Carissimi,
per chi lavora duro durante la settimana, rinunciare al riposo domenicale non è uno scherzo, e perdersi la proposta tentatrice di una scampagnata in fazenda ancor di più. Questo aiuta a spiegare che ci sia chi ha dato forfait in questo terzo mutirão (lavoro comunitario a titolo gratuito) organizzato per sistemare la casetta di Divina e Aparecida. Lo “zoccolo duro”, comunque, ha resistito. Così, stamattina alle otto, sotto una pioggerellina mite e insistente, con cui il buon Dio sembra aver voluto benedire l’iniziativa, si era sul posto, armati degli strumenti del mestiere. Dei volonterosi, ricorderemo, questa volta, solo il nome di Marcinho, che, del mutirão di oggi, a causa anche della temporanea indisposizione di Valdiron, si è accollato il peso maggiore, e quello del giovanissimo William, che da qualche tempo è una presenza fissa nelle attività della Comunità. E trasmette allegria ed entusiasmo. L’unica retribuzione prevista in questo tipo di lavoro è il pasto comunitario, la merenda, il caffè, l’acqua fresca e l’allegria dello stare insieme. Offerti ugualmente a tutti, quale che sia il contributo apportato, il tempo speso e la stanchezza che ne è derivata. Gesù doveva conoscere o immaginare qualcosa dello spirito del mutirão, quando raccontò la parabola degli operai mandati nella vigna (Mt 20, 1-16a). Che ancora oggi non manca di lasciare perplessi quanti sono abituati a misurare prestazioni e relativi compensi col cartellino orario, quando non col cronometro alla mano. Premiando meriti e capacità dei migliori, più efficienti e più fortunati, e sacrificando la persona e la vita di chi non è in grado di rendere a sufficienza, di reggere i ritmi imposti o di giungere a tempo. La logica del regno di Dio è differente, per certi versi simile a quella proposta, in tempi più recenti, da un altro ebreo come Gesù. Che suona: Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo le sue necessità”. E, infatti, a sera, gli operai del racconto ricevono tutti in egual misura: quanti hanno lavorato tutto il giorno, come chi ha lavorato un’ora sola. Parabola della liberalità e gratuità di Dio. Della sua sovrabbondante grazia. Invito a convertirci a Lui, penetrare nella sua maniera d’essere, nel suo mistero.
I testi che la liturgia di questa xxv Domenica del Tempo Comune propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Isaia, cap.55, 6-9; Salmo 145; Lettera ai Filippesi, cap.1, 20c-24.27; Vangelo di Matteo, cap.20, 1-16a.
La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità é chiese cristiane.
Oggi il calendario ci porta la memoria di Matteo, apostolo ed evangelista, e del gesuita Gabriele Malagrida, apostolo del Brasile.
Seguire Gesù, convertirci alla logica del regno di Dio, imparare da suo Padre. In questo consiste l’essere discepoli. Per questo Gesù chiamò Matteo e gli altri. Chiama, se vogliamo capirlo e siamo disposti a rispondergli, anche noi. Dal libro di Dietrich Bonhoeffer “Discipulado” (Editora Sinodal), che ci pare sia edito in Italia con il titolo “Sequela”, prendiamo questo brano che, nel congedarci, vi proponiamo come nostro
PENSIERO DEL GIORNO
Essere discepoli significa compiere determinati passi. E, da subito, il primo passo che segue la chiamata, separa il discepolo dalla sua esistenza precedente. Così la chiamata alla sequela crea immediatamente una nuova situazione. Restare nella vecchia situazione ed essere discepolo è impossibile. All’inizio questo era ben evidente. Il pubblicano dovette abbandonare il banco delle imposte; Pietro dovette lasciare le sue reti, per seguire Gesù. Secondo la nostra comprensione ci potevano essere altre soluzioni: Gesù avrebbe potuto offrire al pubblicano una nuova conoscenza di Dio permettendogli di restare dove si trovava. Questo sarebbe stato perfettamente possibile, se Gesù non fosse il Figlio di Dio fatto uomo. Ma, dato che Gesù è il Cristo, doveva diventare chiaro che il suo messaggio non è una dottrina, ma una nuova creazione dell’esistenza. Si trattava di andare realmente con Gesù. Colui che era chiamato capiva che, per lui, c’era solo una possibilità di fede in Gesù, e cioè, abbandonare tutto e andare con il Figlio di Dio fatto uomo. Con il primo passo, il discepolo è posto nella situazione di poter credere. Se non segue Gesù, se resta indietro, non imparerà a credere. Chi è chiamato deve uscire da una situazione in cui è impossibile credere, verso un’altra in cui è già possibile credere. Questo passo non ha in sé nessun valore pragmatico; si giustifica solo per la comunione stabilita così con Gesù. Se Levi rimanesse alla dogana, o Pietro con le sue reti, potrebbero continuare onestamente e fedelmente le loro rispettive professioni, potrebbero conservare l’antica e la nuova conoscenza di Dio; ma se vogliono apprendere a credere in Dio, devono seguire il Figlio di Dio fatto uomo e camminare con lui. (Dietrich Bonhoeffer, Discipulado).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.