Carissimi,
“Uscito dalla sinagoga entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Chinatosi su di lei, intimò alla febbre, e la febbre la lasciò. Levatasi all’istante, la donna cominciò a servirli. ” (Lc 4, 38-39). Stasera ci dicevamo che la parola chiave di questo brano sta nel verbo che chiude il versetto 39. Che, nel testo originale, è all’imperfetto: “li serviva”. Conseguenza di una guarigione non da una febbre qualsiasi, tanto è vero che Gesù deve “sgridarla”, e se Luca si sente in dovere di riportare un episodio altrimenti insignificante è perché esso deve essere letto al di là del suo senso immediato, come cifra che designa la modalità d’essere della comunità che intende porsi al suo seguito. Dell’intera comunità, in tutti i suoi membri, uomini e donne. Non stava, Gesù, inventando in quel momento le perpetue, né designando il ruolo delle donne, ma mostrando ai suoi discepoli a cosa si dovevano convertire: allo spirito di servizio. Cosa che sfortunatamente i discepoli di allora tardarano ad intendere, se è vero che ancora alla vigilia della passione di Gesù staranno litigando tra loro in termini di potere. Non diversamente da quanto accade a noi, discepoli di duemila anni dopo, perduti alla ricerca del nostro spazio di potere, dentro e fuori della Chiesa.
Oggi noi ricordiamo Charles Péguy, poeta di Dio.
Charles Péguy era nato il 7 gennaio 1873 a Orleans. Rimasto a pochi mesi orfano di padre, fu cresciuto dalla madre, impagliatrice di sedie, e dalla nonna e conobbe la vita dei poveri. Entrato a scuola, studiando sodo e cavandosela bene, riuscì a ottenere una serie di borse di studio che gli permisero di arrivare, nel 1894, all’universitá, dove fu allievo di Romain Rolland e del filosofo Henri Bergson, e dove maturò le sue convinzioni socialiste. Abbandonata l’universita, Péguy si dedicò per tre anni alla stesura del dramma Giovanna d’Arco, il fascino per la cui figura l’accompagnerà per tutta la vita. Nel 1897 sposò Charlotte Baudouin, sorella del suo miglior amico, Marcel, morto l’anno prima. Da lei avrà quattro figli. Nel 1898 a Parigi fondò con altri amici la “Libreria socialista Bellais”, ma l’esperienza non durò a lungo. Nel 1900 Péguy chiarì i caratteri della sua scelta socialista: “Noi siamo tra coloro cui non riesce per nulla di separare la rivoluzione sociale dalla rivoluzione morale, nel duplice senso che da un lato noi non crediamo che si possa realizzare profondamente, sinceramente, seriamente la rivoluzione morale dell’umanità senza operare l’intera trasformazione del suo ambiente sociale, e all’inverso noi crediamo che ogni rivoluzione esteriore sarebbe vana se non comportasse il dissodamento e il profondo rivolgimento delle coscienze”. Nello stesso anno fondò la rivista quindicinale Cahiers de la quinzaine, di taglio socialista e dreyfusista (dal nome di Alfred Dreyfus, un ufficiale francese ebreo che, accusato falsamente di tradimento, divise in quel tempo la Francia, e che Péguy difese accanitamente). Nel 1908, staccatosi dal socialismo ufficiale, ma non dai suoi ideali, confidò ad un amico di aver ritrovato la fede cattolica dei suoi primi anni. Per rispetto e amore della moglie che restava su posizioni agnostiche, non le propose di “regolarizzare” il matrimonio con il rito religioso, né di battezzare i figli. Convinto com’era che “Ci si deve salvare insieme. Non possiamo andare a Dio da soli. Lui ci chiederebbe subito: Gli altri dove sono?”. Negli anni successivi scrisse altri libri, a carattere religioso e mistico, che editorialmente si rivelarono un fallimento. Inviso agli antichi compagni, guardato con sospetto dai cattolici, Péguy, volta a volta pacificato e angosciato, continuò la sua personalissima battaglia, in cui convinzioni, vita, arte, teologia, diventano preghiera e dialogo con Lui. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, si arruolò nella fanteria, come tenente della riserva. Inviato al fronte, cadde colpito a morte, a Villeroy, il 5 settembre 1914, primo giorno della battaglia della Marna.
I testi che la liturgia di oggi propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera ai Colossesi, cap.1, 9-14; Salmo 52; Vangelo di Luca, cap.4, 38-44.
La preghiera del mercoledì è in comunione con tutti gli operatori di pace, quale che ne sia il cammino spirituale o la filosofia di vita.
Bene, è tutto, anche per stasera. Noi ci si congeda qui, con una citazione di Charles Peguy, tratta dal suo “Il mistero dei santi Innocenti”. Che è, per oggi, il nostro
PENSIERO DEL GIORNO
Io sono il loro padre, dice Dio. Padre nostro, che sei nei cieli. / Mio figlio l’ha detto loro abbastanza, che sono il loro padre. / Io sono il loro giudice. Mio figlio l’ha detto loro. Sono anche il loro padre. / Sono soprattutto il loro padre. / Infine sono il loro padre. Colui che è padre è soprattutto padre. / Padre nostro che sei nei Cieli. Colui che è stato una volta padre / non può più essere che padre. / Essi sono i fratelli di mio figlio; sono miei figli; sono il loro padre. / Padre nostro che sei nei cieli, mio figlio ha insegnato loro questa preghiera. / Sic ergo vos orabitis. Pregherete dunque così. Padre nostro che sei nei cieli, / ha ben saputo quel che faceva quel giorno, mio figlio che li amava tanto. / Che ha vissuto tra di loro, che era uno come loro. / Che andava come loro, che parlava come loro, che viveva come loro. / Che soffriva. / Che soffrì come loro, che morì come loro. / E che li ama tanto dopo averli conosciuti. / Che ha riportato nel cielo un certo gusto dell’uomo, un certo gusto della terra. / Mio figlio che li ha tanto amati, che li ama eternamente nel cielo. / Ha ben saputo quel che faceva quel giorno, mio figlio che li ama tanto. / Quando ha messo questa barriera fra loro e me. Padre nostro / che sei nei cieli, queste tre o quattro parole. / Questa barriera che la mia collera e forse la mia giustizia non supereranno mai. /Beato chi s’addormenta sotto la protezione dei bastioni di queste tre o quattro parole. / Queste parole che camminano davanti a ogni preghiera come / le mani di chi supplica camminano davanti alla sua faccia. / Come le due mani giunte di chi supplica avanzano davanti alla sua faccia e alle lacrime della sua faccia. / Queste tre o quattro parole che mi vincono, me, l’invincibile. / E che loro fanno venire davanti alla loro miseria come due / mani giunte invincibili. / Queste tre o quattro parole che s’avanzano come un bello / sperone davanti a una povera nave. / E che fendono l’onda della mia collera. / E quando lo sperone è passato, la nave passa, e dietro tutta la flotta. / Adesso, dice Dio, è così che li vedo; / E per tutta l’eternità, eternamente, dice Dio. /Per questa invenzione di mio Figlio eternamente è così che bisogna che io li veda. / (E che bisogna che io li giudichi. Come volete, adesso, che io li giudichi? / Dopo di questo.) / Padre nostro che sei nei cieli, mio figlio ha saputo sbrigarsela molto bene. / Per legare le braccia della mia giustizia e per slegare le braccia della mia misericordia. / (Charles Peguy, Il mistero dei santi innocenti).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.