Carissimi,
“Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti; […] vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene almeno per la sua insistenza” (Lc 11, 5-8). Se dunque voi sapete fare questo, quanto più Dio! Ovvero, il buon Dio è un po’ come dona Dominga, che non c’è ora della notte in cui se qualcuno va a bussare alla sua porta (qui, a dire il vero, non si bussa, si battono le mani), non si alzi pronta e disponibile per qualunque aiuto richiesto. Lei lo dichiara (e noi del resto lo si sa) con semplicità, senza nessuna vanteria, e lo fa con tutti, non solo amici e amiche, ma semplici vicini e persino sconosciuti. Dunque noi si può con fiducia rivolgerci a Dio per chiedere ciò di cui di volta in volta riteniamo di avere bisogno, Lui saprà darci ogni volta il suo Spirito (v.13), anche perché, inconsapevolmente, non gli si chieda una pietra, invece di pane, o una serpe invece di pesce, o uno scorpione invece di un uovo.
Oggi noi si fa memoria del Patriarca Abramo, Padre di tutti i credenti nel Dio unico.
Bene, i testi che la liturgia propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera ai Galati, cap.3, 1-5; Salmo (Lc 1, 69-75); Vangelo di Luca, cap. 11, 5-13.
La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.
Nella prima delle sue Conferenze sul Talmud, tenute a Bologna tra gennaio e febbraio del 2000, e pubblicate poi col titolo “Sei riflessioni sul Talmud” (Bompiani), Elie Wiesel rivisita l’episodio della ’Aqedah (letteralmente, il “legamento”) di Isacco e richiama la glossa fattane dal midrash. Vi proponiamo qui di seguito un brano del testo di Wiesel. Che ha a che vedere con la celebrazione del perdono, propria di Yom Kippur, ed è per oggi il nostro
PENSIERO DEL GIORNO
Abramo, data la sua enorme fede nella bontà e nella giustizia divina, sa che il proprio figlio non morirà sull’altare. Questo è il motivo per cui trova la forza interiore di sottomettersi all’ordine datogli da Dio. Come per dichiarare: Signore dell’universo, vuoi la vita di mio figlio, la vuoi attraverso le mie mani? Hinneni, eccomi, ed ecco mio figlio. Adesso vediamo se veramente sarà necessario che io diventi lo strumento della sua morte. L’intuizione di Abramo è corretta: Dio revocherà l’ordine. Abramo riceve questa notizia da un angelo. E perché non da Dio? Per quale motivo solo Dio può ordinare una punizione mortale, mentre l’uomo si deve limitare a salvare una vita umana? Forse c’è un’altra ragione: Dio kavyakhol era imbarazzato… La storia è dunque finita? Non nel Midrash, dove il lettore è testimone di un ribaltamento sorprendente, di un vero e proprio colpo di scena: al posto di gridare la propria gioia, se non la propria gratitudine, Abramo, il primo “’Ivri, colui che viene da l’al di là del fiume”, il primo ebreo, incomincia a discutere. Non ha discusso prima, lo fa adesso. Ascoltate il Midrash. Quando Abramo sentì la voce celeste ordinargli di risparmiare il figlio Isacco, affermò: “Giuro che non mi allontanerò dall’altare prima di aver detto quello che ho da dire”. “Parla” disse Dio. “Non mi avevi promesso che i miei discendenti sarebbero stati tanto numerosi quante sono le stelle in cielo?” “Sì, te lo avevo promesso.” “ E di chi saranno i discendenti? Solo miei?” “Saranno anche i discendenti di Isacco.” “Signore dell’universo” disse Abramo, “avrei potuto dirti che il tuo ordine era in contraddizione con la tua promessa. Ho trattenuto il mio dolore e tenuto a freno la lingua. In cambio, voglio che mi prometti che ogni volta che i figli dei miei figli peccheranno, anche tu non dirai nulla e li perdonerai.” “Così sia” disse Dio. “Che continuino a raccontare questa storia e saranno perdonati.” Questa è la ragione per cui si legge la storia della ’Aqedah a Rosh ha-Shanah. Nei giorni penitenziali, ricordiamo a Dio questa promessa. Ma a Dio non importò, per così dire, essere messo alle strette? Dice il Talmud: “Colui che è Santo, benedetto sia il suo nome, ama essere sconfitto dai propri figli”. (Elie Wiesel, Sei riflessioni sul Talmud).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.