Giorno per giorno – 18 febbraio 2023

Carissimi,tanto
“Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!” (Mc 9, 2-3. 7). Il Padre si era già manifestato il giorno del battesimo, ma scondo il racconto che ne fa Marco, solo Gesù l’aveva udito dire: “Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto” (Mc 1, 11). Ora la voce è udita dai tre discepoli, e viene a conferma di ciò che Gesù è venuto insegnando, soprattutto in relazione al suo destino di persecuzione, sofferenza e morte, che tanto aveva suscitato lo scandalo di Pietro. E tuttavia, nonostante l’esperienza fatta in prima persona, ci vorrà ancora del tempo prima che la verità che Gesù incarna, verità, che riguarda niente meno che Dio, e perciò anche il senso ultimo della vita, sia fatta propria dai discepoli, di allora, certo, ma non solo. Quanta resistenza, infatti, incontriamo ancora noi, oggi. Questo spiega la tristezza (o la falsa gioia, il che è lo stesso) che caratterizza così spesso il nostro essere cristiani, quando invece l’ascolto di lui, della Parola che egli è, avrebbe dovuto trasfigurarci, fare di noi quelle creature nuove, di cui il battesimo dovrebbe essere segno. Caso non ci riuscisse davvero distinguerci da quanti sono biliosi guardiani dei propri valori, giudici impietosi delle altrui credenze, fautori di scontri, invece che di dialogo e incontri, guerrafondai, invece che costruttori di pace, valga per noi il comando di Gesù rivolto ai suoi: “ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risuscitato dai morti” (v. 9). Anche perché noi non avremo visto un bel niente e Gesù sarebbe per noi ancora in attesa di risurrezione. Cristiani, noi? No, proprio no!

Il nostro calendario ecumenico ci porta oggi la memoria del Beato Angelico, iconografo; e quella di Martin Lutero, riformatore della Chiesa.

Guido di Pietro era nato a Vicchio di Mugello, intorno al 1390. Dopo aver fatto per un po’ il pittore a Firenze, decise di essere frate predicatore. Entrò perciò nel convento domenicano più a portata di mano, a Fiesole, cambiò il nome, prendendo quello di fra’ Giovanni da Fiesole, fu ordinato sacerdote, ma continuò anche a fare il pittore, dipingendo da allora Crocifissi, Madonne, Angeli e Santi. Lo fece tanto bene che la gente diceva che quel frate, in paradiso, doveva esserci di casa. E lo ribattezzarono Beato Angelico. Si spense a Roma, il 18 febbraio 1455 a Roma, nel convento di Santa Maria sopra Minerva, dove il suo corpo è ancora conservato.

Martin era nato a Eisleben, in Germania, il 10 novembre 1483, da Margarethe Ziegler e Hans Luther. Dopo aver studiato all’università di Erfurt, decise di dare una svolta radicale alla sua vita. Nel 1506, contro la volontà paterna, entrò nel convento agostiniano della stessa città, l’anno successivo, fu ordinato sacerdote e si diede ad approfondire con passione le Sacre Scritture, le lettere di Paolo, il pensiero di Agostino, le sentenze di Pietro Lombardo e la produzione di molti altri teologi e filosofi. Trasferito, nel 1512, al convento di Wittenberg, vi conseguì il dottorato in teologia, insegnando negli anni successivi esegesi biblica all’università. Nel 1517, sdegnato per le numerose deviazioni presenti nella vita della chiesa (nepotismo, amore del potere e della ricchezza, rilassatezza morale), ma soprattutto per lo scandaloso commercio delle indulgenze che aveva preso piede, rese pubblico un elenco di 95 tesi con cui ne contestava la dottrina. Nel 1518 venne chiamato a discolparsi davanti al legato pontificio, cardinale Caetano, durante la dieta di Augusta, rifiutando tuttavia di ritrattare le sue tesi. Nel 1520 il papa emanò la bolla Exurge Domine, con cui condannava 40 proposizioni di Lutero. Questi rispose con un opuscolo durissimo, precisando ulteriormente il suo pensiero in tre opere che posero le basi della Riforma: La cattività babilonese della Chiesa, Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca, e Sulla libertà del cristiano. Nel 1521, scomunicato e bandito dall’impero, si rifugiò a Wartburg, presso il principe Federico III di Sassonia, dove si impegnò nella traduzione tedesca della Bibbia. Nel 1525 sposò Catharina von Bora, da cui ebbe sei figli. La rapida diffusione del suo messaggio, lo portò, negli anni successivi, ad impegnarsi nella difesa della sua dottrina dalle interpretazioni più radicali ed estremistiche della riforma religiosa, sfociate, sul piano sociale, nella cosiddetta Guerra dei contadini. Per fronteggiare questa, Lutero non esitó, purtroppo. a chiedere ai principi tedeschi di schiacciare la ribellione nel sangue e restaurare l’ordine violato. Anche in relazione alla questione ebraica, c’è da registrare una grave macchia nella produzione del riformatore. Se, infatti, nei suoi primi scritti egli apparve sostanzialmente benevolo nei confronti degli ebrei (con la speranza, però, della loro conversione), negli ultimi scritti si mostrò sempre più aggressivo, con punte di volgarità e con aperta istigazione alla violenza e alle persecuzioni. Lutero morì nella sua città natale, il 18 febbraio 1546. Poco dopo la sua morte, fu ritrovato un appunto, da lui scritto pochi giorni prima di morire. Riassumeva in una frase quello che è considerato il suo testamento spirituale: “Wir sind Bettler. Das ist wahr”, ovvero: “Siamo mendicanti. Questo è vero”. Se la rottura dell’unità ecclesiale fu l’altissimo prezzo pagato dall’azione di riforma da lui avviata, bisogna tuttavia riconoscere che essa provocò anche nella Chiesa cattolica un salutare sussulto, in vista di una testimonianza più coerente e di un annuncio più credibile dell’Evangelo.

I testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera agli Ebrei, cap.11, 1-7; Salmo 145; Vangelo di Marco, cap.9, 2-13.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

È tutto, per stasera. Noi ci congediamo qui, offrendovi in lettura una citazione di Martin Lutero, tratta dal “Breviario” (Rusconi), che ne raccoglie il pensiero. Ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Non devi credere che rubare significhi soltanto derubare il tuo prossimo dei suoi averi; se tu vedi il tuo vicino che soffre la fame, la sete, il bisogno, che non ha casa, vestiti e scarpe, e non lo aiuti, lo derubi esattamente come chi ruba i soldi a uno dalla borsa o dalla cassetta. Tu hai il dovere di aiutarlo nel bisogno. I tuoi beni infatti non sono tuoi; tu ne sei soltanto l’amministratore, col compito di distribuirli a coloro che ne hanno bisogno. […] Perciò è raro che un uomo ricco non sia un ladro in questo senso, anzi un grosso ladro. (Martin Lutero, Breviario).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 18 febbraio 2023ultima modifica: 2023-02-18T22:35:16+01:00da fraternidade
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