Carissimi,
“Io vi conosco e so che non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste. E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo?” (Gv5, 42-44). Noi ci se la cava sempre, pensando che Gesù stesse parlando ai suoi contemporanei (e, certo, qualcuno ci sarà stato a meritarsi queste parole, al suo tempo o a quello dell’evangelista), ma egli parla per noi, per la sua chiesa, oggi. Parla di lei. Sia chiaro, riceverlo a parole, lo riceviamo, ce ne riempiamo persino la bocca, nel proclamarlo Signore, ma spesso è solo il tempo di uno show, di un raduno in piazza, di un momento di esaltazione in chiesa. Poi, avendo dato a Dio ciò che è di Dio, si torna tranquillamente a dare all’io ciò che è dell’io. Cioè, tutto. Credere a colui che Dio ha inviato significa praticare le sue opere. E il Vangelo ci serve a ricordare quali siano queste opere: “Mi ha mandato ad annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare il tempo di grazia del Signore” (Lc 4, 18-19). Verifichiamo allora su queste parole la nostra pratica di chiesa e quella di semplici cristiani che costruiscono la città dell’uomo e sapremo se davvero crediamo in Lui, e l’abbiamo accolto, e siamo andati a Lui per avere vita. O, se invece, siamo solo furbetti o buffoni che usano lui e il suo Nome, in vista della propria gloria, magari per un’apparizione in più in video, o per vedere il proprio nome sui giornali o sul bollettino parrocchiale e sulla bocca dei propri devoti (tutti abbiamo un qualche devoto a disposizione, magari anche solo la mamma!), conoscenti e vicini. O, lì da voi, dato che siete in tempo di elezioni, per guadagnarsi qualche seggio di più in parlamento.
Due sono le figure che ricordiamo oggi: Martin Niemoeller, pastore della Chiesa Confessante, e Jean-Pierre de Caussade, mistico e maestro spirituale.
Non sappiamo molto di Jean-Pierre de Caussade, salvo il fatto che nacque nel 1671 e che entrò nella Compagnia di Gesù, a Tolosa, nel 1693. Svolse il suo ministero in compiti relativamente insignificanti. Per un anno fu direttore spirituale delle Suore della Visitazione, a cui indirizzò una serie di lettere, che in seguito furono raccolte nel testo “Abbandono alla Divina Provvidenza”, in cui de Caussade sottolinea l’importanza del sacramento del momento presente: incontrare Dio negli avvenimenti più umili del nostro quotidiano. Morì il 6 marzo 1751.
I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro dell’Esodo, cap.32, 7-14; Salmo 106; Vangelo di Giovanni, cap. 5,31-47.
La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.
Abbandono alla volontà di Dio crediamo non significhi accettare passivamente qualunque cosa succeda, come se tutto fosse indifferentemente espressione della volontà di Dio. Sua volontà è, infatti, che venga il suo regno tra di noi. Che viga cioè nel mondo giustizia, fraternità, libertà e pace. Questo e solo questo dobbiamo perseguire, costi quel che costi a livello personale. Il resto, secondo la promessa, ci sarà dato in sovrappiù. Sullo spirito di abbandono, vi proponiamo, nel congedarci, una pagina di Jean-Pierre de Caussade, tratta dalle sue “Lettres Spirituelles” (Desclée de Brouwer). È il nostro
PENSIERO DEL GIORNO
Lo spirito di abbandono totale, con la domanda fervente e reiterata di compiere tutte le sante volontà di Dio, prelude spesso il passaggio a stati interiori duri e crocifiggenti. Non si ha, perciò, da far altro che prepararsi davanti a Dio con una totale sfiducia in se stessi e una grande fiducia in lui, abbandonandosi a tutto, senza attardarsi su nulla, a meno che Dio non lo manifesti: su ciò vi dirò di passaggio che se, per la mancanza di tiranni, non vi sono più martiri della fede a versare il loro sangue, Gesù Cristo non rinuncia ad avere dei martiri della sua grazia attraverso le crocifissioni interiori che si compiono nelle anime per purificarle sempre più, per renderle capaci di un’unione sempre più grande e intima con Dio, che è tutto purezza e santità. Il sentimento di confusione e annientamento interiore è un effetto vigoroso dello Spirito di Dio: tutte le grazie che Egli ci fa devono sempre portare con sé l’umiltà e dobbiamo guardare come sospette tutte le impressioni che non tendono a questo e che lasciano in noi stessi la minima traccia di orgoglio, di presunzione e di vanagloria. (Jeanne-Pierre de Caussade, Lettres Spirituelles).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.