superare i contrasti insanabili tra le chiese, creati dalla radicalizzazione del dibattito teologico.  Morì nel 444. La chiesa copta lo ricorda il 27 giugno del calendario giuliano, che corrisponde al nostro 10 luglio.

 

Nel 1519, un folto gruppo di ebrei di Berlino fu accusato del furto sacrilego della pisside e delle ostie consacrate perpetrato in una chiesa di Knoblauch, un paese del circondario. Centoundici ebrei furono arrestati e processati sommariamente. Di essi, cinquantuno furono condannati a morte e trentotto mandati al rogo nella piazza del mercato. Era il 10 luglio 1519. Venti anni dopo, la Dieta di Francoforte li avrebbe riconosciuti tutti innocenti. Vittime dell’odio per la loro fede di cristiani fanatici.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro della Genesi, cap.46, 1-7. 28-30; Salmo 37; Vangelo di Matteo, cap.10, 16-23.

 

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli della Umma islamica, che professano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

 

L’altro ieri sera eravamo andati a casa di dona Apolónia a fare una preghiera breve, che lei aveva accompagnato seduta sul letto, col respiro faticoso cui ci aveva abituati negli ultimi anni. Voleva essere un gesto di amicizia. È stato un commiato. Oggi Lui è venuto a prendersela. Lei gli deve aver detto in tono di rimprovero: quanto ti sei fatto aspettare! Però per noi.

 

Per stasera è tutto.  Noi ci congediamo, offrendovi in lettura un brano del “Commento sul Profeta Isaia” del papa Cirillo d’Alessandria. È, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Il Signore mi ha dato una lingua da iniziati” (Is 50, 4), perché io sappia quando devo parlare. Non contrasta, ma anzi va pienamente d’accordo con un’esatta esposizione il fatto di applicare queste parole del profeta Isaia allo stuolo dei santi apostoli e anche a tutti coloro che credono in Cristo e sono istruiti nella dottrina spirituale, per cui hanno la mente e l’anima largamente illuminate. Possiamo applicare la frase d’Isaia anche a coloro che sono stati resi partecipi dei divini cari­smi e degni di contemplare con i puri occhi dell’anima le profondità della Scrittura divinamente ispirata. Infine, includerò tra i santi quelli che hanno seguito la morale evangelica, la prudenza e la scienza. Costoro, dunque, cantano inni di ringraziamento e pro­clamano che a loro e stata concessa una lingua da iniziati, ossia una lingua capace di parlare con cognizione di causa dei misteri divini e di spiegarli senza errore; essi sono perciò in grado di capire quando e come è opportuno servirsi di parole di consolazione. È quello che fecero i discepoli del Signore, quando riempirono e ricolmarono gli animi e i cuori con la sana  immacolata dottrina della fede cristiana; essi presentarono ogni ascoltatore della divina predicazione l’uno o l’altro discorso, secondo quanto conveniva a ciascuno. Questa fu dunque la lingua da iniziati e il dono della scienza per sapere quando conviene parlare: ed essi dicono che è stata data loro all’alba, ossia è sorto nel loro cuore lo splendore del giorno, il fulgore della luce divina e intelli­gibile, la stella del mattino. Comprenderemo meglio ciò con le parole del beato Paolo che scrive: “Ringraziamo con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce: e lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto” (Col 1, 12-13). (Cirillo d’Alessandria, Commento sul Profeta Isaia).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 10 Luglio 2009ultima modifica: 2009-07-10T23:08:00+02:00da
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